Il sacco di Roma del 1527 fu un atto di violenza e distruzione compiuto dalle truppe imperiali di Carlo V, guidate da Carlo III di Borbone, contro la città del papa Clemente VII, che si era schierato con la Lega di Cognac contro l’imperatore.
I soldati, in gran parte lanzichenecchi tedeschi, erano affamati e senza paga e videro in Roma la possibilità di arricchirsi a spese dei suoi abitanti. Il 6 maggio 1527, dopo aver superato le deboli difese della città, iniziarono una furia saccheggiatrice che durò nove mesi e che provocò oltre 30 mila morti tra i civili.
Le chiese, i palazzi, le opere d’arte furono saccheggiati, devastati o distrtti; i preti, i cardinali, i principi e i mercanti furono torturati per estorcere loro il denaro; le donne furono violentate; il papa si rifugiò a Castel Sant’Angelo, dove resistette fino al pagamento di un riscatto.
Il sacco di Roma fu considerato un evento tragico e simbolico, che segnò la fine del Rinascimento e la crisi della Chiesa cattolica.
Le cause del sacco di Roma del 1527
Per comprendere le cause e le conseguenze di questo evento, è necessario inserirlo nel contesto storico e politico in cui si verificò, caratterizzato dalla lotta tra il Sacro Romano Impero di Carlo V e la Francia di Francesco I per il predominio in Italia, e dalla crisi della Chiesa cattolica, minacciata dalla Riforma protestante.
Il sacco di Roma fu il risultato di una serie di circostanze fortuite e impreviste, che portarono le truppe imperiali, composte principalmente da lanzichenecchi tedeschi, spagnoli e italiani, a sfuggire al controllo del loro comandante, il duca di Borbone, e a lanciarsi all’assalto della città eterna, senza alcun ordine o piano prestabilito.
Le cause principali possono essere riassunte nella lotta per l’egemonia in Italia, la politica di Papa Clemente VII e l’insoddisfazione delle truppe imperiali dei lanzichenecchi.
Primo motivo di un così terribile avvenimento storico, fu infatti la lotta per l’egemonia in Italia tra le grandi potenze di Spagna e Francia, che si scontrarono in diverse guerre nel corso del Cinquecento. Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Spagna, voleva affermare il suo dominio sull’Italia, dove possedeva il regno di Napoli e il ducato di Milano.
Francesco I, re di Francia, voleva invece contrastare le ambizioni imperiali e conquistare i territori italiani. Questa rivalità portò a frequenti conflitti armati tra le due fazioni, che coinvolsero anche gli altri Stati italiani, come il papato, Venezia, Firenze e Genova.
Anche la politica altalenante di papa Clemente VII, determinata dagli interessi dei Medici a Roma e a Firenze, fu una causa significativa del sacco di Roma. Clemente VII era un membro della famiglia Medici, che governava Firenze come signori.
Il papa cercò di bilanciare la sua posizione tra le due potenze rivali, cambiando spesso alleanza a seconda delle circostanze. Nel maggio 1526 promosse una lega antiasburgica, detta di Cognac, alla quale aderirono oltre al re di Francia, i principali Stati italiani: ducato di Milano, repubbliche di Venezia e di Genova oltre alla Firenze medicea. Questa mossa provocò la reazione di Carlo V, che inviò le sue truppe in Italia per reprimere la lega.
Il mancato pagamento del soldo e la sete di bottino dei lanzichenecchi. I lanzichenecchi erano mercenari tedeschi al soldo dell’imperatore, famosi per la loro ferocia e la loro indisciplina. Questi erano stati reclutati dal generale von Frundsberg per rinforzare le truppe imperiali in Italia. Tuttavia, l’imperatore non aveva i fondi necessari per pagare i loro stipendi, e li lasciò senza rifornimenti né ordini precisi. I lanzichenecchi si sentirono traditi e abbandonati dall’imperatore, e si ribellarono al loro comandante. Fu così che decisero di marciare contro Roma.
