La battaglia del monte Gauro, 343 a.C. Il primo scontro romani-sanniti


La battaglia del Monte Gauro, avvenuta nel 343 a.C., fu la prima battaglia della prima guerra sannitica e fu il primo scontro militare documentato tra i Romani e i Sanniti. Ci viene descritta esclusivamente da Tito Livio, nel settimo libro della sua storia di Roma, “Ab Urbe condita”.

La battaglia fu guidata dal console Marco Valerio Corvo, che sconfisse dopo un duro scontro i Sanniti presso il Monte Gauro, vicino a Cuma, in Campania. Gli storici moderni ritengono che la battaglia potrebbe essere stata inventata successivamente, durante la revisione della storia romana operata nel periodo augusteo.

La datazione della battaglia

Un elemento dibattuto è la data in cui la battaglia si sarebbe verificata. Tito Livio, com’era consuetudine a Roma, datava la battaglia annotando quali consoli erano in carica in quell’anno. Per quanto riguarda lo scontro, Tito Livio ci riferisce che l’episodio avvenne durante il terzo consolato di Marco Valerio Corvo e il primo di Cornelio Cosso. 

Convertita nel calendario in utilizzo in Occidente, secondo la tradizionale cronologia di Varrone, che Livio tuttavia non usò, la data diventa 343 a.C.

Gli storici moderni hanno dimostrato che la cronologia varroniana data la prima guerra sannitica 4 anni troppo presto, a causa dell’inclusione di alcuni anni collegati alla presenza di dittatori romani che non sono poi realmente esistiti. Nonostante questa ben riesaputa inesattezza, la cronologia varroniana rimane comunque in uso per convenzione anche nella letteratura accademica.

Lo scoppio della prima guerra sannitica

Secondo il resoconto di Tito Livio, la prima guerra sannitica scoppiò nel momento in cui i Sanniti attaccarono i Sidicini, una tribù che viveva nel nord della Campania. I Campani, la cui capitale era la città-stato di Capua, inviarono immediatamente un esercito in aiuto dei Silicini, ma vennero sconfitti dai Sanniti.

Così i Sanniti riuscirono ad invadere la Campania, vincendo una seconda battaglia nella pianura immediatamente vicino alla città di Capua, che era seriamente in pericolo.

I Campani furono costretti a chiedere aiuto ai Romani, che rappresentavano una potenza militare emergente nel Lazio.

I Romani avevano tuttavia siglato un trattato di non belligeranza con i Sanniti e inizialmente si dimostrarono restii a violare in maniera tanto palese dei patti. I Capuani, disperati, promisero ai romani che se li avessero aiutati, avrebbero addirittura regalato la città a Roma, tramite il rito della “Deditio”.

I romani si trovavano di fronte ad una occasione irripetibile di ottenere il controllo di una città ricca e influente. Così inviarono degli ambasciatori presso i Sanniti, spiegandogli che Capua apparteneva ora ai romani, e chiedendogli di non attaccare.

La delegazione romana e quella dei sanniti però, forse per una tracotanza da parte di questi ultimi, non fu in grado di trovare un accordo, e si arrivò alla guerra.

L’esercito romano fu affidato ai due consoli Marco Valerio Corvo e Aulo Cornelio Cosso. Il primo condusse la propria legione in Campania, mentre Cosso portò i suoi soldati nel Sannio, attuando la tattica della manovra a tenaglia.

Svolgimento della battaglia

Valerio accampò il suo esercito presso il monte Gaurus e diede immediatamente ordine di confondere i movimenti dei Sanniti attraverso rapide incursioni di disturbo operate dalla fanteria leggera e dagli arcieri. Nel frattempo, preparò il grosso della fanteria e della cavalleria per la battaglia. 

Quando si sentirono pronti, i Romani abbandonarono l’accampamento e iniziò lo scontro.

La battaglia andò avanti per qualche ora, ma nessuna delle due parti riuscì a prevalere sull’altra in quanto le forze si equivalevano. Valerio ordinò quindi una carica di cavalleria nel tentativo di sfondare le linee sannitiche. Purtroppo, la mossa romana fallì e la cavalleria fu costretta a ritirarsi con un nulla di fatto.

