Il vaccino per proteggere dall’infezione di Covid 19 è ormai l’argomento numero uno, che supera abbondantemente persino le discussioni e gli articoli sull’andamento stesso della Pandemia. Se in un primo momento le comunicazioni dei “numeri” pandemici erano un appuntamento quotidiano per tutti, ora lo sono molto meno.
Sulla campagna vaccinale però grava una sempre più ampia defezione da parte di molti cittadini. Come mai il vaccino, che dovrebbe essere visto come la salvezza, non viene percepito come tale ed anzi viene rifiutato in modo categorico?
In questa analisi basata sullo studio dei dati italiani ed internazionali vedremo come pochi semplici passi riescono a cambiare la percezione della realtà, fino a modificare le scelte che, razionalmente, non avremmo mai pensato di fare.
Chi ha accettato il lockdown del 2020?
Per capire una situazione così complessa, dobbiamo tornare parecchio indietro. Attenzione, la maggioranza di coloro che sono contro il vaccino Covid si sono vaccinati in passato per altre malattie. Bisogna quindi partire da una divisione netta tra il classico “novax”, che rifiuta ogni tipo di vaccino, e chi è scettico solo sul vaccino contro il Covid.
La prima e più pesante decisione del governo verso i cittadini è stato il primo lockdown del 2020 dove, a pandemia in pieno corso e in evoluzione esponenziale, le autorità dei vari Paesi hanno deciso che limitare la libertà delle persone sarebbe stata la via per debellare il virus.
Uno studio della Luiss evidenzia che la parte di popolazione più adulta ha recepito e seguito le indicazioni governative trovandole anche giuste. I più giovani, da 29 in giù, invece, erano scettici e hanno subito con molta più difficoltà questa scelta.
Cosa ci dice questa tabella? Che le persone meno portate a rinunciare alla propria libertà quotidiana sono stati i giovani. Sono coloro che più di tutti gli altri “vivevano” la libertà che improvvisamente gli è stata tolta.
Se poi guardiamo le vaccinazioni scopriamo che, seppur di poco, questa tendenza si ribalta totalmente: le persone adulte, coloro che potrebbero essere i genitori di quei ventenni che mal sopportavano il lockdown, questa volta sono i ribelli, mentre i ragazzi si adeguano alle scelte del governo.
Cosa è successo nel frattempo: la lite Governo – Regioni
Dall’inizio della pandemia ad oggi sono cambiate molte cose. Prima fra tutte si sono manifestate chiaramente le mancanze tecniche della sanità e del governo nel gestire con calma l’emergenza. Il cambio di governo ha poi aumentato la sensazione di instabilità e di incapacità della politica di essere un punto di riferimento per i cittadini.
La mancanza di una linea precisa e di istruzioni certe, ha reso tutto molto vago: la scelta di chiudere ed aprire le regioni a seconda di dati confutati dagli stessi governatori, ha aumentato l’ansia dei cittadini, che vedevano regioni e governo litigare e invalidare i dati l’uno dell’altro. Se una Regione nega, ufficialmente, la validità di quello che fa il Governo portando dati scientifici, la confusione inizia a diventare pesante.
L’informazione sulla pandemia: information overload
Dall’inizio della pandemia di COVID-19, c’è stata un’abbondanza di informazioni, con quasi tutti i canali mediatici che hanno coperto gli ultimi sviluppi. I canali di informazione, sia tradizionali che social media, hanno condiviso informazioni sui vaccini e sono stati molto potenti nell’influenzare l’opinione pubblica.
Ricerche della Boston University e della University of Talca hanno provato che forum online, blog e social media hanno contribuito alla percezione negativa verso i vaccini. Diversi autori hanno esaminato come i social media siano piattaforme che contribuiscono a minare la fiducia nel vaccino, attraverso la promozione di racconti personali collegati a temi anti-vaccinazione e a più ampi ideali di libertà di scelta e diritti dei genitori.
