Marco Aurelio Valerio Massenzio (283 – 28 ottobre 312 d.C) è stato un imperatore romano, il cui regno è durato dal 306 d.C fino alla sua morte avvenuta nel 312 d.C.
Venne riconosciuto imperatore dal Senato di Roma e regnò sull’Italia e sul nord Africa, mentre altre zone dell’impero non riconobbero la sua autorità. Era figlio dell’ex imperatore Massimiano e genero dell’imperatore Galerio.
L’ultima parte del suo regno fu afflitta da una guerra civile che dovette combattere contro Costantino e Licinio. Costantino sconfisse Massenzio nella battaglia del Ponte Milvio del 312 d.C: Massenzio, assieme al suo esercito in fuga, morì presumibilmente annegando nel fiume Tevere.
Massenzio fu l’ultimo imperatore a risiedere stabilmente a Roma. Durante il suo breve regno, realizzò diverse opere ed infrastrutture: il Tempio del Divino Romolo, la basilica di Massenzio e il circo di Massenzio.
La giovinezza di Massenzio
Massenzio era figlio dell’imperatore Massimiano e di sua moglie Eutropia. Il padre divenne imperatore nel 285 d.C e Massenzio fu considerato il principe ereditario.
Durante la giovinezza non ricoprì incarichi di particolare rilievo, nè durante il regno di Diocleziano né durante quello di suo padre. Sappiamo solamente che contrasse matrimonio con Valeria Maximilla, la figlia di Galerio, anche se non conosciamo esattamente la data. Ebbe due figli, Valerio Romolo e un altro, di cui non abbiamo informazioni.
In quel periodo vigeva il meccanismo della tetrarchia, inventata da Diocleziano. Il sistema prevedeva l’esistenza di un imperatore romano d’Occidente e di un imperatore romano d’Oriente, chiamati “Augusti”. I due Augusti nominavano due vice, chiamati “Cesari”.
In un determinato momento, gli Augusti sarebbero andati spontaneamente in pensione, e i due Cesari sarebbero diventati i nuovi Augusti, nominando a loro volta due nuovi Cesari, in un meccanismo teoricamente perfetto, che avrebbe dovuto risolvere il problema della successione imperiale.
Nel 305, gli Augusti Diocleziano e Massimiano abdicarono e si ritirarono a vita privata. I loro Cesari, che si chiamavano Costanzo e Galerio, divennero i nuovi Augusti, rispettivamente dell’Impero romano d’Occidente e d’Oriente.
I due nuovi Augusti nominarono come nuovi Cesari, Severo e Massimino.
In realtà, in qualità di figlio di uno degli ex-Augusti, Massenzio si aspettava di essere nominato tra i Cesari, ma l’autore antico Lattanzio ci fa sapere che Galerio odiava Massenzio e che utilizzò tutta la sua influenza su Diocleziano e Massimiano per convincerli ad ignorarlo nella successione.
Forse, a prescindere dalle pressioni di Galerio, anche Diocleziano pensava che Massenzio non fosse abbastanza qualificato e non avesse ricoperto gli incarichi necessari per poter assumere l’ufficio Imperiale. Massenzio, profondamente contrariato, si ritirò in una tenuta a poche miglia da Roma.
Tuttavia, nel 306, Costanzo morì e suo figlio Costantino venne incoronato imperatore direttamente dalle truppe. Costantino inviò una lettera a Galerio per informarlo che le circostanze lo avevano costretto ad assumere la carica Imperiale.
Galerio, nonostante non fosse affatto contento del repentino cambiamento, che andava inoltre a contraddire le nomine imposte dalla tetrarchia, accettò il ruolo di Costantino. Questo fatto, tuttavia, costituì un precedente a cui Massenzio decise di appellarsi per reclamare il suo ruolo di imperatore.
Ascesa al potere di Marco Aurelio Valerio Massenzio
Galerio, per far fronte alla complessa situazione economica che gravava nell’impero, decise di sottoporre la popolazione Italica ad una pesante tassazione. L’Italia era sempre stata esente dalle imposte, per via del contributo che gli italici avevano dato alla crescita di Roma. Così, si sviluppò presto una pesante insofferenza da parte del popolo.
