La guerra civile spagnola e la sanguinosa ascesa di Francisco Franco

La guerra civile spagnola, 17 lug 1936 – 1 apr 1939, è stato uno dei confronti più sanguinosi del primo ‘900. Fu caratterizzato dallo scontro tra i gruppi monarchici, cattolici e in generale le coalizioni di destra e di estrema destra contro i partiti di sinistra, tra cui comunisti, socialisti, anarchici e repubblicani, ed ebbe una drammatica svolta con la sollevazione dell’esercito guidata dal Generale Francisco Franco.

Dopo anni di scontri sul territorio, con violenze da entrambe le parti, a cui parteciparono anche gli altri paesi europei, con supporti più o meno indiretti, la guerra si concluse con la vittoria del Generale Franco e l’istituzione di una dittatura, che sarebbe durata fino alla morte di quest’ultimo, nel 1975.

La società spagnola alla fine dell’Ottocento e nel primo Novecento

La società spagnola nel corso dell’800 e dei primi anni del ‘900 era dominata dalla monarchia, dalla Chiesa Cattolica e dai proprietari terrieri, che furono chiamate collettivamente “forze reazionarie”, che detenevano il controllo della società.

I latifondisti e i proprietari terrieri sfruttavano sistematicamente contadini e braccianti, i quali lavoravano in condizioni di grande fatica e miseria. I latifondisti imponevano il voto ai contadini, anche attraverso i caporioni, noti come “Caciques“, spesso a capo di bande armate che terrorizzavano le fattorie che non obbedivano agli ordini dei latifondisti.

Come risultato, la vita aveva un’aspettativa media di soli 35 anni, vi era il 65% di analfabetismo e una condizione diffusa di povertà assoluta. Ottenere giustizia nella società spagnola del primo Novecento era praticamente impossibile: tutte le strutture erano corrotte fino alle preture di villaggio, e gli unici due partiti, i conservatori e i liberali, eseguivano in realtà la stessa politica, sempre a favore del ceto dirigente monarchico e cattolico. La società spagnola risultava quindi completamente imbalsamata e ricca di ingiustizie sociali.

La prima guerra mondiale e la dittatura di Miguel Primo de Rivera

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la Spagna si pose in una condizione di sostanziale neutralità. Questo permise al paese di vivere una sorta di miracolo economico, basato sulla produzione di beni che venivano venduti a tutti gli altri paesi europei belligeranti. 

La popolazione aumentò, la ricchezza ebbe un rialzo come non si era mai visto negli ultimi decenni, e anche gli industriali, fino a quell’epoca praticamente inascoltati nella società spagnola, acquisirono notevole potere. 

Al termine della prima guerra mondiale, non era possibile ritornare alla condizione precedente: se da un lato i proprietari terrieri volevano mantenere il loro storico potere, gli industriali volevano entrare a far parte del ceto dirigente, così come i contadini e gli operai, che non volevano ritornare nelle condizioni di povertà assoluta. Anche i vertici dell’esercito erano scontenti, per via delle paghe troppo basse.

Nel 1917, il Governo guidato da Eduardo Pato Iradier, aumentò le paghe dei militari per riportare la pace. Così gli industriali, vedendo che i militari si erano riallineati e difendevano il governo, si avvicinarono ai proprietari terrieri e la politica spagnola si polarizzò in due fronti contrapposti: da un lato latifondisti, industriali, cattolici e partiti di destra e dall’altro la massa di braccianti e operai, rappresentati dai sindacati e dai partiti di sinistra.

La situazione era sempre più grave e il periodo dal 1918 al 1921 fu ricco di violenza. Gli operai, soprattutto nella regione dell’Andalusia e nella città di Barcellona, protestavano costantemente, anche con metodi violenti. Il Re Alfonso XIII, decise allora di autorizzare delle durissime repressioni nei confronti dei sindacati e degli anarchici. 

Miguel Primo de Rivera

La situazione venne poi confermata con la scelta, da parte del Re, di consegnare la dittatura al generale Miguel Primo de Rivera che soffocò con estrema durezza le rivolte dei partiti di sinistra e dei braccianti. 

In realtà, Primo de Rivera cercò anche di eseguire delle riforme per ammodernare la Spagna, ma non raggiungendo lo scopo perse gradualmente l’appoggio delle parti sociali che avevano garantito il suo potere e fu costretto a rassegnare le sue dimissioni alla fine del 1930.

La proclamazione della seconda Repubblica spagnola

Re Alfonso XIII decise di dare l’incarico ad un altro generale, Damaso Berenguer, con l’obiettivo di restaurare una monarchia costituzionale. Tuttavia, l’opposizione di repubblicani, comunisti e socialisti fu talmente forte che nelle elezioni del 1931 i partiti di sinistra ottennero una corposa vittoria. Il Re, vedendo le violenze che si propagavano per strada, decise di allontanarsi spontaneamente dalla Spagna. 

