Monica Forte, (M5S), Presidente della Commissione antimafia in Lombardia ha un quadro chiaro: la mafia sta approfittando del momento di crisi per infiltrarsi ancora più a fondo nella Regione più produttiva d’Italia. Serve una strategia di finanziamenti e accesso al credito per allontanare proposte “alternative” fatte dalla criminalità organizzata agli imprenditori in difficoltà.
Come sei arrivata alla commissione antimafia e perché hanno eletto te?
Nella precedente legislatura avevo collaborato gratuitamente come attivista, assieme al mio compagno Giovanni Navicello anche lui attivista M5S, con l’allora portavoce regionale Silvana Carcano (che era anche commissario di Antimafia ed è stata tra le promotrici della Legge Regionale 17/15 cosiddetta Legge antimafia) su svariati temi, come il dopo Expo, le bonifiche dei terreni sui quali si era tenuta l’Esposizione universale e i rischi che tali grandi eventi portano con se in tema di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata.
Quando con la nuova legislatura sono entrata in Consiglio regionale il mio gruppo ha deciso di proporre me alla presidenza della Commissione Antimafia, che spetta per prassi alle minoranze, in segno di continuità. In Commissione la votazione è stata unanime.
Covid e mafia: come si fa ad evitare che la malavita si approfitti della situazione?
Innanzitutto non abbassando la guardia. Di fronte alle emergenze e alle situazioni critiche naturalmente si tende a concentrare tutti gli sforzi su un unico aspetto del problema, quello ritenuto più urgente e che necessita di immediata risoluzione.
In questo caso, naturalmente, la crisi sanitaria ed economica. Ma è proprio nelle emergenze che le criminalità organizzate trovano terreno fertile per i loro affari e approfittano della contingenza per investire in ambiti vantaggiosi spesso intuendo con largo anticipo i settori più redditizi.
Basti pensare che a marzo, a poche settimane dall’inizio dell’emergenza, quando ancora ci stavamo chiedendo cosa stesse succedendo ed eravamo tutti spaesati, cittadini e istituzioni, la criminalità aveva fatto arrivare nel porto di Gioia Tauro un carico di mascherine e guanti e altri presidi sanitari, per fortuna intercettati dalle Forze dell’ordine e sequestrati.
Molti altri sequestri ci sono stati nei mesi seguenti e oggi il rischio che si inseriscano anche nel mercato dei vaccini anti-covid è altissimo. D’altro canto il furto e la vendita illegale di farmaci è già un settore di loro investimento, si tratta solo di adattarsi alle esigenze del momento e di cogliere le necessità odierne, e oggi abbiamo bisogno di vaccini e cure per il covid.
Gli strumenti per il contrasto ci sono già e forze dell’ordine e magistratura stanno facendo la loro parte. E’ bene che le istituzioni si tengano allineate sul profilo della prevenzione e del controllo con un occhio sempre attento ai livelli di rischio su questo fronte.
Solo per fare un esempio, i siti dove vengono stoccati i vaccini vanno presidiati, e teniamo presente che gli ospedali non hanno sistemi di sicurezza paragonabili a quelli del caveau di una banca, tantomeno gli studi medici.
Come dico sempre, non si può delegare solo alle FO e ai magistrati il contrasto alle mafie, ognuno deve fare la propria parte. I cittadini, ad esempio, non devono farsi tentare dalla possibilità di acquistare in tempi rapidi vaccini on line perché da un lato sono un rischio per la salute (di certo non si preoccupano dei metodi di conservazione), dall’altro hanno la certezza che stanno finanziando un mercato illecito.
La criminalità organizzata sta pressando sui piccoli imprenditori e comprando strutture turistiche, strozzando i proprietari. Come aiutarli?
Ci sono già prove evidenti dei tentativi di acquisizione da parte delle mafie di piccole e medie imprese in crisi, lo hanno sempre fatto, evidentemente lo stanno facendo adesso che la situazione emergenziale sta aggravando così tanto la nostra economia.
Un sondaggio fatto da Confcommercio in Lombardia tra i propri associati ha evidenziato come già a giugno 2020 il 10% di queste imprese avesse ricevuto offerte di acquisto non convenzionali.
A questo si aggiunge il rischio usura: la difficoltà di accesso al credito unitamente alla crisi attuale crea un terreno fertilissimo per chi può offrirti denaro senza problemi e in cambio ti chiede una percentuale di interessi oppure nemmeno quella, perché lo scopo è quello di acquisire la tua impresa.
Le mafie hanno necessità sempre maggiore di investire in economia legale, sia perché è il mezzo indispensabile per riciclare gli enormi proventi delle loro attività illegali, sia perché in questo modo ampliano il controllo del territorio.
Quello che si può fare per prevenire questi fenomeni è aiutare con sostegni finanziari le imprese a mantenersi in vita fino a quando l’economia globale non ripartirà, bisognerebbe lavorare di concerto con il sistema bancario affinché si facilitasse l’accesso al credito, e naturalmente assistere e accompagnare le vittime di estorsione o di usura alla denuncia. I cittadini devono tornare ad avere fiducia nello Stato.