Quando giunse l’ulteriore notizia che gli imperatori avevano intenzione di sciogliere il corpo dei pretoriani di stanza a Roma, scoppiarono dei disordini.
Un gruppo di ufficiali, Marcelliano, Marcello e Luciano, si rivolsero a Massenzio, proponendogli di diventare il nuovo Imperatore, come era accaduto poco prima per Costantino.
Massenzio accettò, promettendo donazioni alle truppe: dopo pochi giorni, fu acclamato imperatore a Roma il 28 ottobre del 306 d.C.
Nel frattempo, alcuni aristocratici poco convinti delle qualità di Massenzio, raggiunsero l’augusto in pensione, Massimiano, nella sua tenuta in Lucania, chiedendogli di riprendere il potere, ma quest’ultimo rifiutò.
Massenzio riuscì a far valere la sua autorità di imperatore in tutta l’Italia centro-meridionale, nelle isole di Corsica, di Sardegna, di Sicilia e nelle province africane, mentre l’Italia settentrionale rimaneva sotto il controllo di Severo, che risiedeva a Milano.
Massenzio si astenne dall’utilizzare i titoli di “Augusto” o di “Cesare” e preferì autoproclamarsi “Principe imbattuto” nella speranza che l’anziano imperatore Galerio lo nominasse ufficialmente. Tuttavia Galerio, che aveva già dovuto accettare la nomina forzata di Costantino, negò il suo consenso.
Al di là dell’antipatia che Galerio dimostrava per Massenzio, la sua azione aveva probabilmente una precisa finalità politica, ovvero quella di non sdoganare il concetto che chiunque avrebbe potuto reclamare la porpora Imperiale sfuggendo al meccanismo della tetrarchia.
Galerio prese questa decisione anche per una motivazione prettamente militare: mentre Costantino era alla testa di un numeroso esercito a lui fedele, Massenzio aveva a disposizione solamente poche truppe. Galerio stimò che la sua usurpazione sarebbe stata repressa con relativa facilità. Così, all’inizio del 307, Severo marciò su Roma con i suoi soldati.
Tuttavia, la maggior parte dell’esercito che andava a combattere contro Massenzio aveva servito per anni sotto il padre di lui, Massimiano: quando Severo raggiunse Roma, i suoi soldati lo tradirono e si unirono alla causa di Massenzio, che concesse agli uomini ingenti donazioni.
Nello stesso anno, Massimiano decise di riprendere il potere e tornò a Roma per riassumere la carica Imperiale e sostenere suo figlio: Severo e la restante parte del suo esercito si ritirarono a Ravenna. Poco dopo, i soldati severiani si arresero a Massimiano, in cambio della vita.
Dopo la sconfitta di Severo, Massenzio prese possesso dell’Italia settentrionale fino alle Alpi e della zona dell’Istria ad est, autoproclamandosi “Augusto”, un titolo che, con la resa di Severo, era diventato vacante.
La lotta contro Galerio e gli altri pretendenti al trono
Il governo congiunto di Massimiano e Massenzio fu messo in pericolo quando lo stesso imperatore Galerio marciò in Italia, nell’estate del 307, alla guida di un grande esercito, per riuscire laddove Severo aveva fallito.
Anche in questo caso, Massenzio convinse i soldati di Galerio a tradire il loro generale, con la promessa di ingenti somme di denaro e grazie all’appoggio di Massimiano.
Vedendo che i soldati lo abbandonavano, Galerio fu costretto a ritirarsi, saccheggiando l’Italia sulla via del ritorno. Nel frattempo, Severo venne messo a morte da Massenzio, probabilmente nella città di Tres Tabernae, vicino Roma. Dopo la fallita campagna di Galerio, il regno di Massenzio in Italia e in Africa si consolidò.