Venne così proclamata la Repubblica spagnola, guidata dal socialista Manuel Azaña.

Manuel Azaña, il leader della neo costituita repubblica spagnola

L’obiettivo del governo Azaña, noto anche come “Biennio Rosso”, era quello di laicizzare lo Stato, a partire dalla riforma della scuola, per diminuire il potere della cultura cattolica sulla società. Inoltre, era prevista una riforma agraria che aveva l’obiettivo di migliorare le condizioni dei braccianti.

Il governo non fu però sufficientemente efficace, e nel frattempo la coalizione di destra si riorganizzò. Venne infatti fondato il movimento cattolico di Josè Gil Robles,  che difese le istanze dell’aristocrazia Cattolica durante la Repubblica. Inoltre Antonio Primo de Rivera, figlio del dittatore Miguel, fondò la “Falange spagnola”, riunendo i nazionalisti e diversi intellettuali fascisti in un partito sempre più forte.

Nelle elezioni del 1933, i monarchici  e i cattolici ottennero una nuova vittoria elettorale, riportando i proprietari terrieri e gli industriali al potere. Iniziò quindi il cosiddetto “Biennio nero”, dove da un lato il governo di destra volle vendicarsi dei partiti di sinistra, dall’altro le forze di sinistra non accettavano il risultato elettorale e scendevano in strada per combattere. La situazione portò a ripetuti scontri particolarmente violenti, soprattutto con i minatori delle Asturie. Nel giro di due anni, si registrarono circa 3000 morti durante le violente contrapposizioni politiche.

La spinta dell’URSS, il Frente Popular e lo scoppio della guerra civile

L’Unione Sovietica, nell’agosto del 1935, tenne il Comintern, il più grande raduno e convegno dei principali partiti comunisti del mondo. Durante tale occasione venne proclamata la lotta al fascismo come priorità assoluta in tutta l’Europa. Anche i delegati spagnoli parteciparono alla riunione, e tornati in patria, si coalizzarono nel cosiddetto “Frente Popular” che riuniva comunisti, socialisti, repubblicani e anarchici in un solo gruppo politico con l’obiettivo di vincere nuovamente le elezioni.

Le elezioni del 1936 vennero vinte di misura dalla sinistra, e il nuovo governo venne affidato al socialista Largo Caballero.  Mentre tentava di riprendere le riforme interrotte qualche anno prima, il governo venne funestato da scontri sempre più violenti. Gli estremisti di destra continuavano a contestare il risultato elettorale e a creare tensione sociale, e per tutta risposta i gruppi armati di sinistra individuavano ed uccidevano i leader di destra.

Particolarmente significativa fu la fine di Antonio Primo de Rivera, che venne dapprima incarcerato e poi, con un processo sommario, condannato a morte per fucilazione, morendo ad Alicante. Inoltre, la violenza scoppiò irrefrenabile con l’omicidio di un altro politico di destra: Leopoldo Calvo Sotelo.

A questo punto, gli estremisti di destra, i proprietari terrieri e gli industriali ma anche i monarchici e i cattolici si unirono in maniera sempre più compatta. La situazione ebbe un drammatico momento di svolta quando l’esercito decise di intervenire nella lotta politica, con il cosiddetto “Pronunciamiento”.

In questo contesto, emerse la figura del generale Francisco Franco, che godeva della più ampia fiducia della maggior parte dei soldati. Assieme a lui, anche il generale Emilio Mola, considerata la mente strategica  del movimento di destra. 

Il Generale Francisco Franco

I soldati decisero di eseguire un golpe militare, partendo dal Marocco spagnolo ed in particolare dalla città di Melilla. La Repubblica venne colta quasi completamente di sorpresa, ma riuscì a mantenere la fedeltà della Marina e della Aviazione. Anche la popolazione combatté contro i golpisti, opponendosi alla Guardia Civil, in una disperata resistenza casa per casa.

All’indomani del golpe, i franchisti dominavano la zona centro settentrionale della Spagna, mentre la parte centro-meridionale era in mano alla Repubblica.

La partecipazione dei paesi europei: Italia e Germania con Franco, l’URSS con la Repubblica

Francisco Franco contattò immediatamente il Duce in Italia. Inizialmente, Mussolini non aveva intenzione di distrarre forze militari in Spagna. Tuttavia, il neo-eletto ministro degli Esteri, Galeazzo Ciano, riteneva che il supporto italiano in Spagna avrebbe aiutato a creare un paese fascista nell’Europa occidentale.

Così, Mussolini firmò l’autorizzazione alla fornitura di alcuni bombardieri italiani per supportare il Golpe di Francisco Franco. Inoltre, vennero reclutati 50.000 uomini, ufficialmente sotto forma di volontari, ma in realtà facenti parte dell’esercito regolare italiano.

