La battaglia del monte Graupio è uno scontro avvenuto tra l’esercito romano guidato dal generale Gneo Giulio Agricola e i Caledoni di Calgàco nell’84 d.C in Scozia.
Si tratta di una battaglia molto interessante perché simbolo della straordinaria superiorità dell’esercito romano, non tanto in termini di numero ma soprattutto sotto l’aspetto della capacità tattica, della abilità nella gestione degli uomini e nella rapidità di reazione agli imprevisti.
I romani in Britannia
La battaglia del monte Graupio si inserisce nel contesto della presenza dei romani in Britannia. Fu sotto l’imperatore Claudio, che Roma avviò la vera e propria conquista dell’isola. Durante queste campagne militari, la naturale divisione tra le diverse tribù britanne e i continui scontri interni avevano enormemente favorito le vittorie dei legionari.
Un esempio classico della politica del “divide et impera”, che si basava sullo sfruttamento delle divisioni dell’avversario per ottimizzare le possibilità di conquista. Fu seguendo questo approccio che i romani penetrarono in Britannia e conquistarono gran parte del territorio in un tempo relativamente breve.
Il controllo del territorio da parte di Roma, non fu però sempre semplice, soprattutto per via delle continue ribellioni delle tribù, mai definitivamente domate. Nel corso dei decenni si verificarono così diversi episodi in cui l’esercito romano venne messo in grave difficoltà.
Ad un certo punto, la situazione si fece talmente instabile che venne messa in discussione la permanenza stessa dei romani nell’area.
A dare una decisiva svolta alla situazione di quegli anni, fu il generale Gneo Giulio Agricola.
Si trattava di un comandante straordinariamente capace, certamente un fuoriclasse, proveniente dalle migliori scuole del pensiero militare romano.
In una serie di campagne estremamente efficaci condotte tra gli anni 78-84 d.C, Agricola riuscì a riprendere il controllo della Britannia. Vennero infatti ripresi, tramite interventi militari fulminei, i territori che oggi appartengono all’Inghilterra e all’attuale Galles.
L’ultimo atto delle campagne di Agricola, fu la penetrazione e la pacificazione della odierna Scozia. In questa zona, Agricola si mosse con il suo esercito attraverso una doppia linea: da un lato la grande flotta romana che aveva il compito di seguire la costa terrorizzando l’avversario e garantendo manforte alle legioni .
Parallelamente la penetrazione della fanteria nel profondo della Scozia. Fu proprio qui che i romani si scontrarono con il fiero popolo dei Caledoni, guidati dal loro generale Calgàco.
Agricola comprese subito che la guerra doveva terminare al più presto e per ottenere questo risultato, decise di tagliare i rifornimenti dei viveri dei Caledoni.
In questo modo gli avversari furono obbligati a scegliere fra morire di fame o a combattere. Agricola, con questa prima mossa, riescì così a non prolungare i tempi del conflitto e a giungere quanto prima ad una battaglia campale in grado di definire la situazione.
Il discorso di Calgàco ai Caledoni
Prima di ogni battaglia, i generali di ogni epoca sono soliti pronunciare un impetuoso discorso ai loro soldati . Il discorso di Calgàco ai suoi Caledoni, è entrato nella storia come vero e proprio manifesto contro l’imperialismo romano.
E’ una critica molto forte, molto dura, a tratti molto vera, dell’imperialismo dei romani, con tutti gli eccessi a cui si abbandonarono in alcuni momenti della loro storia.
Chi ci racconta questa storia, Tacito, è uno storico critico nei confronti del governo romano del suo tempo e certamente lo storiografo utilizzò il discorso di Calgàco anche per motivi politici.
La parte principale della grande accusa di Calgàco ai romani recita:
Razziatori del mondo. Adesso che la loro sete di universale saccheggio ha reso esausta la terra vanno a cercare anche in mare. Avidi se il nemico è ricco, arroganti se è povero, gente che nè l’Oriente nè l’Occidente possono saziare. Loro bramano di possedere con uguale smania, ricchezza e miseria. Rubano, massacrano, rapinano e con un falso nome lo chiamano impero. Fanno il deserto e lo chiamano pace.
La battaglia del monte Graupio. La disposizione iniziale
Il territorio in cui si svolse la battaglia è molto importante: oltre alla presenza di alcuni piccoli fiumiciattoli, l’elemento più interessante era certamente costituito da una collina abbastanza ripida che fu determinante ai fini dello scontro.
Da parte romana, la battaglia non venne combattuta dal grosso dell’esercito quanto dagli ausiliari. I legionari rimasero infatti di riserva, protetti all’interno dell’accampamento , dietro le mura.