Nel frattempo, Massenzio agiva anche a livello diplomatico: già nel 307 tentò di stabilire rapporti amichevoli con Costantino e nell’estate di quello stesso anno Massimiano si recò nelle Gallie, dove Costantino sposò sua figlia Fausta e dove venne riconosciuto Augusto.
Costantino accettò l’incarico, ma cercò anche di scongiurare la completa rottura con Galerio, evitando di sostenere apertamente Massenzio.
Nel 308, Massimiano, cambiando evidentemente parere sul valore del figlio, tentò di annullare la sua autorità di fronte ad un’assemblea di soldati a Roma: sorprendentemente per lui, le truppe rimasero fedeli al figlio e Massimiano dovette fuggire da Costantino.
Su iniziativa di Galerio, che sentiva il bisogno di ristabilire l’ordine fra gli imperatori, venne indetta la conferenza di Carnuntum: Massenzio si vide nuovamente negare il riconoscimento di legittimo imperatore. Galerio nominò come nuovo Augusto il generale Licinio, a cui diede il compito di riconquistare il dominio sull’Italia.
La situazione per Massenzio peggiorò ulteriormente di lì a poco: il generale Alessandro Domizio venne infatti proclamato Imperatore a Cartagine dalle truppe africane. Così, le province d’Africa si affrancarono dal dominio di Massenzio.
Altre tragedie colpirono Massenzio a livello familiare: nel 309 morì il figlio Valerio Romolo. Massenzio lo fece divinizzare e seppellire nel suo mausoleo sulla via Appia. Nelle vicinanze, Massenzio diede ordine di costruire il circo che avrebbe portato il suo nome, il circo di Massenzio. Nel 309 o nel 310, mancò anche il padre.
Nel frattempo, i rapporti con Costantino peggiorarono rapidamente. Massenzio decise allora di allearsi con Massimino per contrastare l’alleanza tra Costantino e Licinio.
Il piano di guerra di Massenzio prevedeva l’invasione della Provincia di Rezia, a nord delle Alpi, per dividere le forze di Costantino e Licinio, come ci racconta lo storico antico Zosimo. Tuttavia l’esercito di Costantino si mosse più velocemente, vanificando il progetto di Massenzio.
Nel 310, Licinio perse il controllo sull’Istria e non potè continuare la campagna. L’intervento di Galerio sarebbe stato fondamentale, ma alla metà delle 310 il vecchio imperatore era troppo malato per potersi occupare della politica Imperiale e morì poco dopo il 30 aprile del 311 d.C.
La morte di Galerio destabilizzò quanto rimaneva del sistema della tetrarchia. Massimino si mobilitò contro Licinio e conquistò l’Asia minore per poi incontrarlo al fine di concordare delle condizioni di pace. Nel frattempo, Massenzio si dedico a fortificare l’Italia settentrionale contro potenziali invasioni e inviò un piccolo esercito nell’africa del Nord sotto il comando del suo prefetto del Pretorio Rufio Volusiano, che sconfisse e giustiziò l’usurpatore Domizio Alessandro.
Massenzio colse l’occasione per impadronirsi delle ricchezze dell’Africa del nord, portando grandi quantità di grano a Roma. Inoltre, rendendosi conto dell’importanza del Cristianesimo, rafforzò il suo sostegno alla comunità cristiana permettendo loro di leggere il nuovo vescovo di Roma, Eusebio.
Nonostante gli ultimi successi, il consenso nei confronti di Massenzio non era dei migliori. Massenzio non era riuscito a far presa sulla popolazione Italica e le sue capacità di comando e di gestione venivano messe continuamente in dubbio.
La situazione peggiorò nel momento in cui, senza sufficienti entrate fiscali, Massenzio fu costretto a recuperare il progetto di Galerio di sottoporre i popoli italici a tassazione per sostenere il suo esercito e i suoi progetti di costruzione di infrastrutture a Roma.
Anche il permesso accordato ai cristiani di eleggere il vescovo di Roma non contribuì a migliorare la sua reputazione: la precedente persecuzione di Diocleziano aveva diviso la chiesa in fazioni in competizione, soprattutto sulla questione della apostasia, ovvero la possibilità da parte di un individuo di rinnegare la sua precedente religione per abbracciare il cristianesimo.
