La battaglia di Pastrengo e la carica dei Carabinieri del 1848

La battaglia di Pastrengo è uno degli episodi più celebri della prima guerra di indipendenza italiana, che vide contrapposti il Regno di Sardegna e l’Impero austriaco nel 1848. In particolare, la battaglia è ricordata per la carica dei Carabinieri Reali, che si distinsero per il loro coraggio e il loro spirito patriottico.

La carica dei Carabinieri di Pastrengo

Carica dei Carabinieri a Pastrengo 30 aprile 1848 di De Albertis

Il contesto storico

Nel marzo del 1848, dopo le cinque giornate di Milano, il re di Sardegna Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria, iniziando la campagna militare per liberare la Lombardia e il Veneto dal dominio straniero. Il piano operativo piemontese prevedeva di assediare le fortezze del Quadrilatero (Peschiera, Mantova, Verona e Legnago), che costituivano il principale baluardo difensivo austriaco nel nord Italia, e di impegnare l’esercito nemico in campo aperto.

Il primo scontro importante della guerra fu la battaglia del ponte di Goito, l’8 aprile 1848, dove i piemontesi sconfissero gli austriaci comandati dal generale Josef Radetzky, che si ritirarono sulla linea dell’Adige. Tuttavia, Carlo Alberto non sfruttò appieno il successo e si limitò a porre l’assedio a Peschiera, lasciando aperta la valle dell’Adige e permettendo a Radetzky di ricevere rinforzi dall’Austria.

Il 26 aprile, il re piemontese ordinò all’armata sarda di varcare il Mincio e di schierarsi tra Villafranca e il lago di Garda, per minacciare Verona e completare l’isolamento di Peschiera anche dal Veneto. Nei giorni successivi, il I Corpo d’armata occupò le colline attorno a Custoza, mentre il II Corpo d’armata si diresse verso Pastrengo, dove si trovava una posizione avanzata austriaca.

Le forze in campo

La posizione di Pastrengo era presidiata dalla divisione austriaca del generale Gustav von Wocher, con circa 7.000 uomini, 12 cannoni e 3 racchette (armi da lancio di proiettili illuminanti). La divisione era composta da due brigate: la brigata “Wohlgemuth”, avanzata a sud-est dell’abitato, e la brigata “Arciduca Sigismondo”, arretrata nella zona di Piovezzano. Quest’ultima aveva distaccato l’VIII battaglione cacciatori a Ponton, a presidio del ponte sull’Adige.

Il generale Ettore Gerbaix de Sonnaz, comandante del II Corpo d’armata piemontese, per condurre l’azione offensiva contro Pastrengo articolò il dispositivo su tre colonne, con circa 14.000 uomini e 18 cannoni. Le colonne erano agli ordini del:

  • generale Giovanni Battista Federici, con la brigata “Piemonte” (3° e 4° reggimento fanteria), la 3a compagnia bersaglieri, la 1a batteria da battaglia e i volontari piacentini;
  • duca Vittorio Emanuele di Savoia (il futuro re d’Italia), con la brigata “Cuneo” (7° e 8° reggimento fanteria), il 16° reggimento fanteria, la 7a batteria da battaglia, una sezione di artiglieria parmense e truppe parmensi;
  • generale Mario Broglia di Casalborgone, con la brigata “Savoia” (1° e 2° reggimento fanteria), la 1a e la 4a compagnia bersaglieri, e la 2a batteria da posizione.
La battaglia di Pastrengo e la carica dei Carabinieri. Con  @ArmadeiCarabinieriUfficiale 

La battaglia

La battaglia ebbe luogo il 30 aprile 1848, a partire dalle ore 7 del mattino. Il piano di battaglia piemontese prevedeva che la colonna di Federici attaccasse frontalmente la brigata “Wohlgemuth”, mentre le colonne di Vittorio Emanuele e di Broglia aggirassero il nemico da destra e da sinistra, per tagliargli la ritirata verso l’Adige.

L’avanzata piemontese incontrò una forte resistenza austriaca, che si avvalse anche del fuoco delle racchette per illuminare il campo di battaglia e confondere i movimenti nemici. La colonna di Federici, dopo aver occupato il cimitero di Pastrengo, si scontrò con la fanteria austriaca, che si era schierata in ordine sparso tra le viti e gli ulivi. La lotta fu accanita e si risolse in una serie di assalti alla baionetta.

