La Pax Romana. Due secoli di pace e dominio

La Pax romana fu un periodo di relativa stabilità che caratterizzò l’impero romano per oltre 200 anni, a partire dal regno di Augusto. L’obiettivo del princeps e dei suoi successori era quello di garantire il rispetto della legge, l’ordine e la sicurezza sul territorio, anche attraverso l’intervento militare e la conquista.

Durante tutta la repubblica romana e la prima parte dell’Impero, i confini di Roma si espansero continuamente. Oltre alle prime conquiste territoriali e al controllo del Mediterraneo, ottenuto grazie alle vittorie nelle guerre puniche, Roma allargò i suoi territori nel Medio Oriente e nel Nord Africa. Grazie alle campagne di Giulio Cesare, i romani espansero i limiti ad Ovest, nelle Gallie, ma ancora in Spagna, verso il nord della Germania e persino in Britannia.

Attraverso i trionfi di Cesare, Augusto, Claudio e Marco Aurelio, Roma divenne uno dei più grandi imperi che fossero mai esistiti, più grande di quello della Persia e della Siria, sfidando addirittura quello di Alessandro Magno, che si sgretolò subito dopo la sua morte.

La gestione di un territorio così vasto causò tuttavia molte difficoltà: rivolte, ribellioni e insurrezioni dilagavano puntualmente. La soluzione a questi problemi di instabilità e di violenza arrivò sotto l’astuta guida dell’ imperatore Augusto, tramite un sistema di forza e di diplomazia, ma anche di gestione del territorio e delle aristocrazie locali chiamato “Pax romana”.

Il potere di Augusto

Alla morte del dittatore a vita Giulio Cesare, la Repubblica precipitò nel caos. I tentativi di conciliazione da parte di Marco Antonio fallirono miseramente. Ottaviano, il giovane figlio adottivo di Cesare, braccò gli assassini di suo padre e sconfisse gli altri pretendenti al comando di Roma, tra cui Marco Antonio ed Emilio Lepido, assicurandosi la guida di Roma. Augusto, il suo nuovo nome da imperatore, avrebbe inaugurato così un’età senza precedenti di prosperità e stabilità, ponendo fine a 30 anni di guerre civili.

Il Senato Romano, ormai nelle mani di Augusto, concesse al Princeps poteri quasi illimitati. Inizia così il periodo del “principato di Augusto”: egli aveva il cosiddetto Imperium maius, ovvero la suprema autorità sui governatori provinciali, oltre che l’autorità come tribuno della plebe, e la possibilità di convocare l’assemblea del popolo per emanare le leggi.

Con questi poteri del tutto nuovi, abilmente mascherati dalla fine politica di Augusto, il Princeps poteva porre il veto alle azioni dei magistrati e controllare di fatto il Senato. Augusto diede così il via ad una gestione completamente nuova dello Stato romano, fingendo di restaurare la Repubblica ma imponendo in realtà un “regime legalizzato” che faceva capo a lui soltanto.

Augusto scelse di risolvere alcuni problemi relativi alla sicurezza del territorio con delle nuove campagne militari, specialmente verso la Germania. Queste nuove province furono costrette ad affermare la loro fedeltà a Roma e a riconoscere l’autorità sui loro territori.

Ritornato vincitore anche dalla Spagna e dalle Gallie, dove era considerato un eroe, il Senato commissionò nel luglio del 13 a.C la creazione di un monumento noto come Ara Pacis, a simboleggiare la ritrovata pace e serenità del mondo romano, sotto la guida della famiglia imperiale di Augusto.

La Pax Romana di Augusto

Il nuovo imperatore era a tutti gli effetti un manager, che utilizzava appieno tutti i poteri che gli erano stati concessi per risolvere numerose controversie. Diffidando dell’indipendenza e della fedeltà dei governatori provinciali o dei proconsoli, Augusto viaggiò personalmente in tutto l’impero, comandando spesso grandi porzioni dell’esercito.

Per assicurarsi la lealtà dei vari territori, strinse accordi diretti con i rappresentanti delle aristocrazie locali, remunerati con denaro e terra, in cambio di un solenne giuramento di sostegno e protezione dell’imperatore. La collaborazione delle aristocrazie era fondamentale, in quanto i leader locali gestivano ed integravano a catena le masse e il popolo, favorendo la loro romanizzazione.

Uno dei punti che creava maggiori tensioni tra le autorità locali e Roma era sicuramente la pressione fiscale. Per risolvere questo problema, Augusto ordinò un censimento completo delle risorse a disposizione in tutte le province e tra i suoi cittadini, creando un nuovo quadro fiscale per l’imposizione delle tasse.