I cristiani italici ritenevano che Massenzio non fosse in grado e non avesse l’autorità per aiutarli a dirimere queste spinose questioni religiose, mentre guardavano con maggiore interesse a Costantino.
La guerra di Marco Aurelio Valerio Massenzio contro Costantino
Nell’estate del 311, Massenzio approfittò del fatto che Licinio era occupato con i suoi affari in Oriente per mobilitare il suo esercito contro Costantino, dichiarandogli guerra.
La reazione di Costantino si concretizzò soprattutto a livello diplomatico: per evitare che Massenzio e Licinio potessero allearsi contro di lui, cercò di portare Licinio dalla sua parte già nell’inverno del 312, offrendogli sua sorella Costanza in matrimonio.
Massimino considerò l’accordo fra Costantino e Licinio un affronto alla sua autorità. Così, inviò degli ambasciatori a Roma offrendosi di riconoscere l’autorità Imperiale di Massenzio in cambio di sostegno militare.
Si formarono allora due alleanze: Massimino e Massenzio contro Costantino e Licinio.
Massenzio si aspettava un attacco lungo il fianco orientale e decise di stazionare con il suo esercito a Verona. Unendo le forze prelevate dall’Africa alla sua guardia pretoriana e alle truppe che aveva ottenuto da Severo, Massenzio poteva contare su un esercito di circa 100.000 soldati.
Costantino, per contro, poteva contare solamente su un contingente fra i 25.000 e i 40.000 uomini. La maggior parte delle sue truppe, inoltre, non poteva essere ritirata dalle frontiere del Reno senza esporre il confine settentrionale dell’impero alle incursioni delle tribù Barbariche.
Contro le raccomandazioni dei suoi consiglieri e generali, Costantino decise che l’unica mossa realmente valida era quella di agire con tutto il suo esercito e con rapidità, cogliendo Massenzio di sorpresa.
Non appena il tempo lo permise, nella tarda primavera del 312, Costantino attraversò le Alpi Cozie presso il passo del Moncenisio e raggiunse Susa, una città fortificata che gli chiuse le porte. Costantino operò un assedio e conquistò rapidamente Susa, risparmiandole però il saccheggio.
Mentre marciava verso Ovest alla conquista di Torino, Costantino si scontrò con una poderosa forza di cavalleria pesante fedele a Massenzio, costituita prevalentemente da Clibanarii e Catafratti.
Costantino fu costretto ad affrontarli: nella battaglia che si scatenò qualche giorno dopo, Costantino permise alla cavalleria nemica di attaccare ed infiltrarsi al centro dei suoi manipoli. Operò poi un rapido accerchiamento dell’avversario, e la sua stessa cavalleria caricò i catafratti di Massenzio sui lati, colpendoli con mazze ferrate.
Costantino diede poi ordine alla sua fanteria di avanzare contro il nucleo dell’esercito nemico: gli avversari iniziarono a fuggire e la cavalleria di Costantino potè inseguirli per sterminarli.
La città di Torino decise di appoggiare Costantino e di sbarrare le porte ai fuggiaschi dell’esercito di Massenzio. Altre città della pianura padana, riconoscendo le vittorie di Costantino e ammirando la sua clemenza, inviarono ambasciatori per congratularsi dei suoi successi.
Costantino si trasferì così a Milano, dove venne accolto dalla popolazione con gioia.
La battaglia di Ponte Milvio
Massenzio avrebbe potuto utilizzare la stessa strategia impiegata contro Severo e Galerio, cioè quella di rimanere a Roma e sfruttare le fortificazioni della città per costringere Costantino ad un assedio che, alla lunga, avrebbe stremato il suo esercito. Ma cambiò idea.
Le fonti antiche riferiscono che Massenzio consultò degli indovini, in particolare i Libri Sibillini, che gli preannunciarono la vittoria. Incoraggiato dai presagi favorevoli e dal fatto che il giorno della battaglia sarebbe stato anche l’anniversario della sua ascesa al trono, Massenzio decise di cambiare strategia e affrontare l’avversario in campo aperto.