La colonna di Vittorio Emanuele, invece, riuscì a sorprendere il fianco destro austriaco e a occupare il paese di Piovezzano, dove catturò due cannoni nemici. La colonna di Broglia, infine, avanzò verso Ponton, dove si trovava il ponte sull’Adige, ma fu rallentata dal fuoco dell’artiglieria e dei cacciatori austriaci.

La carica dei Carabinieri

Il momento più drammatico e glorioso della battaglia fu la carica dei Carabinieri Reali, che fecero parte della colonna di Vittorio Emanuele. I Carabinieri erano un corpo speciale di polizia militare, creato nel 1814 da Vittorio Emanuele I. Essi erano dotati di uniformi eleganti e distintive, con giubba blu, pantaloni rossi, elmetto d’acciaio e piumetto bianco. Erano armati di sciabola e pistola.

I Carabinieri erano al comando del maggiore Alessandro Negri di Sanfront, che aveva sotto il suo ordine due squadroni: il 1° squadrone del capitano Giuseppe Ansaldi e il 2° squadrone del capitano Edoardo De Albertis. In totale, i Carabinieri erano circa 150.

Il maggiore Negri ricevette l’ordine dal duca Vittorio Emanuele di caricare il nemico per aprirsi un varco verso il ponte sull’Adige. Il maggiore esitò un momento, rendendosi conto della difficoltà dell’impresa, ma poi obbedì con senso del dovere. Egli schierò i suoi uomini in due linee e li guidò al galoppo verso le posizioni nemiche.

La carica dei Carabinieri fu un atto di eroismo e di sacrificio. Essi si lanciarono contro una massa di fanteria austriaca ben armata e protetta da un muro di pietra. Il fuoco nemico falciò molti cavalieri e cavalli, ma i superstiti non si fermarono e raggiunsero il muro, dove ingaggiarono un corpo a corpo disperato con le sciabole e le pistole.

La carica dei Carabinieri durò pochi minuti, ma ebbe un grande effetto morale e tattico. Essa impressionò gli austriaci, che si sentirono minacciati sul loro fianco sinistro, e incoraggiò i piemontesi, che videro i loro compagni d’armi combattere con ardore e abnegazione. La carica dei Carabinieri contribuì a determinare l’esito della battaglia in favore dei piemontesi.

L’esito della battaglia

La battaglia di Pastrengo si concluse con una vittoria piemontese. Gli austriaci furono costretti a ritirarsi oltre l’Adige, lasciando sul campo 24 morti, 147 feriti e 383 prigionieri. I piemontesi ebbero 15 morti e 90 feriti.

Tra i feriti piemontesi, vi furono anche molti Carabinieri, che pagarono a caro prezzo la loro audacia. Il maggiore Negri fu colpito da una palla al petto e morì il giorno dopo. Il capitano Ansaldi fu ferito alla testa e alla spalla. Il capitano De Albertis fu ferito alla gamba e al braccio. Solo 14 Carabinieri riuscirono a tornare indietro con i loro cavalli.

La carica dei Carabinieri di Pastrengo fu un episodio di grande valore militare e simbolico. Essa dimostrò il coraggio e la fedeltà dei Carabinieri al re e alla patria, e li rese famosi in tutta Italia. Essa fu anche una delle prime azioni di cavalleria della storia d’Italia, che anticipò altre cariche memorabili come quella di Novara nel 1849 e quella di Custoza nel 1866.

La battaglia di Pastrengo fu anche una delle poche vittorie piemontesi nella prima guerra di indipendenza. Essa permise di eliminare la testa di ponte austriaca verso Peschiera e di salvaguardare il fianco sinistro dello schieramento piemontese. Tuttavia, Carlo Alberto non seppe sfruttare il successo per conquistare Verona, davanti alla quale fu fermato nella successiva battaglia di Santa Lucia.

La prima guerra di indipendenza si concluse con la sconfitta dei piemontesi e la firma dell’armistizio di Salasco nel 1849. L’Italia dovette attendere ancora dieci anni per riprendere la lotta contro l’Austria, con l’aiuto della Francia e della Gran Bretagna. La battaglia di Pastrengo rimase comunque nella memoria storica e popolare come un esempio di eroismo e di amore per la libertà.