I social media hanno continuato così ad essere un veicolo per la diffusione della disinformazione sul COVID-19.
Se i giovani sono i maggiori fruitori di tecnologia e di social media ci si aspetterebbe che proprio loro fossero vittime della disinformazione, ma questo non succede per il semplice motivo che i giovani non seguono, nella maggior parte dei casi, le notizie.
I nuovi social dei giovani sono dedicati a mini video, a chat di gruppi privati e piccoli circoli che rimangono al di qua della grande informazione.
La disinformazione relativa alla pandemia si è diffusa online ed è aumentata con l’introduzione del vaccino. Ad esempio, ci sono stati continui racconti cospirativi secondo cui il virus è stato creato come un’arma biologica dalla Cina o dal proprio governo o che il virus era il risultato di reti cellulari 5G.
Una ricerca della University of Haifa ha confermato che le fonti di bassa qualità, sia social che mainstream, non verificate e che promuovevano la disinformazione su COVID-19 erano più ricondivise rispetto a quelle con informazioni di alta qualità legate a dati sanitari verificabili.
In un’analisi comparativa della diffusione della disinformazione COVID-19 su cinque piattaforme di social media (Twitter, Instagram, YouTube, Facebook), i ricercatori hanno analizzato più di 8 milioni di commenti e post per modellare la diffusione della disinformazione.
L’amplificazione della disinformazione varia in base alla piattaforma: la diffusione dipende sia dal modo con cui le persone interagiscono sulla piattaforma sia dagli algoritmi e agli specifici modelli di interazione dei gruppi di utenti coinvolti nell’argomento.
La visualizzazione continua di tali contenuti può ridurre le intenzioni di vaccinazione. La ricerca descrive come gli utenti di Facebook si siano spostati in modo sproporzionato verso il rifiuto al vaccino a causa di narrazioni e storie emotive sui decessi a causa vaccinale e sulle teorie complottistiche. Nadler, Crain e Donovan descrivono questo movimento dell’informazione di scarsa qualità come una conseguenza diretta e prevedibile dell’ecosistema dei media digitali.
Bennet, Manheim e altri, suggeriscono che i modelli di polarizzazione hanno creato un “flusso” di persuasione negativa contro il governo e contro il vaccino considerato “sperimentale”.
La credibilità, autorevolezza e persuasività variano a seconda della fonte di informazione. E’ stato dimostrato che le informazioni non sensazionalistiche e accurate aumentano l’accettazione del vaccino.
Il ruolo dei giornali nell’accettazione del vaccino
I giornali online utilizzano in modo massiccio i social media, per attirare l’attenzione sulle notizie. Ma i social media vengono al contrario letti dai giornali per comprendere di cosa sta parlando in quel momento il pubblico.
Qui entra in gioco una della più grandi storture della comunicazione dei media verso lettori. I media capiscono che le persone vogliono parlare di un determinato argomento e pubblicano un primo articolo che parla di quell’argomento. L’attenzione però inizia a calare perché la notizia è nota. Di conseguenza chi decide la linea editoriale ritorna sulla notizia precedente aggiungendo nuovo pathos.
Vediamo due notizie qui sotto. La prima ci racconta in modo preciso che la morte non è derivata dal vaccino. Ma come tutti sappiamo, se si invita a non pensare a qualcosa, immediatamente si pensa a quella cosa.
Il secondo articolo è ancora peggio: l’instabilità e la non definizione della notizia rende possibile qualsiasi interpretazione.
La condivisione delle notizie
Immaginiamo ora che queste notizie vengano condivise nei social media. E’ risultato evidente dagli studi effettuati in Israele che il 99% dei condivisori sono coloro che vogliono acclarare la negatività della notizia, ovvero che il vaccino ha ucciso gente sana e giovane. Se anche non sono novax, per chi condivide è importante avere il massimo risalto. Chi condivide una notizia che parla di un morto per vaccino, specialmente se giovane, sarà sicuro di attirare l’attenzione del suo pubblico, dei suoi amici e sarà il primo che difenderà questa tesi in ogni modo, aggravando la situazione.
