Il mondo della giurisprudenza è stato investito dall’emergenza del Covid, che ha amplificato dei grandi problemi strutturali del sistema giustizia italiano. Con il Presidente dell’Ordine degli avvocati di Genova, Avv. Luigi Cocchi, cerchiamo di capire quale è la situazione dei processi nel nostro paese e come dovremmo cercare di superare questo periodo di incertezza.
La giustizia italiana è talmente lenta che quando si vuole prendere in giro qualcuno e rinviare un problema a mai più si dice: “Mi faccia causa!”. Il Covid, ha ulteriormente peggiorato questa situazione.
Nel discorso di inaugurazione dello scorso anno giudiziario, partendo dalla relazione che era stata da poco pubblicata, insieme al disegno di legge delega per la riforma del Codice di Procedura Civile, avevo tratto tutta una serie di indicatori dei tempi della Giustizia, sia civile che penale, in Italia.
Sono dei numeri veramente molto preoccupanti: come sappiamo in Italia, il sistema giustizia ha una cronica difficoltà su due versanti macroscopici: uno è la lunghezza delle controversie, che ovviamente è già un segno di inefficienza, e la seconda è la difficoltà di applicare gli effetti che derivano da una sentenza, anche sul piano puramente esecutivo.
Il sistema di giustizia italiano è ritenuto nel mondo, e anche degli investitori stranieri, un sistema poco efficiente. E questa è una delle ragioni per cui gli investitori stranieri tendono a non investire in Italia, dichiaratamente.
Questa situazione, che già era tale nel dicembre del 2019, è stata stravolta dal Covid, perché evidentemente l’impossibilità di prestare un’attività ordinaria e fisiologica ha portato ad accumulare ritardi su ritardi.
La nostra attenzione in tutto questo periodo si è concentrata nel confronto con i capi degli uffici giudiziari, per esperire al massimo le attività, nell’interesse dell’utenza, degli avvocati e del sistema giustizia. Ovviamente nei limiti in cui ciò era possibile.
Come avete lavorato durante il lockdown e come avete collaborato fra di voi per mandare avanti i processi?
Il rapporto con i capi degli uffici giudiziari a Genova è un rapporto molto molto buono: abbiamo sempre trovato soluzioni per rendere effettivamente possibile il massimo delle attività, ma ai limiti oggettivi, si è venuto ad innestare il problema nel lockdown.
E’ stata accertata una inidoneità delle aule del Palazzo di Giustizia, e dunque non è stato possibile consentire l’attività di udienza. Sono state ricercate delle soluzioni alternative, ma tra la ricerca, la messa a punto dei metodi e dei tempi, questo è stato un periodo di grande difficoltà.
Ancora oggi siamo in grande difficoltà, nonostante gli accordi raggiunti e gli strumenti che abbiamo utilizzato. Abbiamo persino messo a punto un sistema per monitorare l’attività di udienza, in modo che gli avvocati potessero seguire i processi: abbiamo fatto veramente di tutto.
Il problema di fondo è che nel nostro paese, basta guardare il bilancio dello Stato, l’investimento nel sistema giustizia è un vestimento inferiore a quello che consentirebbe un servizio attento e tempestivo.
Si dice che il ricorso in appello sia utilizzato molto spesso per fini dilatori. Ma molti non vogliono toccare questo diritto fondamentale nel nostro ordinamento. Come si può risolvere la situazione?
Io penso che il problema sia quello strutturale, di adeguare le norme processuali alla realtà attuale e agli strumenti di cui disponiamo, ma in maniera fisiologica. Io non sono mai stato un grande sostenitore dei riti speciali, perché il rito speciale è la confessione della poca funzionalità del rito ordinario. Quindi serve una riforma vera del sistema giudiziario, in cui vengano snelliti i procedimenti, vengano contingentati i tempi e ci sia quindi una efficienza della macchina nel complesso.
Il problema degli appelli, come i problemi dei ricorsi per cassazione, è un problema limitato. In Cassazione questo problema è stato molto contrastato, attraverso tutta una serie di filtri che sono stati posti sull’ammissibilità dei ricorsi, e filtri di questo genere si potrebbero applicare anche al secondo grado.
Però il punto è che se la giustizia funziona il numero degli appelli alla fine non attanaglia il sistema. Poi esistono sempre degli strumenti processuali che sono in grado di contrastare questo fenomeno, come la responsabilità aggravata per esercizio abusivo del diritto.
Il vecchio tema della seperazione della carriere fra giudice e pubblico ministero, di berlusconiana memoria, a che punto è?
Mi sembra che non ci siamo praticamente mossi. Ma secondo me non è un tema fondamentale: il problema è che coloro che svolgono la loro attività nel sistema di giustizia, dovrebbero concentrare le loro forze per ottenere dall’esterno le riforme che sono necessarie, più che fare discussioni di questo genere, che sono importanti ma non decisive.
Il problema della separazione delle funzioni è un problema rilevante, ma non è che si debbano fare delle battaglie di religione su queste cose. Le battaglie di religione si devono fare nei confronti di chi come legislatore deve accelerare la giustizia e renderla più giusta.
