Andiamo alla scoperta degli Undici Cesari, i mezzibusti dipinti da Tiziano Vecellio per Federico II Gonzaga e ispirati alle Vite dei Cesari di Svetonio.
Tiziano Vecellio, un breve excursus sull’autore
Prima di addentrarci nella descrizione e nell’analisi degli Undici Cesari, ripercorriamo brevemente l’attività artistica di Tiziano Vecellio.
Nato a Pieve di Cadore nel 1490, Tiziano domina la scena della pittura veneziana durante tutto il corso del Cinquecento, diventando fonte d’ispirazione anche per gli artisti europei dei secoli successivi.
Durante la formazione presso la bottega di Giovanni Bellini, viene a contatto con Giorgione, che diviene per il giovane Tiziano fonte d’ispirazione per quanto riguarda il realismo delle figure. Una volta apprese le più importanti lezioni sull’uso del colore e sull’apparato di forme cinquecentesche dal maestro, Tiziano carica le proprie opere di una nuova tensione drammatica, di un dinamismo senza precedenti e di grande forza e intensità tramite pennellate rapide e decise, tonalità più chiare e vive, e una serie di figure energiche e talvolta anche violente. Sono emblematici, da questo punto di vista, dipinti come Miracolo della donna ferita dal marito geloso o l’Assunzione della Vergine.
Col trascorrere del tempo, l’arte di Tiziano si evolve, in particolare nel momento in cui entra in contatto con la cultura centro-italiana: nei primi decenni del ‘500, l’artista fonde la tradizione del colorismo veneto con il plasticismo anatomico romano. Realizza così dipinti come Polittico Averoldi e la Sacra conversazione.
A partire dal 1524, Tiziano entra in contatto con Federico II Gonzaga, duca di Mantova, che gli permette di incontrare l’imperatore Carlo V e gli commissiona negli anni successivi le immagini a mezzobusto degli Undici Cesari, che ora andremo ad approfondire.
L’ispirazione degli Undici Cesari
I busti degli Undici Cesari sono ispirati al De Vita Caesarum, di Gaio Svetonio Tranquillo. Giunta a noi quasi del tutto intatta (salvo la dedica e le prime pagine della vita di Cesare), l’opera contiene le biografie in ordine cronologico dei primi dodici imperatori, a partire da Cesare fino a Domiziano.
Pubblicata poco prima del 122, il De Vita Caesarum comprende un totale di otto libri: i primi sei sono dedicati rispettivamente a Cesare, Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone; il settimo libro comprende le biografie di Galba, Otone e Vitello; l’ottavo quelle di Vespasiano, Tito e Domiziano.
La collezione degli Undici Cesari
Come già accennato poco sopra, nel 1536 a Tiziano Vecellio viene assegnato da Federico II Gonzaga il compito di dipingere dodici ritratti dei Cesari, da collocare in una stanza apposita del Palazzo Ducale di Mantova progettata da Giulio Romano e caratterizzata da un tipo di arredamento ispirato alla storia antica.
Tiziano dovette dunque trarre ispirazione dalle Vite dei Cesari di Svetonio per quanto concerne i soggetti, e dallo studio sui busti antichi per quel che riguarda lo stile artistico e la fisicità da dare ai suoi dipinti.
L’artista impiegò circa quattro anni per portare a termine il lavoro, e così i ritratti dei Cesari furono completati solo poco prima della morte del Duca di Mantova, avvenuta nel 1540.
Sorge ora una domanda: se il De Vita Caesarum di Svetonio comprende le biografie dei primi dodici imperatori romani, come mai la collezione del Palazzo Ducale di Mantova ne contiene solo undici? La risposta è presto detta.
Nonostante le dimensioni della sala di Giulio Romano consentissero perfettamente l’affissione di tre ritratti su ognuna delle quattro pareti, la presenza di una grande finestra sulla parete ovest della stanza fece sì che uno dei ritratti venisse escluso dallo schema decorativo. Il ritratto del dodicesimo imperatore, Domiziano, dunque, venne esposto altrove.
La serie di ritratti si snodava all’interno della stanza in senso orario, con Giulio Cesare posizionato sulla parete nord e Tito su quella volta a ovest.
I soggetti raffigurati da Tiziano erano rappresentati in pose classiche, con indosso armature scintillanti e abiti fluenti e drappeggiati, e con in mano armi quali spade e bastoni, volti a dare un senso di grandezza e imponenza alle immagini di quella dinastia di uomini illustri.
Per decorare ulteriormente la stanza, Giulio Romano aggiunse degli affreschi sul soffitto, delle nicchie volte a incorniciare gli undici ritratti di Tiziano, e tutta una serie di ulteriori dipinti sui pannelli di legno sottostanti che mettevano in scena diversi momenti della vita di ogni imperatore.
La collezione degli Undici Cesari di Tiziano fu venduta da Vincenzo II Gonzaga a Carlo I d’Inghilterra tra il 1627 e il 1628, ma venne successivamente messa all’asta sotto il Commonwealth inglese. Venduti per 1200 sterline all’ambasciatore spagnolo Alonso de Cárdenas, per conto di Don Luis Méndez de Haro, gli Undici Cesari vennero successivamente ceduti a Filippo IV di Spagna.
I ritratti di Tiziano furono esposti infine presso la Galería de Retratos dell’Alcazar Reale di Madrid, ma andarono disgraziatamente perduti nel rovinoso incendio che distrusse l’Alcázar nel 1734.
Gli Unidici Cesari di Tiziano furono d’ispirazione per Bernardino Campi, che ne fece una sua versione (con l’aggiunta di Domiziano) nel 1561 per Francesco Ferdinando d’Avalos, governatore di Milano.