I giornali vogliono vendere
In questo circolo vizioso che abbiamo visto entra, come spesso accade, il denaro. I giornali devono vendere, devono far girare le notizie e creare più lettori possibili, è il loro lavoro. Saranno quindi spinti a creare sempre nuove notizie di questo genere, in quanto attecchiranno facilmente nell’internet. Non importa se viene scritta la notizia giusta, come abbiamo visto “Non è morto per colpa del vaccino” è un titolo che aumenta la paura verso il vaccino. Il risultato è esattamente opposto a quello descritto.
Il sovraccarico delle informazioni
Il sovraccarico di informazioni, noto anche come infobesity o ansia informativa, è la difficoltà nel comprendere un problema e nel prendere decisioni efficaci quando si hanno troppe informazioni su una questione, ed è generalmente associata all’eccessiva quantità di informazioni quotidiane.
Il termine “sovraccarico di informazioni” è stato utilizzato per la prima volta nel libro di Bertram Gross del 1964, The Managing of Organizations. Gross ha spiegato che se l’input supera la capacità di elaborazione, si verifica un sovraccarico di informazioni, che rischia di ridurre la qualità delle decisioni.
In una definizione più recente, Roetzel (2019) si concentra sugli aspetti del tempo e delle risorse. Afferma che quando a un decisore vengono fornite molte serie di informazioni, come complessità, quantità e contraddizione, la qualità della sua decisione è ridotta a causa della limitazione delle risorse dell’individuo per elaborare tutte le informazioni e prendere in modo ottimale la decisione migliore.
L’avvento delle moderne tecnologie dell’informazione è stato un motore primario di sovraccarico di informazioni su più fronti: in quantità prodotta, facilità di diffusione e ampiezza del pubblico raggiunto. Fattori tecnologici di vecchia data sono stati ulteriormente intensificati dall’ascesa dei social media e dell’economia dell’attenzione, che facilita la mancanza di attenzione. Nell’era delle tecnologie digitali connettive, dell’informatica , della cultura di Internet (o della cultura digitale), il sovraccarico di informazioni è associato a sovraesposizione, visualizzazione eccessiva di informazioni e abbondanza di input di informazioni e dati.
Nel contesto della ricerca di informazioni, i ricercatori hanno identificato due forme di sovraccarico di informazioni: sovraccarico di risultati dove ci sono troppe fonti di informazione e sovraccarico testuale dove le singole fonti sono troppo lunghe. Questa forma di sovraccarico di informazioni può rendere i lettori meno sistematici. La disillusione quando una ricerca è più impegnativa del previsto può portare un individuo a essere meno in grado di cercare in modo efficace. Il sovraccarico di informazioni durante la ricerca può portare a una strategia soddisfacente.
Le misure del governo e i virologi
Altro capitolo da analizzare sono le misure del governo e le esternazioni continue di virologi e medici che vengono intervistati ogni minuto da una informazione assetata di novità sempre più impattanti sotto l’aspetto emotivo. Le notizie devono essere sempre più gravi, più strane e più complesse per poterne parlare con il maggior numero di esperti.
Il governo ha sostanzialmente sbagliato comunicazione quando ha cambiato più volte la propria idea su un caso. Ci sono stati vari momenti: dal ritiro di Astrazeneca allo sconsigliare il vaccino per una specifica fascia di età e poi consentirlo poco dopo. Ricordiamo tutti i 60enni a cui è stato detto prima di vaccinarsi con Astrazeneca e Moderna, poi di non farlo, e poi di farlo ancora. Infine tutti potevano utilizzare qualsiasi vaccino.