La magistratura è politicizzata?
Il problema va affrontato secondo me in altri termini, perché quando si parla in termini generali della politicizzazione della Giustizia, non si tiene conto di centinaia di giudici che fanno bene il proprio lavoro e di cui nessuno conosce il nome.
Certo che un certo tipo di “carrierismo” legato a questo problema esiste, questi tipi di fenomeni ci possono essere, però ripeto non vanno dimenticate le centinaia di giudici che tutti i giorni sono sulla loro poltrona, sono bravi, sono intelligenti e fanno per bene il loro dovere.
Quale è il sistema giuridico più efficiente nel mondo che dovrebbe essere preso a modello anche da noi?
Parliamo di sistemi totalmente diversi, così totalmente diversi che è difficile confrontarli. Gli americani e gli inglesi hanno un tipo di giustizia totalmente diversa dalla nostra.
La nostra è una giustizia più formale, più rituale, che ha un altro sistema di individuazione dei giudici, delle norme, della procedura. Viviamo in una società che ha regole diverse.
Io dico sempre che non è importante andare a vedere quali sono le “perfezioni” normative. Secondo me in questo momento bisogna dare efficienza al sistema, bisogna che il sistema sia efficiente per rispondere alle necessità dei cittadini che chiedono giustizia. Efficienza significa anche celerità, perchè per me il processo giusto è il processo veloce.
Facciamo il classico gioco della bacchetta magica, la prima cosa da risolvere?
Noi oggi abbiamo tutta una serie di misure e soluzioni tecnologiche e informatiche che potrebbero aiutare, ma i nostri codici non le contemplano. Abbiamo avuto tutta una serie di norme eccezionali per il Covid, ma anche queste non sono calate in un quadro normale, dove la norma del processo va avanti e la misura strumentale la segue di pari passo.
Improvvisamente abbiamo scoperto l’informatica per la giustizia, abbiamo pensato di portarlo avanti, ma non ci sono le norme processuali che ci stanno dietro. Qui ci vuole una riforma dei codici di procedura, molto semplificatoria, la semplificazione del processo è un elemento fondamentale.
Poi io sono anziano e ho imparato che ogni volta che vedo nella norma la parola “semplificazione”, sono sicuro di trovarci molte complicazioni.
Come si sceglie un buon avvocato?
E’ entrato in vigore in questi giorni il decreto sulla specializzazione degli avvocati, quindi ci sarà tutto un sistema, anche per gli avvocati, per individuare gli specialisti in base a determinati tipi di criteri, che sono criteri sia di studio che di prassi, molto selettivo. E gli avvocati specialisti hanno un obbligo di formazione continua, molto molto severo.
Questo per esempio consentirà di avere avvocati specializzati in determinate materie e questo certamente sarà un aiuto alla scelta.
Cosa chiederebbe con urgenza al Ministero della Giustizia?
Intanto l’adeguamento la copertura dei posti dei giudici e soprattutto della segreteria, che sono scoperti da molto tempo e minano la funzionalità. Secondo, che nel fare queste riforme del Codice di Procedura, che ormai sono indifferibili, ci si avvalga anche un po’ dell’esperienza degli avvocati che tutti i giorni sono in prima linea, e che qualche suggerimento possono dare.
Se dobbiamo fare una previsione da qui a 3 anni come potrebbe evolvere la situazione dell’Ordine degli avvocati?
Abbiamo dei nostri cavalli di battaglia, perchè riteniamo che gli ordini abbiano ancora la loro funzione. Io per esempio stavo per riuscire a costituire la scuola dell’avvocatura, per avere una casa di comune confronto dal punto di vista scientifico-didattico nei confronti dei tirocinanti, degli avvocati che devono fare formazione continua, degli specialisti.
Dobbiamo pensare che in Italia siamo 250.000 avvocati. Lei pensi che in Francia sono 25mila. La nostra proiezione, non è quella di regredire nel numero.
Lei mi ha chiesto come si fa a scegliere l’avvocato, io le chiedo come si fa a “qualificare” un avvocato? Noi dobbiamo lavorare per creare degli avvocati di qualità, che sappiano rispondere alle esigenze del pubblico e del cittadino. Chiunque va da un avvocato deve sapere che l’avvocato è in gradodi fare.
E dal punto di vista tecnico il professionista che vive la sua professione deve poterlo fare con libertà.
Il cittadino ha ancora dei motivi per fidarsi della giustizia?
La giustizia è un servizio ineliminabile. Diciamo che semmai avrei qualche motivo per diffidare della Giustizia. Secondo me bisogna far vedere al cittadino che la giustizia è efficiente, perchè abbiamo bisogno di efficienza, di accorciare i tempi, di avere più giudici preparati che riescano a dare sfogo alle esigenze di giustizia in tempi ragionevoli.
Ad esempio, oggi il giudice amministrativo, per una serie di ragioni che non stiamo a dettagliare, ha oggi una risposta più rapida rispetto ad altri settori della Giustizia. Questo è un fatto positivo, che va allargato ad altri aspetti.