Molti analisti credono che il ruolo della Turchia in questo periodo di grave crisi europea darà al Paese di Erdogan un ruolo più importante, più forte di quanto abbia mai fatto fino ad ora.
Il principale fautore di questo cambiamento è proprio Recep Tayyip Erdoğan, dodicesimo presidente turco . La crescente concorrenza strategica tra Stati Uniti e Cina, la riconfigurazione delle alleanze e una forte recessione economica globale oltre l’interruzione delle catene di approvvigionamento internazionali alimentano ansie strategiche nei principali centri nevralgici di molti paesi.
La Turchia in questo momento è ben posizionata per riaffermarsi come una grande potenza emergente nei decenni a venire. La Turchia ricerca una posizione gerarchica elevata nel sistema internazionale e l’attuale contesto di instabilità può paradossalmente facilitare tale obiettivo.
Dopo aver attraversato millenni di storia, dall’Impero ottomano alla Repubblica di Turchia di Kemal Atatürk è interessante notare come la Turchia abbia agito in modo molto pragmatico nei confronti delle grandi potenze. Senza apparente paura o senso di inferiorità e nonostante un’atmosfera di crescente reciproca animosità tra Ankara e Washington, la Turchia ha barattato la sua accettazione per l’adesione di Svezia e Finlandia alla NATO in cambio di garanzie che aiuteranno lo stato turco a combattere e persino a dare la caccia alle milizie curde. La permanenza della Turchia nella NATO può essere considerata come un matrimonio di pura convenienza in cui, anche se l’amore reciproco è scomparso da tempo, può ancora essere reciprocamente vantaggioso.
Ma in tutto questo la Turchia sarebbe disposta a unire le forze con altri stati della NATO per respingere un ipotetico attacco contro i Paesi baltici o la Polonia? La Turchia, si sa, ha sempre portato molto rispetto nei confronti di Mosca negli ultimi anni e ha espresso apertamente il suo no ad unirsi alle sanzioni occidentali contro la Russia come rappresaglia per l’invasione dell’Ucraina. Questo non vuole assolutamente dire che la Turchia sia succube della Russia ma che non essendo certa delle sorti di un possibile scontro diretto Russia Nato tiene, come si suol dire, il piede in due scarpe. La Turchia ha un forte incentivo a svolgere un ruolo fondamentale nei progetti cinesi per lo sviluppo di partnership per la creazione di vasti corridoi geoeconomici e, di conseguenza, stanno emergendo legami più forti con Pechino.
Nel corso della storia la penisola anatolica è stata una porta di accesso per la proiezione di influenza nei Balcani, nell’Europa orientale, nel Mediterraneo, nel Caucaso e nel Medio Oriente. Quando si tratta di questioni militari, la Turchia ha un esercito piuttosto forte e dotato di armi moderne, oltre all’accesso ai rifornimenti occidentali grazie alla sua appartenenza alla NATO. Non dimentichiamo che proprio in questa guerra russo – ucraina una parte del leone li hanno fatti gli UAV Bayraktar.
La forza dello Stato turco ovviamente ha avuto un grande cambiamento con l’avvento di Recep Tayyip Erdoğan e del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP), la Turchia è diventata uno stato illiberale e autoritario. Il regime stabilito da Erdoğan e dai suoi più stretti alleati non pretende nemmeno più di aderire agli standard politici e ideologici occidentali. Il tentativo di colpo di Stato del 2016 da parte di funzionari militari ha accelerato e approfondito questo processo. Ha fornito una buona opportunità a Erdoğan di sbarazzarsi dei suoi avversari interni, nonché per effettuare un’epurazione specificamente progettata per rimuovere l’influenza residua dai servizi di sicurezza. Così Erdoğan ha consolidato il suo ruolo di uomo forte.
Diversi analisti geopolitici hanno discusso se la Turchia si schiererà con le potenze marittime occidentali o con i colossi eurasiatici nel contesto della Guerra Fredda 2.0. La verità forse è molto più semplice: la Turchia farà ciò che è meglio per la Turchia. Il potere di un Paese passa anche dall’essere palesemente libero di decidere, di non avere “amici” potenti, ma di rimanere battitore libero e produttivo per ognuno che lo vorrà, se questa produttività sarà valide per la Turchia.
In poche parole ciò che manca completamente all’Europa che ancora adesso non sa destreggiarsi nella crisi Ucraina.
Certo la vita non sarà così facile per la Turchia, l’ascesa di Erdogan intensificherà sicuramente le ansie strategiche tra gli stati vicini e può portare alla fine a una collisione con potenti concorrenti se questi penseranno che la crescente proiezione geopolitica della Turchia minacci i loro interessi in aree in cui le corrispondenti sfere di influenza si sovrappongono. Inoltre, poiché la Turchia non è autosufficiente in termini di energia e materie prime, dovrà fare di tutto per garantire l’accesso a tali risorse strategiche. In poche parole, i turchi sono determinati e capaci di raggiungere una posizione geopolitica più elevata in modo da poter svolgere un ruolo più importante negli affari globali, ma devono comunque superare l’influenza degli attori in gioco.
La Turchia e il suo governo per ora si sono mossi benissimo nello scacchiere internazionale, ma forse questi successi sono derivati anche dal poco interesse internazionale per il Paese. Sarà lo stesso anche quando il ruolo turco diventerà dirimente?