Dopo il fallimento della sua idea, Valerio smontò da cavallo e decise di condurre di persona un assalto della fanteria. Ancora una volta però le linee dei Sanniti non si spezzarono, nonostante avessero subito degli ingenti perdite.

La battaglia durava ormai da molto tempo e stava sopraggiungendo il tramonto. I Romani erano stanchi, ma resistevano per la rabbia e la delusione di non essere ancora riusciti a superare il nemico. Valerio chiamò di nuovo a raccolta i suoi soldati che decisero di sferrare un ultimo attacco.

Alla fine i Sanniti furono costretti a cedere ed iniziarono a fuggire.

I Romani, esausti ma vittoriosi, iniziarono a rinseguirli. Una gran parte dei Sanniti sarebbe stata annientata se il calare della notte non avesse posto fine all’inseguimento. Secondo Tito Livio, interrogati sul motivo che li aveva portati a fuggire, i Sanniti risposero che “gli occhi dei Romani, che sembravano ardere, insieme con la loro espressione furiosa e lo sguardo frenetico li avevano terrorizzati.”

Durante la notte, i Sanniti preferirono abbandonare il campo di battaglia e lasciarono che i Romani prendessero possesso del loro accampamento. I campani uscirono da Capua per congratularsi con i Romani per la loro vittoria.

Tito Livio registra altre due vittorie romane contro i Sanniti, una compiuta da Cornelio Cosso, nella battaglia di Saticula, e una seconda condotta da Valerio Corvo nella battaglia di Suessula

Alla fine della stagione militare, entrambi i consoli vennero ricompensati a Roma con un trionfo. Anche i cartaginesi, che avevano stipulato un trattato di amicizia con i Romani nel 348, si congratularono per le loro vittorie, inviando addirittura una corona d’oro del peso di 25 libbre che fu esposta nel Tempio di Giove Ottimo Massimo.

Secondo i Fasti Triumphales, Valerio e Cornelio celebrarono i loro trionfi il 21 e il 22 settembre. Negli anni successivi si registrarono pochi combattimenti, tanto che la prima guerra sannitica terminò nel 341, quando i Sanniti chiesero di rinnovare la pace e accettarono l’alleanza romana con i Campani.

I dubbi sulla storicità della battaglia

Gli storici moderni non credono alla versione fornita da Tito Livio. Le scene di battaglia raccontate dal cronista romano sembrano per lo più delle libere ricostruzioni elaborate dalla sua fantasia e dalle sue fonti. Le perdite dei Sanniti sono state valutate da tutto il mondo accademico come chiaramente esagerate.

Anche il ruolo di Valerio Corvo negli eventi della prima guerra sannitica potrebbe essere stato enfatizzato. Anche perchè, come sostiene lo studioso Salmon, la principale fonte di Tito Livio relativamente a questi fatti sarebbe Valerio Antia, il quale è noto per esagerare i numeri delle battaglie.

Vi è da considerare che le testimonianze dei Fasti Triumphales registrano effettivamente una vittoria romana nel 343 e confermano che in questo periodo i Romani avevano maggiori probabilità di sconfiggere i Sanniti su un terreno pianeggiante che montuoso.

Per questo motivo l’ipotesi più plausibile è che ci sia stata una sola battaglia nel 343, combattuta presso la periferia di Capua, e in particolare vicino al santuario di Giunone-Gaura che Livio, o le fonti su cui si è basato, confusero poi con il nome del Monte Gaurus.

Questo spiegherebbe inoltre la descrizione di Livio dei Capuani che escono per congratularsi con i Romani.

La battaglia potrebbe non essere stata una disfatta così totale dei Sanniti. Bisogna infatti tenere conto che i combattimenti interrotti del calare della notte vennero spesso utilizzati dagli storici romani per mascherare le proprie sconfitte o le vittorie di misura. Anche la ricostruzione eccessivamente entusiasta viene respinta da Oakley, nel suo trattato del 1998, che non crede ad una serie così sfolgorante e numerosa di successi romani.

FONTI

  • Tito Livio, Ab Urbe Condita, VII.29.3–32.1–2.
  • Oakley, S. P. (1998). A Commentary on Livy Books VI–X, Volume II: Books VII–VII. Oxford: Oxford University Press
  • Salmon, E. T. (1967). Samnium and the Samnites. Cambridge University Press