L’origine dei Lanzichenecchi
I lanzichenecchi erano soldati mercenari di fanteria, arruolati dalle Legioni tedesche del Sacro Romano Impero Germanico, che combatterono tra la fine del XIV secolo e il XVII secolo. Il termine designava, nella fattispecie, i militari di professione reclutati dall’Imperatore soprattutto tra i figli cadetti delle famiglie di piccoli proprietari terrieri.
Costoro, infatti, preferivano dedicarsi all’attività militare pur di non diventare servi rurali al servizio dei fratelli primogeniti, che erano gli unici eredi dei beni paterni. Da ciò deriva il loro nome, che significa “servo della terra” o “servo della regione”. I lanzichenecchi si distinsero per la loro crudeltà e la loro indisciplina, e furono protagonisti di molte battaglie e saccheggi durante le guerre d’Italia.
La distruzione e il sacco di Roma
Il 6 maggio 1527, le truppe imperiali arrivarono alle porte di Roma, che era difesa da una guarnigione insufficiente e mal organizzata. Il duca di Borbone fu ucciso da un colpo di archibugio mentre guidava l’attacco alla porta del Popolo, e questo scatenò la furia e la sete di vendetta dei suoi soldati, che irruppero nella città senza incontrare una seria resistenza.
Iniziò così una delle pagine più tragiche della storia romana, che durò dieci mesi, fino al 17 febbraio 1528, quando le truppe imperiali si ritirarono dopo aver stipulato un accordo con il papa Clemente VII.
Il sacco di Roma fu un vero e proprio massacro, in cui i lanzichenecchi si abbandonarono a ogni sorta di violenza, devastazione e saccheggio. Non risparmiarono né le persone né i monumenti, né le opere d’arte né le istituzioni religiose. Uccisero, stuprarono, torturarono, mutilarono migliaia di cittadini romani, tra cui cardinali, vescovi, preti, monaci, nobili, borghesi, artigiani, contadini.
Saccheggiarono e distrussero chiese, conventi, palazzi, biblioteche, archivi, musei. Profanarono e bruciarono reliquie, immagini sacre, libri preziosi. Rubarono e dispersero opere d’arte di inestimabile valore, come statue antiche, dipinti rinascimentali, arazzi fiamminghi.
Alcune opere danneggiate durante il sacco di Roma
Durante il saccheggio di Roma del 1527, molte opere d’arte furono danneggiate o distrutte dai lanzichenecchi. La statua equestre di Marco Aurelio, che si trovava sulla piazza del Campidoglio, fu abbattuta e spezzata dai lanzichenecchi, che la scambiarono per quella di Costantino. Solo la testa e le zampe anteriori furono salvate e poi ricomposte nel 1538.
Il famoso gruppo scultoreo di epoca ellenistica, il Laocoonte, che raffigura il sacerdote troiano e i suoi figli attaccati dai serpenti, fu trafugato dai lanzichenecchi dal palazzo apostolico, dove era stato collocato da Giulio II dopo il suo ritrovamento nel 1506. Tuttavia, il Laocoonte fu poi restituito al papa nel 1530 in cambio di un riscatto.
Il capolavoro di Andrea Mantegna, il Transito della Vergine, che decorava la cappella funeraria del cardinale Francesco Gonzaga nella basilica di Santa Maria Maggiore, fu strappato dalla parete e tagliato in pezzi dai lanzichenecchi, che ne dispersero le parti. Solo una parte centrale del dipinto fu recuperata e portata a Mantova dal marchese Federico II Gonzaga.
Il ruolo del Papa durante il sacco di Roma
Il papa Clemente VII riuscì a salvarsi rifugiandosi nella fortezza di Castel Sant’Angelo, ma dovette subire un lungo assedio e pagare un pesante riscatto per ottenere la liberazione sua e della città. Il papa fu costretto anche a cambiare nuovamente alleanza, rompendo la lega antiasburgica e sottomettendosi all’imperatore.
Il pontefice fu accusato da molti di aver causato il sacco con la sua politica ambigua e incostante, e di aver abbandonato la città al suo destino. Fu anche criticato per aver favorito i suoi parenti e i suoi interessi personali a scapito della Chiesa e dello Stato pontificio.