Altro grande destabilizzatore è stato il tempo del richiamo: 15/30/45/60 giorni con lo stesso vaccino o con altri vaccini di tipi diversi. Il cittadino ha visto cambiare continuamente la situazione senza capire perché le notizie e soprattutto le decisioni si modificavano così radicalmente. Non solo si rettificava una decisione in pochi giorni, ma non si è mai spiegato in modo completo il perché di questo dietrofront.
In questo campo il governo ha fallito completamente e ha lasciato via libera all’interpretazione dei virologi o dei medici in generale. Questi esperti, intervistati in tempi diversi, hanno dato giudizi diversi, a volte opposti e hanno reso ancora più incomprensibile i continui mutamenti nella linea medica.
Il ruolo della medicina, della scienza, deve essere quello della certezza. Nessuno si farebbe curare da un medico che cambia diagnosi ogni giorno. Con la pandemia è successo proprio questo: i maggiori virologi italiani hanno prima sminuito, poi aggravato e poi di nuovo modificato il loro giudizio su ogni azione intrapresa contro la pandemia.
Tre persone valgono 3 milioni
Cosa vuol dire “tre persone valgono tre milioni”? E’ molto semplice. Supportati da tutto quanto detto fino ad ora, capiamo meglio come la notizia di un decesso causato dal vaccino possa destabilizzare. La notizie di tre decessi, se comunicati in modo continuo e contiguo, valgono come una strage.
Chiunque guarda una notizia analizza immediatamente se quella cosa accaduta può succedere anche a lui. Ne analizza i motivi, il perché e come potrebbe toccarlo nella sua realtà.
Non è affatto un caso che le più grandi notizie di cronaca nera hanno una cerchia prestabilita di possibili colpevoli. Il fatto che l’azione violenta sia accaduta “per un motivo” rende, nel ragionamento di chi guarda, impossibile che accada a lui. Il delitto circoscritto ad un gruppo ristretto, allontana la paura che qualcosa di brutto possa accadere a lui.
Accade esattamente il contrario con le notizie di decessi per vaccini. Più l’età è vicina a quella dell’ascoltatore, più la sua mente vedrà il vaccino come un pericolo esistente, preciso e possibile. Sapere che la persona deceduta è una su un milione non rientra minimamente nella sfera calmante.
La mente, soprattutto quella che abbiamo tutti e viene chiamata “primitiva”, quella che reagisce agli stimoli per prima, avrà impressa una informazione: vaccino = pericolo.
Perché allora milioni di persone si sono vaccinate? E’ chiaro che non tutti guardano le notizie allo stesso modo, molte persone non le guardano proprio, non le seguono. Altre persone hanno elaborazioni diverse oppure esempi diversi. Ancora di più, hanno età diverse.
Tutti noi ricordiamo, non nascondiamocelo, il sottile sollievo quando gli esperti dicevano che il Covid colpiva quasi esclusivamente le presone molto anziane e deboli. Ci siamo sinceramente dispiaciuti di ogni decesso, ovviamente, ma dentro il nostro cervello c’era un’informazione particolarmente accattivante: io non sono in pericolo.
La precedente convinzione sulla validità dei vaccini fa anche la sua parte nella successiva decisione di credere o meno nel vaccino Covid.
E’ solo un fatto psicologico?
Assolutamente no. E’ un convincimento che deriva anche da ragionamenti che hanno un loro fondamento. O si crede che il vaccino sia per forza appannaggio di un gruppo di persone che si trova nel giusto oppure si dà, come naturale che sia, uno sguardo più ampio e si prendono in considerazione anche le tesi opposte.
La prima suddivisione che abbiamo fatto è novax – no covid vax. Sono due gruppi che al momento sono uniti ma non lo sono stati prima e non lo saranno poi.
Il novax è contro qualsiasi tipo di vaccino, anche quelli che scientificamente sono stati la soluzione a malattie tremende come Vaiolo e Poliomielite. In questo caso, le persone credono che nessun caso sia mai stato risolto tramite vaccini e non permettono a loro e ai loro familiari di vaccinarsi.