Gli eserciti di Massenzio e di Costantino si incontrarono presso il Ponte Milvio, il 28 ottobre del 312 d.C.
La tradizione cristiana, riportata prevalentemente da Lattanzio e da Eusebio Di Cesarea, sostiene che Costantino ebbe una visione celeste caratterizzata dallo Scudo del Cristo e dalla scritta: “In hoc signo vinces “, “Con questo segno vincerai!”.
Il miracolo avrebbe convinto Costantino a far combattere i suoi uomini sotto le insegne di Gesù Cristo, in modo che lo stesso Dio dei Cristiani avrebbe protetto il suo esercito. Ovviamente, si tratta di un racconto posteriore alla battaglia, che è stato probabilmente inventato dai suoi biografi ufficiali.
Del reale andamento tattico della battaglia di Ponte Milvio non abbiamo molte informazioni: sappiamo che le forze di Costantino sconfissero nettamente le truppe di Massenzio, le quali si ritirarono verso il fiume Tevere, e nel caos del suo esercito in fuga, che tentava disperatamente di attraversare un ponte, Massenzio sarebbe caduto in acqua, annegando.
Il suo corpo venne ritrovato il giorno successivo e fu fatto sfilare per la città di Roma, prima di essere inviato in Africa come prova della sua morte.
L’eredità di Marco Aurelio Valerio Massenzio
Dopo la vittoria di Costantino, la figura di Massenzio venne sistematicamente diffamata e il generale venne presentato come un tiranno crudele, sanguinario e altamente incompetente.
Sebbene Massenzio non abbia eseguito persecuzioni nei confronti dei Cristiani, ma anzi abbia tentato di collaborare con loro, la propaganda Costantiniana successiva lo dipinse come ostile alla nuova religione.
Questa immagine negativa, di cui troviamo tracce in tutti i racconti antichi, ha dominato la visione di Massenzio almeno fino al ventesimo secolo, quando un’analisi più estesa delle fonti, che ha preso in considerazione non solo gli scritti ma anche le monete e le iscrizioni, ci ha riportato un’immagine più equilibrata del personaggio.
Massenzio non era certamente un genio politico, ma non eseguì mai persecuzioni nei confronti dei Cristiani. Inoltre, molti edifici di Roma che sono stati attribuiti a Costantino, furono invece fatti innalzare da Massenzio, come la grande Basilica del Foro romano.
Una delle principali considerazioni sviluppate a posteriori dagli studiosi e dagli appassionati di storia romana, si fonda sull’ipotesi che Massenzio, contrariamente a Costantino, non avrebbe mai fondato una nuova capitale ma si sarebbe impegnato per dare nuova gloria e potere a Roma.
Nel dicembre del 2006, archeologi italiani hanno rinvenuto in un santuario vicino al Colle Palatino, diversi oggetti di fattura Imperiale. Gli oggetti erano avvolti in bende di lino e includono tre lance, quattro giavellotti e un bastone che sembra essere una base per uno stendardo, oltre a tre sfere composte da vetro e calcedonio.
Il ritrovamento più importante fu però uno scettro che regge un globo blu e verde, che si ritiene sia appartenuto allo stesso imperatore.
Queste sono le uniche insegne imperiali mai ritrovate fino a questo momento, oggetti che rappresentano il potere dell’imperatore di cui, fino al 2006, erano visibili solamente in rappresentazioni su monete o in sculture.
Clementina Panella, l’archeologa autrice della scoperta, affermò che i manufatti appartenevano chiaramente all’imperatore Massenzio, e in particolare lo scettro, per via della sua pregiata fattura. Secondo la teoria di Panella, le insegne furono nascoste dai sostenitori di Massenzio per preservare la memoria dell’imperatore dopo la sconfitta nella battaglia di Ponte Milvio.
Gli oggetti sono stati restaurati e sono attualmente in mostra presso il Museo nazionale romano.