La dinastia dei Flavi. Gli imperatori indipendenti e severi

La dinastia Flavia fu la famiglia di imperatori che governò Roma dal 69 al 96 d.C. Dopo la morte di Nerone, senza eredi, lo stato romano aveva due possibilità: quello di ritornare verso una repubblica classica od evolvere verso un concetto di impero più radicato. I membri della dinastia Flavia portarono la storia di Roma decisamente verso questo secondo percorso.

Durante la dinastia dei Flavi si susseguirono, oltre a campagne militari di notevole rilevanza, riforme economiche e culturali di importanza decisiva per il futuro dell’impero. Non ultime, la costruzione di diverse infrastrutture.

Gli indiscussi protagonisti furono Tito Flavio Vespasiano e i suoi figli, Tito e Domiziano.

Vespasiano, il capostipite dei Flavi

La dinastia Flavia prese il via quando, dopo un anno di instabilità politica e di guerra civile noto come “L’anno dei Quattro Imperatori”, Vespasiano, valente generale, riuscì a consolidare la sua posizione e ad avviare la sua dinastia sconfiggendo i predecessori, Galba, Otone e Vitellio, nelle battaglie di Bedriaco.

Vespasiano fu in grado di instaurare un buon rapporto con i soldati e avviare una serie di riforme per rimpinguare le casse dello Stato romano, che erano state compromesse dalla gestione degli ultimi anni di Nerone.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, sappiamo che nei suoi primi anni di governo Vespasiano si dedicò esclusivamente alla situazione di Roma in Egitto e affidò l’amministrazione dell’impero al suo prefetto del pretorio Muggiano e a suo figlio Domiziano.

Non sappiamo esattamente le motivazioni per cui Vespasiano impiegò tutta questa attenzione nei confronti della provincia di Egitto, ma probabilmente la ritenne una zona strategica, in cui era necessario consolidare il dominio romano, tanto che giunse a Roma stabilmente diversi anni dopo la sua elezione ad Imperatore, solamente verso la metà degli anni 70 d.C

Quando Vespasiano giunse a Roma, avviò una serie di riforme fiscali di notevole importanza imponendo delle tasse piuttosto pesanti alle province romane, ma anche agli stessi italici, che solitamente erano esenti dalle imposte. Significativa e simbolica la tassa sugli orinatoi, che ancora oggi porta il suo nome.

Di notevole importanza per il governo di Vespasiano fu la propaganda, necessaria dopo un anno di guerra civile, che si espresse in un’opera di persuasione su vasta scala: vennero costruite diverse infrastrutture, come l’anfiteatro Flavio, oggi conosciuto come Colosseo, o come l’Arco di Trionfo in onore di suo figlio Tito e delle sue vittorie.

Durante il suo regno si concluse infatti la prima guerra giudaica, che terminò con la distruzione della città di Gerusalemme, da parte di Tito nel 70 d.C.

Tito, delizia del genere umano

Tito, figlio di Vespasiano, prese il potere immediatamente dopo la morte del padre, avvenuta il 23 giugno del 79 d.C. Alcuni storici del suo tempo non nutrivano molte aspettative su di lui, ma ebbero ben presto a ricredersi.

Tito si rivelò immediatamente un buon amministratore: i suoi principali interventi riguardarono un vasto programma di edilizia pubblica a Roma, che ebbe il suo momento di maggior splendore nell’inaugurazione del Colosseo, nell’anno 80 d.C, quando Tito ebbe l’onore di presentare al pubblico il grande anfiteatro iniziato da suo padre.

Ma Tito è anche l’imperatore in carica durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C e durante l’incendio di Roma dell’80 d.C. Secondo le cronache, Tito si adoperò per fronteggiare questa serie di calamità cittadine e naturali con grande sollecitudine, tanto che gli storici del suo periodo lo chiamavano “Delizia del genere umano”.

A livello religioso ed etico, Tito si impegnò a deificare la figura di suo padre, processo che si concretizzò nella costruzione del “Tempio di Vespasiano e Tito” e terminato da suo fratello minore, Domiziano.

Tito regnò invero molto poco: dopo appena due anni dalla sua elezione, morì improvvisamente di febbre il 13 settembre dell’81 d.C. La sua figura fu immediatamente divinizzata dal Senato romano.