Il No Covid Vax invece è strettamente legato al Covid. Alla velocità con cui è stato sviluppato il vaccino e la conseguente mancanza nei tempi di test. Sono persone che hanno fatto i vaccini da bambini o altri vaccini dovuti a lavoro o viaggi in Paesi particolari. Non ha una reazione avversa a qualsiasi decisione scientifica.
Ma è stato, in alcuni casi giustamente, impaurito dalla mancanza di test a lungo termine del vaccino. Ma ancora di più è stato impaurito dalle notizie che, seppur vere, hanno moltiplicato la loro forza per la quantità e la metodologia di rappresentazione.
Il Green Pass come deterrente
La scelta di alcune nazioni di inserire il Green Pass ha accelerato la vaccinazione. Questo però non ha fatto leva su chi non vuole vaccinarsi, ma solo su chi già lo avrebbe fatto, ma ha accelerato la sua decisione in quanto vedeva in pericolo la propria libertà di movimento.
E’ infatti naturale vedere come molti giovani, che ricordiamo all’inizio della pandemia come insofferenti al lockdown, siano in prima fila per la vaccinazione Green Pass. Così come all’inizio non sopportavano il blocco delle proprie libertà e soprattutto di movimento, ora reagiscono coerentemente. La sensazione di immunità anche da eventi avversi ha fatto il resto. A conferma di quanto spiegato, alle prime notizie di decessi di giovani post vaccino si è verificato il rallentamento delle vaccinazioni nei ragazzi.
Per i gruppi novax e no Covid vax, il Green Pass non ha fatto cambiare idea, anzi li ha radicalizzati. La decisione di imporre un pericolo, o quello che i gruppi anti vaccino ritengono tale, è il metodo peggiore per avere reazioni positive. Un semplice esempio è quello di chi vuole imparare a nuotare. Nessuno gradisce essere buttato a forza nel mare se non sa nuotare. E farà di tutto pur di non cadere nell’acqua che ritiene un pericolo mortale.
Allo stesso modo la reazione dei gruppi antivaccinali aumenterà ogni qualvolta il governo cercherà di forzare la mano. Soprattutto rendendolo obbligatorio per lavorare e determinando quindi un pericolo vitale per le persone: niente lavoro, niente soldi. Altrettanto sarà il vaccino obbligatorio per tutta la popolazione. Su questo ultimo punto si apre poi un vasto discorso sulla costituzionalità e sui diritti umani.
Conclusioni
La gestione di una pandemia è composta da moltissimi aspetti delicati. Si può, senza tema di smentita, affermare che molti governi hanno gestito tutti questi punti nel modo sbagliato.
Prima si è sminuito il pericolo dicendo che dalla Cina non arrivava nessun virus, che tutto era e sarebbe rimasto sotto controllo. I virologi si sono sperticati a dire che era solo una influenza e niente di più.
Poi le stesse persone e gli stessi governi sono passati ad una comunicazione di completo sbando, di impossibile gestione della pandemia e di una gravità mai vista nel mondo. In questo punto si sono verificati i primi strappi tra popolazione e governi, sia perché i numeri iniziavano a non corrispondere sia perché la comunicazione di un pericolo non gestibile allontana immediatamente le persone e inizia a farle ragionare su “complotti” che risultano più rassicuranti rispetto la realtà.
Quello che in molte parti del mondo non si è capito è che una pandemia non va gestita solamente sotto l’aspetto sanitario ma molto più opportunamente anche dal lato psicologico e comportamentale. La paura deve essere capita, analizzata e guidata. Non solo per il singolo ma anche con la psicologia delle masse. La definizione di un problema non è mai solo un fattore tecnico ma anche, e a volte soprattutto, psicologico e di comunicazione.