La battaglia di Camarina: l’eroico sacrificio di un pugno di legionari

La battaglia di Camarina, è uno scontro che si è tenuto nel 258 a.C, tra le legioni romane guidate dal console Atilio Calatino, e i cartaginesi, nell’ambito della prima guerra punica (264 – 241 a.C).

Le legioni romane si salvarono grazie all’eroico sacrificio di un gruppo di uomini scelti comandati dal tribuno Marco Calpurnio Flamma, che tennero impegnato l’esercito cartaginese e permisero al resto del contingente romano di uscire da una situazione di assedio.

La prima guerra punica, scoppiata nel 264 a.C, è stato un lungo conflitto che ha visto opporsi Roma, padrona di quasi tutta la penisola italica, a Cartagine per la supremazia sul Mare Mediterraneo e il controllo dell’isola di Sicilia.

I romani avevano ottenuto una prima significativa vittoria nella battaglia di Milazzo del 260 a.C, grazie alle navi guidate dall’ammiraglio Gaio Duilio che, con l’introduzione della passerella nota come “Corvo” avevano agganciato le navi cartaginesi di Annibale di Giscone.

La guerra tuttavia infuriava anche nella parte continentale dell’isola di Sicilia, e i cartaginesi si dimostrarono un avversario particolarmente insidioso.

Nel 258 a.C, l’esercito romano era guidato dal console Aulo Atilio Calatino, che tentò dapprima di assediare la città di Panormus, odierna Palermo. L’esercito cartaginese che era asserragliato nella città, nonostante le diverse provocazioni del console, decisero di non dare battaglia.

Così, Calatino scelse di dirottare i suoi uomini verso la città di Hippana, che venne conquistata dopo un rapido combattimento. Dopo aver unito le sue forze con quelle di Gaio Aquilio Floro, iniziò l’attacco della fortezza di Mitistrato, che venne conquistata dai Romani e fu data alle fiamme fino alla sua completa distruzione.

Dopodiché, Calatino scelse di marciare con i suoi Legionari verso la città di Camarina, posizionata sulla costa meridionale della Sicilia.

Durante la marcia, Calatino incontrò con i suoi uomini una vasta e larga valle. Senza sospettare di nulla, i Legionari si addentrarono all’interno, che era tuttavia presidiata sui suoi fianchi dell’esercito cartaginese, pronto ad attaccare i Legionari.

Calatino in realtà non si accorse di nulla: fu piuttosto un tribuno, Marco Calpurnio Flamma, a rendersi conto del pericolo e a scorgere i cartaginesi appostati sui lati della vallata. Osservando il territorio circostante, Flamma si rese conto che l’unico metodo per evitare la distruzione completa dell’esercito era quello di conquistare un piccolo rilievo al centro della valle, per bersagliare il nemico ed impegnarlo.

Ovviamente, l’operazione sarebbe quasi certamente costata la vita a chi avesse tentato di conquistare il rilievo, ma questo appariva l’unico metodo per distrarre le forze dei cartaginesi e permettere al resto dell’esercito di sfilare indenne dalla vallata.

Flamma avvisò immediatamente Atilio del pericolo e gli propose il suo piano. Atilio domandò chi volesse sacrificare la sua vita per il resto dell’esercito: Flamma sì propose immediatamente volontario annunciando chiaramente che avrebbe sacrificato la sua vita per il suo comandante e per lo Stato.

Così, vennero scelti 300 o 400 Legionari per accompagnare la missione di Flamma. I soldati marciarono rapidamente verso il rilievo e riuscirono ad occuparlo senza incontrare i cartaginesi. L’esercito nemico si rese conto troppo tardi della manovra dei Legionari.

Come previsto da Flamma, i cartaginesi attaccarono con fanti e cavalieri il gruppo dei Legionari per conquistare il rilievo. I soldati romani si disposero a cerchio, lanciarono i loro giavellotti per uccidere quanti più nemici possibili, e cominciarono una disperata e strenua resistenza contro il nemico.

I cartaginesi, distratti dal combattimento contro i soldati romani, non si accorsero del resto dell’esercito che venne condotto ordinatamente fuori dalla valle. In questo modo, il sacrificio di Flamma e dei suoi uomini salvò la vita a tutto il resto dei commilitoni.

Dato il soverchiante numero di nemici, i Legionari di Flamma furono annientati fino all’ultimo. Al termine di quella disperata resistenza, a sorpresa, Flamma era uno dei pochissimi riuscito a sopravvivere, coperto dai corpi dei Legionari caduti.

I cartaginesi decisero di non ucciderlo, per onorare il suo valore. Le fonti antiche non ci raccontano esattamente che cosa sia accaduto dopo, se Flamma venne liberato o riuscì a fuggire da solo. Comunque, Flamma riuscì a fare ritorno a Roma, dove venne accolto con il massimo degli onori per la straordinaria impresa che aveva compiuto e per le vite che aveva salvato.

Flamma fu insignito della corona Ossidionale, uno dei premi militari più ambiti, concesso in pochissime occasioni, proprio per aver salvato un intero esercito da una distruzione sicura.

Qualche anno più tardi, Atilio riuscì a conquistare Palermo e a dare un notevole impulso alla vittoria di Roma nella prima guerra punica.

Ma tutto questo fu possibile esclusivamente grazie al sacrificio di Flamma e dei suoi uomini, che possono essere benissimo accomunati agli Spartani delle Termopili, che con il loro sacrificio fermarono l’esercito persiano.

Fonti:

  • Livio, Ab Urbe condita, Periochae, libro XVII
  • Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, libro 22 cap. 6