La tetrarchia: il governo dei quattro ideato da Diocleziano

La tetrarchia fu una forma di governo, istituita dall’imperatore romano Diocleziano nel 293 d.C.,  concepita nel tentativo di gestire l’immenso territorio dell’Impero romano dividendolo in porzioni, con una amministrazione quasi completamente autonoma, per far fronte alle urgenti riforme necessarie e ai pericoli militari del periodo tardo Imperiale.

Nonostante il sistema della tetrarchia venne studiato da Diocleziano nei minimi dettagli, il meccanismo, che diede comunque buoni frutti a livello amministrativo, si inceppò quasi immediatamente, facendo sprofondare Roma in una nuova guerra civile da cui emerse il nuovo Imperatore Costantino.

Tetrarchia, governo di quattro persone

Il termine tetrarchia significa “governo a guida di quattro persone“: in linea teorica non è un termine esclusivo dell’imperatore Diocleziano, ma identifica in linea più generale qualsiasi governo che viene diviso fra quattro reggenti.

Già molto prima di Diocleziano era esistita infatti la tetrarchia della Giudea, istituita dopo la morte di Erode il Grande: anche Plinio il Vecchio, vissuto diversi secoli prima di Diocleziano, citava regolarmente il termine tetrarchia ogni qualvolta voleva fare riferimento al governo di quattro uomini.

Tuttavia l’esempio più importante e duraturo di tetrarchia è sicuramente quella organizzata dall’imperatore Diocleziano che si ritrovò uno stato romano lacerato dalle lotte interne, orfano di riforme estremamente urgenti e fiaccato dalla sostanziale impossibilità di governare un territorio tanto vasto.

Per questo motivo, Diocleziano iniziò a concepire una forma di governo più adatta alle esigenze di un territorio tanto immenso e sterminato: in una prima fase iniziò con una diarchia, un governo di due. Oltre a lui, in qualità di imperatore, venne infatti nominato il generale Massimiano, cresciuto insieme a Diocleziano prima come Cesare, in qualità di imperatore minore o co-imperatore, e poi nel 286 d.C. come Augusto, con lo stesso ruolo e potere di Diocleziano.

In questo modo l’Impero romano fu gestito per la prima volta in maniera istituzionale da due imperatori: Diocleziano si occupava delle questioni urgenti nelle regioni orientali, quelle che nel suo periodo apparivano più problematiche, mentre Massimiano si occupava allo stesso modo delle regioni occidentali.

Nel 293 d.C. la diarchia sembrava aver dato già dei buoni risultati, tanto che Diocleziano e Massimiano erano riusciti a dare una certa stabilità al potere imperiale e ad attuare una serie di riforme, non tutte coronate da successo, ma fondamentali per interrompere la crisi dell’impero romano.

Dal momento che i problemi civili e militari erano comunque ingenti e prevedendo il problema della successione, Diocleziano, con il consenso di Massimiano, aumentò la diarchia ad una tetrarchia, nominando per ognuno dei due Augusti, due cesari (vice e futuri successori) rispettivamente Galerio e Costanzo Primo.

I quattro tetrarchi non si stabilirono a Roma ma in altre città più vicine alle frontiere che permettevano di assicurare una difesa dei confini dell’impero in particolare nella zona della Persia e contro i barbari germanici presso il fiume Reno e il Danubio. Questi centri sono conosciuti come “capitali tetrarchiche”: Roma rimase perse così per sempre la sua centralità, rimanendo solamente una capitale “morale”.

Le nuove quattro capitali erano Nicomedia, scelta per tenere sotto controllo l’Oriente ed eventuali minacce da parte dei Persiani, Treviri, nelle Gallie, per controllare le zone comprese nell’attuale Germania; Sirmio, la capitale preferita da Diocleziano, nell’attuale Serbia, e Mediolanum, vicina alle Alpi.

Tetrarchia: la propaganda e i successi militari

In termini puramente giuridici non vi era una precisa divisione tra i quattro tetrarchi, ma di fatto ogni imperatore aveva la sua zona di influenza e ogni tetrarca interveniva spesso personalmente sui campi di battaglia, mantenendo il pieno potere militare mentre, a livello amministrativo, la maggior parte del burocrazia veniva delegata al proprio prefetto del Pretorio.

Un aspetto fondamentale della tetrarchia fu la propaganda politica: sebbene il potere del sistema tetrarchico fosse diviso fra quattro persone diverse, l’immagine pubblica di quattro imperatori era gestita con cura per dare l’apparenza di un impero unito. Un fattore particolarmente importante dopo le numerose guerre civili del III secolo che avevano sconvolto il popolo romano: i tetrarchi apparivano sempre identici nelle rappresentazioni eseguite sulle monete o sui ritratti ufficiali e sulle sculture.