Domiziano: l’ultimo dei Flavi

Ultimo erede della dinastia Flavia, Domiziano fu eletto imperatore dalla guardia pretoriana già il giorno dopo la morte di Tito.

Iniziò così un regno durato per 15 anni: un tempo particolarmente lungo, che consentì a Domiziano di imprimere una politica determinante per il futuro di Roma.

Domiziano si impegnò innanzitutto a rafforzare l’economia tramite un sistema di rivalutazione della moneta romana, che negli ultimi anni aveva conosciuto diverse svalutazioni. Si impegnò in molteplici campagne militari per difendere i confini dell’impero, anche se fu costretto a trattare la pace con i Daci, in maniera poco onorevole per la tradizione romana.

In compenso, grazie all’intervento del suo miglior generale, Gneo Giulio Agricola, l’Impero romano si espanse in Britannia fino alla Scozia moderna.

Ma il grande problema di Domiziano fu il rapporto con il Senato. Poco incline ad accettare l’influenza delle famiglie aristocratiche di Roma, su Domiziano si accalcarono presto arie di congiura.

Negli ultimi anni del suo regno, Domiziano era costantemente terrorizzato dall’idea di essere ucciso a tradimento e dopo la sua morte, che avvenne esattamente per un complotto della Guardia pretoriana, venne condannato dal Senato alla “Damantio Memoriae”, una pena che prevedeva la sistematica cancellazione delle tracce di una persona dai registri ufficiali.

Domiziano venne fatto passare come uno dei grandi imperatori “matti” di Roma. La storia moderna ha però rivalutato la sua figura, giudicandola come un tiranno crudele e paranoico, ma allo stesso tempo piuttosto efficiente e sensibile a programmi culturali, economici e politici che misero le basi per una pace duratura nei decenni successivi.

La politica romana sotto la guida dei Flavi

Il governo di Roma durante la dinastia dei Flavi è particolarmente interessante. Dopo la caduta della Repubblica e l’arrivo del principato di Augusto, era stato stabilito un sistema in base al quale l’imperatore era il massimo garante del funzionamento dello stato, scelto e confermato dal Senato.

Ma inevitabilmente, si era verificata mano mano una frizione tra l’imperatore, che desiderava un potere sempre più slegato dall’influenza delle famiglie senatoriali, e il Senato, che mirava a dominare, come nella tradizione repubblicana, la politica.

L’approccio dei Flavi al governo mirò a mantenere un rispetto “di facciata” nei confronti del Senato, soprattutto tramite la propaganda e la concessione di favori, ma conquistare di fatto una autonomia sempre più marcata.

Molto spesso, i flavi si dimostravano estremamente generosi, concedendo doni ai militari e a persone di rilievo per ingraziarsi le personalità più eminenti. Ad esempio Vespasiano arrivò ad includere fra i suoi amici dei non Flaviani, alcuni addirittura militanti nella precedente guerra civile contro di lui.

Ma i reali disegni andarono evidentemente verso la creazione di una propria dinastia familiare. E si vede bene nei poteri che furono conferiti ad esempio a Tito, che fu insignito del potere tribunizio assieme al padre, di sette consolati, del ruolo di censore, e del comando della Guardia pretoriana assommando su di sé una serie di poteri decisamente fuori dalla tradizione politica romana precedente.

Un segno di tutto questo fu anche la transizione del potere dopo la morte di Vespasiano: alla morte del padre, Tito gestiva il potere ormai da anni, e divenne il suo naturale successore senza particolari strappi con il passato, e senza l’approvazione del Senato.

Se il regno di Tito fu troppo breve perché potesse esprimere una propria politica personale, il regno di Domiziano fu particolarmente lungo e rappresenta un aspetto molto importante della dinastia Flavia.

Domiziano, a differenza di Vespasiano, che tendeva a mantenere una collaborazione di facciata con il Senato, trasformò palesemente il suo governo in una monarchia divina, assommando su di sé il potere ed esercitandolo nei più piccoli dettagli, senza interfacciarsi con l’aristocrazia senatoria.

Domiziano prendeva personalmente ogni decisione riguardo al governo dell’impero, arrivando ad emanare editti dove regolava anche i più piccoli aspetti della vita quotidiana, mantenendo una tassazione elevata ed alcune leggi moralizzatrici particolarmente rigide.