Il nucleo della fanteria posizionata al centro era infatti composto da otto coorti di ausiliari che vennero disposti in assetto da battaglia. Sia sul lato sinistro che sul lato destro Agricola posizionò la cavalleria, seguendo una disposizione assolutamente classica.
Dall’altro lato l’esercito di Calgàco: gli uomini di fanteria schierati al centro e con la collina alle spalle vennero raggruppati in file molto serrate. Sulla sinistra e sulla destra Calgàco approntò i suoi cavalieri creando uno specchio abbastanza fedele della disposizione dei romani.
In avanscoperta, alle pendici della collina, vennero posizionati invece i classici carri da combattimento, propri della tradizione delle tribù britanne.
A fronte di una disposizione piuttosto equilibrata da entrambe le parti, i Caledoni avevano tuttavia la possibilità di potersi arroccare sulla collina, combattendo in discesa, il che costituì un primo vantaggio importante.
La battaglia
Agricola iniziò ad avanzare con i suoi ausiliari contro il nemico caledone ma mano mano che procedette si rese conto che la linea dei soldati avversari aveva una ampiezza superiore alla sua.
La sua prima decisione fu così quella di allungare la disposizione e le fila dei suoi ausiliari centrali per non correre il rischio di essere circondato. I soldati si ritrovarono ad essere più diradati rispetto alla consuetudine, ma si trattava di un rischio calcolato.
L’inizio vero e proprio della battaglia fu il lancio delle rispettive cavallerie l’una contro l’altra. I romani riuscirono con relativa facilità ad avere la meglio sugli avversari e a metterli in fuga.
Calgàco utilizzò allora i suoi carri da guerra per attaccare le linee centrali del nemico. Agricola prese in questa fase una seconda decisione molto importante: staccò alcuni soldati dal gruppo principale, creando una specie di avanguardia, con il compito di affrontare direttamente i carri.
Si trattava di guerrieri batavi: erano alleati dei romani molto forti nel combattimento corpo a corpo. Talmente valorosi che, a differenza di altre popolazioni, non dovevano fornire ai romani alcun tributo, ma solamente soldati per le battaglie dall’esito più incerto.
I batavi erano armati molto bene e si rivelarono particolarmente adatti per combattere il nemico caledone. Dai carri partì dapprima un rapido lancio di pietre e di dardi per proseguire con lo scontro corpo a corpo.
I guerrieri batavi ebbero quasi subito la meglio sui carri caledoni. Non sappiamo esattamente quale tecnica abbiano utilizzato per fronteggiare l’avversario, ma probabilmente crearono dei piccoli spazi fra gli uomini dove i carri venivano fatti infilare, per poi essere circondati.
A questo punto, l’esercito caledone iniziò a sentire tutta la pressione degli avversari e a retrocedere. Tuttavia, arroccandosi sulla collina, sfruttarono la pendenza a loro vantaggio. I batavi combattevano sì efficacemente, ma trovandosi in salita stavano iniziando a stancarsi.
La battaglia giunse così ad un punto critico: tentando di approfittare della situazione, Calgàco prelevò un contingente di cavalleria che aveva conservato nelle retrovie e lo lanciò dalla sommità della collina con l’obiettivo di aggirare i romani sul loro fianco sinistro.
Qui, la lungimiranza del generale Agricola fece la differenza: due squadroni di cavalleria, che anche Agricola aveva pensato di conservare, fecero la loro comparsa, con l’ordine di assalire il contingente avversario e neutralizzare la pericolosa minaccia di un aggiramento.
I nemici vennero rapidamente annientati e, al contrario dei piani di Calgàco, furono gli uomini di Agricola a convergere sul fianco dell’avversario, sgretolandolo completamente. Probabilmente fu in questa fase che Calgàco si unì alla lotta, morendo sul campo.
I Caledoni si dispersero nei boschi circostanti. Secondo alcune fonti, cercarono, come estremo atto ostile, di circondare i cavalieri romani che stavano inseguendo i fuggiaschi ma diverse unità distaccate da Agricola scongiurarono il pericolo.
La dominazione romana in Britannia
La battaglia del monte Graupio fu una straordinaria vittoria romana. Dopo questo confronto, non ci furono ulteriori resistenze importanti da parte dei britanni e il territorio venne pacificato.
D’altra parte, però, i britanni rimasero un popolo fiero e combattivo, che causò costantemente problemi all’esercito romano.
Il simbolo principale del continuo stato di agitazione, fu soprattutto la costruzione di un grande muro, il vallo di Adriano.
Una gigantesca opera realizzata dagli imperatori successivi alle imprese di Agricola, concepita per porre un confine definitivo tra il mondo romano e il mondo non romano in Britannia, necessario per pacificare la zona e risparmiare uno stato di continua guerriglia ai soldati di Roma.