Il ritratto più importante della tetrarchia è certamente quello quattro tetrarchi scoperto in una scultura bizantina  nella quale i quattro governanti vengono riprodotti con identiche fattezze e lo stesso equipaggiamento militare.

Il principale successo della tetrarchia fu sicuramente di carattere militare: uno dei maggiori problemi degli imperatori durante la crisi del III secolo, era l’impossibilità di seguire contemporaneamente più fronti di guerra.

In teoria si potevano delegare alcune missioni ad altri generali, ma per un imperatore era rischioso concedere un grande potere militare ad un generale sottoposto, in quanto in quel periodo non era raro che un generale vittorioso si autoproclamasse come nuovo imperatore, sfidando l’autorità.

La tetrarchia rese istituzionale l’esistenza di quattro imperatori e comandanti militari, e questo assicurò una serie di importanti vittorie.

Dopo aver subito una sconfitta da parte dei Persiani nel 296 d.C., Galerio sconfisse Narsete nel 298 d.C. annullando una serie di battaglie perdute dai Romani nel corso del secolo precedente, catturando diversi membri della famiglia imperiale avversaria, requisendo una notevole quantità di bottino e ottenendo un trattato di pace molto favorevole ai romani che assicurò una tregua tra le due potenze per almeno una generazione.

Allo stesso modo, Costanzo fu in grado di sconfiggere l’usurpatore Aletto, che in Britannia minacciava il potere Imperiale: Massimiano potè invece dedicarsi alla pacificazione dei Galli, mentre Diocleziano represse efficacemente la rivolta di Domiziano in Egitto.

La successione: il punto debole della Tetrarchia

Il punto debole della tetrarchia fu la successione: Diocleziano era perfettamente consapevole che il meccanismo di successione era sempre stato uno dei problemi principali nella gestione del potere imperiale.

Per questo aveva pensato ad un sistema in cui i due Augusti, ad un certo punto della loro carriera, si sarebbero spontaneamente ritirati a vita privata. I rispettivi Cesari sotto di loro, sarebbero diventati i nuovi Augusti, e questi avrebbero subito nominato due nuovi Cesari, in un meccanismo che si sarebbe rinnovato continuamente.

Quando nel 305 d.C. Diocleziano e Massimiano abdicarono, Galerio e Costanzo furono  elevati al rango di Augusto e nominarono i due nuovi Cesari:  Massimino per Galerio e Valerio Severo per Costanzo, dando vita alla seconda tetrarchia.

Purtroppo il sistema andò rapidamente in crisi quando Costanzo morì nel 306 d.C. e Galerio promosse Severo ad Augusto mentre Costantino, il figlio di Costanzo, fu proclamato Augusto dalle truppe di suo padre.  Massenzio, il figlio di Massimino, risentito dall’essere stato lasciato fuori dai nuovi accordi, sconfisse Severo e lo costrinse ad abdicare.

Massenzio e Massimino si dichiararono entrambi Augusti,  portando nel 308 d.C. a quattro il numero dei pretendenti alla carica (Galerio, Costantino, Massimino e Massenzio) e alla presenza di un solo Cesare.

Lo stesso anno Galerio, insieme agli imperatori “in pensione” Diocleziano e Massimiano, indisse una “conferenza” imperiale a Carnuntum, sul fiume Danubio. Il consiglio convenne che Licinio sarebbe diventato Augusto in Occidente, con Costantino come suo Cesare. In Oriente, Galerio rimase Augusto e Massimino rimase il suo Cesare.

Massimiano doveva ritirarsi e Massenzio fu dichiarato usurpatore. Un accordo che si rivelò disastroso:  Massenzio era diventato de facto sovrano d’Italia e d’Africa senza alcun grado imperiale, e né Costantino né Massimino, entrambi cesari, erano disposti a tollerare la promozione dell’augusto Licinio come loro superiore.

Dopo un tentativo fallito di placare sia Costantino che Massimino con l’insignificante titolo “filius augusti” (figlio dell’augusto), entrambi dovettero essere riconosciuti come Augusti nel 309 d.C.: la situazione non faceva ben sperare per il sistema tetrarchico.

Tra il 309 d.C. e il 313 d.C. la maggior parte dei pretendenti alla carica imperiale morirono o furono uccisi in varie guerre civili: Costantino costrinse Massimiano al suicidio nel 310 d.C. e Galerio morì naturalmente nel 311 d.C.. Massenzio fu sconfitto da Costantino nella battaglia di Ponte Milvio nel 312 d.C. e successivamente ucciso, mentre Massimino si suicidò a Tarso nel 313 d.C. dopo essere stato sconfitto in battaglia da Licinio.

Nel 313, quindi, rimanevano solo due imperatori: Costantino in Occidente e Licinio in Oriente. Il sistema tetrarchico era alla fine, anche se Costantino impiegò fino al 324 d.C. per sconfiggere definitivamente Licinio, riunendo le due metà dell’Impero Romano e dichiarandosi unico Augusto.