L’obiettivo era quello di mantenere l’ordine interno e di ottenere un gettito fiscale costante. Per salvaguardare i proventi delle tasse ed impedire che cadessero nelle mani di funzionari e intermediari corrotti, Augusto accentrò il tesoro di Roma in Campidoglio, sotto la sua stretta sorveglianza.

La gestione capillare delle città e delle province, tutte attraverso dei rappresentanti della famiglia imperiale di Augusto, ebbe come effetto una stabilità e una nuova calma nella gestione dei territori.

Anche i mari furono ripuliti dai pirati, consentendo l’espansione del commercio e il miglioramento delle attività produttive. Inoltre la creazione di nuove strade, più di 50000 miglia durante il suo regno, rese più facile la comunicazione e il commercio, stimolando l’economia.

Uno dei luoghi che beneficiarono maggiormente della Pace romana fu la stessa città di Roma. Tra le sue numerose riforme, Augusto fornì protezione contro possibili incendi, un grave problema della città, con la fondazione di nuovi corpi di vigili dedicati.

Anche le carestie e le inondazioni del Tevere, che era incline ad esondare, vennero sistemate e risolte. L’approvvigionamento di grano, di acqua, del trasporto di uomini e merci all’interno di Roma migliorò notevolmente grazie alla collaborazione di magistrati chiamati edili, che già esistevano da secoli sotto la Repubblica, ma che grazie ad Augusto vennero organizzati in maniera più efficiente.

Notevole impulso ottennero le forze di polizia locali, delle organizzazioni militari o paramilitari, che si occupavano di sedare i disordini e lottare contro la criminalità nelle zone periferiche della città.

Augusto fece addirittura alcuni tentativi per il ripristino degli antichi valori morali Romani, attraverso la ricostruzione di diversi templi in rovina e con la promulgazione di nuove leggi “moralizzatrici”, che alcuni casi tuttavia, ebbero un effetto limitato.

Quasi 200 anni di pace

Il popolo romano comprendeva e apprezzava la pace e la sicurezza che il nuovo ordine di Augusto portò nell’impero. Augusto divenne una figura politica irrinunciabile, addirittura con la nascita di un culto imperiale incentrato sulla sua persona e in generale sul ruolo dell’imperatore.

I suoi successori seguirono le politiche di pace e stabilità, cercando di ridurre e smussare i conflitti, espandendo i confini laddove necessario per garantire la sicurezza dei territori e mantenendo un controllo sulle finanze per promuovere la tranquillità sociale.

Questo modello di pace ebbe dei momenti di crisi durante il lunghissimo periodo della storia imperiale romana. Ad esempio, nel suo trattato sulla Britannia e sulla Germania dello storico Tacito, vissuto nel primo secolo dopo Cristo, si cita un famoso discorso di Calgaco, un comandante dei britanni, che denuncia le angherie delle generali romani, che trattano con estrema violenza la popolazione, pronunciando la famosa frase “I romani fanno il deserto e lo chiamano pace”.

Nonostante queste ribellioni e momenti di crisi, la Pax Romana continuò per diversi decenni, spesso nonostante l’arroganza o l’incapacità di alcuni dei successori di Augusto. L’imperatore Claudio ottenne grandi successi nell’invasione e nella provincializzazione della Britannia, mentre Vespasianio e suo figlio Tito assicurarono al dominio di Roma gran parte del Medio Oriente.

Fu invece l’imperatore Adriano a porre un termine alla continua espansione dell’impero e a ratificare dei confini settentrionali definitivi, soprattutto in Britannia, costruendo un muro e delle fortificazioni ancora oggi visibili e note come “Vallo di Adriano”.

La Pax Romana iniziò a incrinarsi nel terzo secolo dopo Cristo, quando la peste Antonina e la continua pressione dei barbari sulle frontiere settentrionali iniziarono a minare pesantemente la stabilità della società romana.

Dopo la morte di Marco Aurelio, l’imperatore filosofo, nel 380 dopo Cristo, la Pax Romana iniziò a disgregarsi, dopo quasi 200 anni, secondo un processo irreversibile dominato dalla mancanza di riforme fondamentali e dalla mancata comprensione delle nuove dinamiche che stavano attraversando l’Europa.

L’essenza della Pax Romana rimane comunque in una delle frasi più famose attribuite ad Augusto, che meglio di altre rappresenta il raggiungimento dei suoi obiettivi. Riferendosi a Roma, il Princeps disse: “Ho trovato una città di mattoni, va la restituisco di marmo”.

Articolo originale: Pax Romana di Donald L. Wasson (World History Encyclopedia, CC BY-NC-SA), tradotto da Andrea Finzi