Come funzionava la polizia nella Roma Antica? Esisteva una forza di controllo analoga a quella nostra contemporanea? Ovviamente sì, ma è interessante in questo caso entrare nello specifico della sua organizzazione e del suo funzionamento.
Questo perché le forze dell’ordine di Roma erano concepite in modo differente rispetto a quello attuale: vi era una concezione molto originale di ordine pubblico rispetto a ciò che questa coppia di parole rappresenta per la nostra società di oggi.
La polizia nella Roma repubblicana
Nel periodo Repubblicano i magistrati principali che si occupavano dell’ordine pubblico erano gli “Edili curuli”. Il nome deriva dalla “curule”, una seduta ereditata dagli Etruschi e divenuta poi simbolo religioso e legislativo nella società romana.
Gli edili curuli avevano tre funzioni principali. La prima era quella di occuparsi dell’approvvigionamento di cibo all’interno della città, la seconda era quella di organizzare e controllare gli spettacoli da proporre alla popolazione, i momenti ludici atti a intrattenere. La terza funzione legata agli edili curuli era proprio quella del controllo del territorio, delle strade e dei luoghi nei quali le persone si incontravano, in pratica ciò che fanno i nostri attuali ufficiali di polizia.
Gli edili avevano il compito di emanare delle direttive principali e regolamenti che poi dovevano essere applicati in tutta la città per mantenere l’ordine pubblico.
Quelli che invece eseguivano più da vicino il controllo effettivo della popolazione e del territorio erano un’altra tipologia di magistrati, paragonabili ai nostri poliziotti e chiamati “Nocturni”, un nome che deriva dal fatto che essi fossero in azione prevalentemente di notte.
Queste forze di controllo avevano delle funzioni di polizia molto simili a quelle moderne: dovevano controllare i mercati, intervenivano se c’erano piccoli furti o risse. Si occupavano anche di truffe o diverbi importanti: erano dei magistrati che si occupavano di ciò che quotidianamente Polizia e Carabinieri trattano ai giorni nostri e quindi di un controllo del territorio intenso e severo.
Le forze che lavoravano a maggiore contatto con la popolazione erano i “Vicomagistri”: la loro funzione era infatti quella di tenere sotto controllo i templi, i luoghi pubblici. Rapportati ai giorni nostri possono essere paragonati ai poliziotti di quartiere. Ogni zona di Roma aveva quattro vicomagistri che possedevano una conoscenza del territorio molto profonda: strade, persone che vi abitavano, attività svolte.
Una conoscenza così approfondita che consentiva loro di capire immediatamente se fosse successo qualcosa e di rimediare velocemente al problema, riuscendo quindi a collaborare proattivamente al mantenimento dell’ordine pubblico insieme alle altre forze di controllo.
Le Forze dell’ordine nella Roma Imperiale
Nella Roma imperiale Augusto si rende protagonista di una delle riforme più importanti: quella di riorganizzare in modo più preciso e ordinato tutte quelle forze militari e para-militari che fino a quel momento si erano prese cura dell’ordine pubblico.
In teoria i Pretoriani, che avevano il compito di proteggere l’imperatore, avevano la possibilità di agire come delle vere e proprie forze dell’ordine anche se il loro impiego era effettivamente molto raro: venivano utilizzati per mantenere l’ordine in particolari situazioni che di solito coinvolgevano un rischio elevato di sommosse o tafferugli molto importanti.
Nella realtà ad occuparsi della popolazione e del mantenimento dell’ordine erano le “Coorti Urbane”: dei gruppi para militari, soldati “adattati” alla vita cittadina, formate da “urbaniciani”. L’urbaniciano può essere effettivamente comparato, in base alle sue funzioni, al nostro poliziotto o al nostro carabiniere. Controllava le strade, i luoghi di aggregazione della popolazione, i mercati, le feste e le zone che erano considerate più malfamate. Gli urbaniciani erano gestiti da un prefetto, il quale aveva il compito di controllarne l’utilizzo sul territorio.
Gli urbaniciani e le loro coorti agivano prevalentemente di giorno: per la notte era previsto l’impiego delle “Coorti Vigili”. I vigili che ne facevano parte dovevano controllare le strade, verificare che non nascessero criticità e tra le altre cose erano autorizzati a fermare vagabondi e disturbatori della quiete pubblica da portare ai propri capi i quali avrebbero svolto un veloce processo, simile all’attuale “per direttissima”: il fatto poteva finire con una multa, l’allontanamento dalla città o qualche giorno di carcere.
I vigili si occupavano anche di domare e spegnere incendi, proprio come i nostri vigili del fuoco: una funzione molto importante se si pensa che mentre nella nostra società l’incendio è un evento sporadico, ai tempi dell’impero romano era un’occorrenza praticamente continua a causa dell’uso di torce e del legno utilizzato come principale materiale di costruzione edile.
I vigili, come forze dell’ordine erano organizzati a seconda delle principali funzioni che ogni reparto doveva svolgere e delle loro specializzazioni:
- Vigiles acquarii – addetti alle prese di acqua
- Vigiles balnearii – addetti ai bagni pubblici
- Vigiles horrearii – sorveglianti dei magazzini
- Vigiles carcerarii – addetti al controllo delle prigioni
- Vigiles siphonarii – addetti all’azionamento delle pompe di acqua
- Vigiles sebaciarii – addetti all’illuminazione notturna.
Il diritto di manifestare
Quando si parla di ordine pubblico e di romani è importante richiamare il concetto del diritto di manifestare, differente da quello attualmente concepito e frutto di una specifica lotta di classe avvenuta lo scorso secolo.
Oggi la possibilità di manifestare per le proprie idee è considerato un diritto “sacrosanto”: lo sciopero è uno strumento di democrazia irrinunciabile, mentre nel mondo romano la situazione era differente.
Non era normale o immediatamente concepibile che i cittadini si riunissero per protestare contro l’autorità. La contestazione non era un concetto sdoganato: la realtà di Roma prevedeva infatti che i cittadini potessero esprimere la propria opinione solo in situazioni ben precise.
Un esempio sono i comizi popolari nei quali non potevano comunque presentarsi e parlare: di solito vi era un magistrato che proponeva una legge e si poteva rispondere “si” o “no” per alzata di mano.
Appare quindi abbastanza chiara la differenza tra il concetto di ordine pubblico attuale e quello romano: la tolleranza delle autorità non era come quella contemporanea nei confronti delle proteste. Il controllo di chi guidava Roma era molto più alto e non opinabile e la pressione dello Stato e delle forze dell’ordine molto più intensa rispetto a quello che viene considerato normale ai giorni nostri.