L’elemento distintivo di Domiziano, rispetto al fratello e al padre, fu l’inclusione di parecchi elementi provinciali all’interno delle massime cariche dell’impero, laddove i suoi predecessori tendevano a scegliere rimanendo all’interno della propria famiglia.

L’economia e le riforme fiscali dei Flavi

Di notevole importanza furono le riforme finanziarie che caratterizzarono fortemente il governo dei Flavi. Le casse dello Stato erano state prosciugate dalla pessima gestione di Nerone e i Flavi dovettero agire con grande durezza per non portare Roma al collasso economico.

Venne istituita una lunga serie di tasse particolarmente elevate, aumentando quelle vecchie e istituendo dei nuovi tributi. Questo nuovo gettito fiscale proveniva prevalentemente dalle province. Questo lavoro, iniziato da Vespasiano e proseguito da Domiziano, agì anche sulla moneta standard di Augusto, che era andata svalutandosi nel corso degli ultimi anni, e che venne rivalutata aumentando del 12% il contenuto d’argento inserito all’interno di ogni singola moneta.

La rigorosa politica fiscale dei Flavi assicurò che gli standard monetari fossero stabili e garantiti. Secondo alcuni interessanti studi, durante il periodo dei Flavi, almeno un terzo delle tasse raccolte dalla popolazione era destinato alle spese militari, mentre il secondo capitolo di spesa era dedicato alla ricostruzione e alla manutenzione dei monumenti della città di Roma.

La politica militare dei Flavi

Il periodo dei Flavi fu caratterizzato da diversi interventi militari: il più noto è certamente l’impegno dei soldati di Tito nella presa di Gerusalemme, che venne saccheggiata nel 70 d.C. Durante questa campagna durissima, si verificò la morte, secondo il principale cronista dell’epoca, Giuseppe Flavio, di un milione di persone.

Un secondo intervento militare fu in Britannia, sotto il comando del generale Gneo Giulio Agricola, che fu in grado di recuperare il territorio perduto negli ultimi decenni, espandendo i confini dell’Impero Romano fino alla Caledonia. Nell’82 d.C, Agricola arrivò addirittura a combattere con dei popoli, i Caledoni, la cui esistenza non era ancora nota ai romani.

In questo periodo i romani conobbero anche il territorio dell’Irlanda, per loro poco importante, tanto che secondo le cronache poteva essere controllato da una sola legione.

Di notevole importanza fu la costruzione o il rafforzamento di diverse frontiere i militari in Germania.

Il Limes germanicus si sviluppò attraverso la costruzione di nuove strade, fortezze e torri di guardia, lungo il fiume Reno. Si registrano in questo periodo anche combattimenti contro le tribù dei Catti, aldilà del fiume Reno, contro i Sarmati e i Daci.

Forse il momento più basso delle campagne militari dei Flavi, venne toccato con Domiziano: nonostante l’impegno militare contro i Daci, Domiziano fu costretto a firmare una pace umiliante con il re Decebalo, dovuto allo scoppio in contemporanea di una ribellione delle tribù germaniche.

Decebalo ricevette un ingente compenso in denaro per mantenere la pace, continuando a costituire un pericolo per i confini romani. Il re dei Daci, verrà neutralizzato solo sotto il regno di Traiano, nel 106 d.C, con una mastodontica campagna militare che portò alla conquista della Dacia e alla sua annessione come nuova provincia romana.

L’eredità dei Flavi

Nonostante la dinastia dei Flavi si sviluppò per un periodo relativamente breve, il loro apporto alla storia romana fu determinante.

Da un lato i flavi violarono sistematicamente gli equilibri nei confronti del Senato, accentrando il potere sulla figura dell’imperatore (Vespasiano in maniera più velata, Domiziano in maniera più palese). Ma dall’altro le riforme dei Flavi furono fondamentali per garantire stabilità all’Impero, soprattutto a livello economico.

In altre parole, se Augusto e la sua famiglia avevano creato il concetto di Impero in collaborazione con il Senato, furono i Flavi a rendere l’imperatore definitivamente indipendente dell’aristocrazia senatoria. In un certo senso, sono loro i fondatori dell’impero come noi oggi lo conosciamo più comunemente.

L’imperatore diventa, con i Flavi, una figura di supremo comandante militare che agisce in maniera quasi del tutto autonoma, in grado, da solo, di determinare in maniera profonda il futuro della storia romana imperiale.