Quanto è profonda l’infiltrazione mafiosa in Lombardia?
La Lombardia è il cuore pulsante dell’economia del nostro Paese e questo le mafie lo hanno capito da molti decenni. Ormai si sono radicati sul nostro territorio e hanno investito in quasi tutti i settori dell’economia legale.
Dal tradizionale ciclo del cemento alla filiera dei rifiuti, dalle attività di somministrazione alla movida, dal turismo di lago alle attività extra alberghiere, dalla sanità e farmacie fino ai servizi funerari, ecc. Non possiamo più parlare di infiltrazione, qui siamo oltre.
Cosa dovrebbe fare la Regione contro la mafia che adesso non fa?
Bisogna fare una distinzione. L’antimafia sociale e giudiziaria si è mossa già da diversi decenni, tanto che il movimento antimafia, inteso come insieme di più attori, in Lombardia è uno dei più vivaci, dei più attivi. Sono state la politica e le istituzioni, a parte qualche rara eccezione, che hanno fatto più fatica a fare un salto di qualità in termini di consapevolezza del fenomeno.
Negli ultimi dieci anni, però, sono stati fatti molti passi avanti. Basti pensare a Regione Lombardia che, dopo lo scandalo dello scambio di voti politico mafioso che portò alla caduta della giunta Formigoni, ha istituito la Commissione antimafia, si è dotata di una legge regionale in materia, ha attivato un Agenzia regionale anti-corruzione poi trasformata in Organismo regionale per le attività di controllo.
La stessa Commissione ha lavorato molto sul tema dell’ informazione e diffusione della conoscenza del fenomeno mafioso in Lombardia collaborando con le Università e gli enti locali, sul recupero dei beni confiscati, della formazione degli amministratori e dipendenti pubblici, e molto molto altro ancora.
C’è ancora tanto da fare, ma mi piace guardare il bicchiere mezzo pieno e vedere cosa è stato fatto di buono sempre con la volontà di fare meglio e di più, naturalmente.
Immagina di inviare un telegramma al Ministro Bonafede, che cosa gli diresti?
A dire il vero ho incontrato il ministro Bonafede e gli ho sottoposto alcune esigenze che si stanno aggravando come ad esempio la necessità che tutti i Tribunali siano dotati di appositi e adeguati sistemi di video collegamento che, nei casi di processi per mafia quando spesso si devono sentire le testimonianze di detenuti e collaboratori o testimoni di giustizia, sono indispensabili sia per la sicurezza che per accelerare i tempi.
Questo problema si è acutizzato con il Covid e con le necessità di rispettare i vincoli di distanziamento, cosa molto difficile in aule a volte non adeguate a processi con decine di imputati e altrettanti avvocati.
Con la Commissione abbiamo iniziato a seguire e a garantire la presenza istituzionale a tutti i processi di mafia in Lombardia, che purtroppo sono diversi, ed è proprio parlando con i pm che ci si rende conto delle enormi difficoltà con le quali si scontrano. Spesso si tratta, però, di problemi facilmente risolvibili e fa rabbia vedere che ancora poco si stia facendo.
Ho sottoposto queste e altre esigenze al Ministro e mi auguro a breve di assistere ad un cambiamento.
In generale, al di là del singolo ministro, credo molto onestamente che la politica e le istituzioni debbano trovare il tempo di confrontarsi con il mondo reale e di parlare con le persone che, in base alle diverse competenze e aree di lavoro, affrontano i problemi di tutti i giorni. Nel contrasto alle mafie non si può pensare di non confrontarsi con chi sta dedicando a questo la vita e bisogna avere l’umiltà di chiedere “Lei cosa farebbe?” Magari ci stupiremmo di quante soluzioni sono già pronte lì, solo da attuare.
Naturalmente a monte ci vuole, però, la volontà di far diventare questo tema una delle priorità dell’agenda politica. E d’altro canto, se solo si facesse lo sforzo di approfondire, si comprenderebbe che quello della lotta alle mafie non è un tema a se stante ma è trasversale a tutti gli altri perché se le criminalità organizzate investono in tutto, sanità, trasporti, ambiente, territorio, appalti pubblici, e così facendo drenano risorse e ciò si traduce in riduzione di servizi, come si può pensare di intervenire in maniera risolutiva in ognuno di questi campi se prima o quantomeno contestualmente non si recuperano le risorse sottratte dalla mafia?
E’ un discorso tanto semplice quanto difficile da sostenere politicamente. Bisogna decidere se si lavora solo per il consenso elettorale oppure per il bene del Paese, se si fanno programmi solo a 5 anni per capitalizzarne i frutti in voti alle elezioni successive, oppure se si voglia investire in progetti a lungo termine.
Io spero ancora in uno scatto di orgoglio perché il nostro Paese è troppo bello per lasciarlo in mano alle mafie.
… non è esattamente un telegramma, ma credo di avere reso il mio pensiero.