Le testimonianze del sacco di Roma
Il sacco di Roma fu un evento che lasciò una profonda traccia nella memoria storica e culturale dell’epoca. Numerose furono le fonti che lo testimoniarono e lo raccontarono con toni drammatici ed espressioni eloquenti.
Tra queste si possono citare il dipinto di Johannes Lingelbach, che rappresenta una scena del sacco con realismo e crudezza; il racconto di Benvenuto Cellini, che narra le sue avventure e le sue imprese durante l’assedio; le lettere di Pietro Aretino, che denuncia con sarcasmo e indignazione le atrocità commesse dai lanzichenecchi; le poesie di Francesco Berni, che esprime con amarezza e disperazione il dolore per la distruzione della città.
La reazione degli stati italiani al sacco di Roma
A reazione degli altri stati italiani al sacco di Roma del 1527 è stata varia. Alcuni stati ne hanno approfittato per occupare o rivendicare i territori pontifici, altri per liberarsi dal dominio dei Medici, imparentati con il Papa Clemente VII, altri ancora per cercare di mantenere una certa neutralità o alleanza con l’imperatore Carlo V.
La Repubblica di Venezia, che faceva parte della Lega di Cognac contro l’imperatore, ha occupato alcuni territori pontifici in Romagna e nelle Marche, come Ravenna, Cervia, Rimini e Ancona.
Gli Estensi, che erano alleati dell’imperatore, hanno occupato parte della Romagna, come Ferrara, Modena e Reggio.
I fiorentini, che erano sostenitori della Lega di Cognac, hanno cacciato i Medici, che governavano la città come signori, e proclamato la Repubblica. Il Papa ha dovuto accettare la perdita di Firenze in cambio della sua liberazione dal sacco.
Il duca di Savoia, che era alleato dell’imperatore, ha cercato di ottenere il Piemonte e la Liguria dal re di Francia Francesco I, che era il principale avversario dell’imperatore in Italia.
Il duca di Milano Francesco Sforza, che era stato riconosciuto dall’imperatore dopo la battaglia di Pavia del 1525, ha cercato di mantenere una certa autonomia dal suo protettore, ma ha dovuto accettare le condizioni imposte dalla pace di Cambray.
Le conseguenze del sacco di Roma
Il sacco di Roma ebbe anche delle conseguenze importanti per la storia del Cinquecento.
Dal punto di vista politico, il sacco di Roma segnò il declino della potenza temporale dei papi e il rafforzamento dell’autorità imperiale di Carlo V in Italia. Il papa Clemente VII fu costretto a cambiare alleanza, rompendo la lega antiasburgica e sottomettendosi all’imperatore. Il papa perse anche il controllo di alcuni territori pontifici, che furono occupati o rivendicati da altri Stati italiani, come Venezia, Ferrara e Firenze.
Dal punto di vista religioso, il sacco di Roma accentuò la crisi della Chiesa cattolica e favorì la diffusione della Riforma protestante in Germania e in altri paesi europei. Il sacco fu visto da molti come un castigo divino per i peccati e le corruzioni della Chiesa romana, e come un segno della legittimità della riforma avviata da Lutero. Il papa dovette affrontare la sfida di rinnovare la Chiesa e di contrastare l’eresia protestante. Il papa convocò il Concilio di Trento (1545-1563), che fu il principale strumento della Controriforma cattolica.
Dal punto di vista culturale, il sacco di Roma pose fine all’età d’oro del Rinascimento romano e diede inizio a una nuova fase di incertezza e conflitto, che si rifletté anche nell’arte e nella letteratura. Il sacco provocò la distruzione e la dispersione di molte opere d’arte di inestimabile valore, come statue antiche, dipinti rinascimentali, arazzi fiamminghi.
Il sacco di Roma è stato considerato dagli storici come un evento simbolico, che segnò la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova. Alcuni lo hanno definito come il primo atto della guerra moderna, per la brutalità e la ferocia con cui fu condotto.
Altri lo hanno visto come il primo esempio di terrorismo di massa, per l’effetto psicologico e morale che ebbe sull’opinione pubblica. Altri ancora lo hanno interpretato come il primo caso di crisi ecologica, per il danno ambientale che provocò alla città e al suo patrimonio artistico.