Questo contingente si recò in Spagna per supportare l’azione dei franchisti.

Franco cercò di ottenere anche la collaborazione della Germania nazista di Adolf Hitler. L’appoggio di Hitler fu immediato ma più discreto rispetto a quello italiano: Hitler pensò che in questo modo le mire di Mussolini si sarebbero concentrate sull’Europa occidentale,  e il capo di stato italiano non avrebbe avuto mire espansionistiche nella regione del Danubio, fondamentale per la Germania. 

Così, Hitler autorizzò l’operazione “Incantesimo di fuoco” e costituì la legione Condor, un contingente di aviatori nazisti con l’obiettivo di aiutare Francisco Franco.

La Francia, guidata dal Socialista Leòn Blum, avrebbe voluto aiutare la Repubblica spagnola nella sua lotta contro l’insurrezione armata di Francisco Franco. Tuttavia, il paese si trovava in una situazione di debolezza militare e politica e aveva l’assoluto bisogno dell’appoggio della Gran Bretagna.

Blum si recò ripetutamente a Londra, ma la Gran Bretagna non voleva guastare i rapporti con la Germania e l’Italia. Inoltre, temeva la creazione di una repubblica Socialista in Europa occidentale. Per questo motivo, la Gran Bretagna fece capire che se la Francia fosse entrata in guerra in favore della Repubblica spagnola, e la Germania avesse attaccato la Francia, quest’ultima non avrebbe avuto aiuto militare.

Così, Blum potè solamente proporre un patto di non intervento a tutti i leader europei. Formalmente l’accordo venne firmato anche da Hitler e da Mussolini, ma non venne rispettato, in quanto i due paesi continuavano a fornire supporto militare a Franco.

L’unico paese che si impegnò veramente per sostenere la Repubblica spagnola fu l’Unione Sovietica. Impegnata nella sua lotta contro il fascismo in tutto il mondo, l’Unione Sovietica vedeva in Franco un acerrimo nemico. Vennero così costituite le cosiddette “Brigate internazionali”, dei corpi militari che raggiunsero la cifra di 40 mila soldati composti da sovietici, anarchici, socialisti e volontari da tutte le parti del mondo.

Un ulteriore aiuto alla Repubblica spagnola in guerra veniva dagli antifascisti italiani: coloro che si opponevano al regime di Benito Mussolini ritenevano che il loro aiuto alla Spagna sarebbe stata una sorta di prova generale per una lotta anche in Italia. Così, venne costituito il “Battaglione Garibaldi”, popolato da antifascisti che si unirono alla guerra civile spagnola.

La guerra civile in Spagna divenne quindi uno scontro tra fascismo e antifascismo su scala Europea, ma anche un vero e proprio banco di prova per le tecnologie belliche in vista della Seconda Guerra Mondiale.

L’evoluzione della guerra civile spagnola

La guerra civile spagnola ebbe un’evoluzione a favore di Francisco Franco: il motivo principale è che il fronte repubblicano era composto da diverse anime della sinistra. C’erano i separatisti Baschi e della Catalogna, i comunisti, i socialisti, gli anarchici e i liberali. Questa estrema frammentazione provocò una debolezza politica e militare nel fronte repubblicano, ed in particolare i comunisti e i socialisti, che desideravano comunque instaurare una repubblica, entrarono in contrasto con gli anarchici.

Questi ultimi volevano espropriare qualsiasi bene ed infrastruttura per collettivizzarla sotto la guida dei sindacati. Inoltre, gli anarchici si macchiarono di diverse violenze nei confronti della popolazione e in particolare contro tutto il clero: diversi preti e suore, anche di campagna, vennero brutalmente uccisi dalle azioni violente degli anarchici.

Così, si creò un’importante spaccatura all’interno del fronte repubblicano, tanto che Iosif Stalin entrò in contatto con Caballero, per esprimere la sua preoccupazione: la violenza degli anarchici stava alienando alla causa repubblicana vasti strati della popolazione.

Dall’altro lato, la coalizione guidata da Francisco Franco era molto più compatta. Franco si fece chiamare “Caudillo“, un termine che evocava il Duce in Italia e il Fuhrer in Germania. Venne nominato capo dello stato spagnolo guidato dalla giunta militare, e fu fortemente appoggiato dal partito della falange nazionalista, che riuniva la destra, i fascisti, l’aristocrazia ecclesiastica e la borghesia moderata.

In questo modo, il fronte nazionalista si presentò più compatto rispetto a chi difendeva la Repubblica.

Sotto l’aspetto puramente militare, Franco e i suoi soldati furono abili nell’isolare le forze repubblicane, molto spesso disorganizzate. Una prima svolta avvenne nell’agosto del 1936, con la presa della città di Badajoz, che permise di riunire le forze franchiste nel Ovest e nel Sud del paese.

Il bombardamento di Guernica

Il 26 aprile del 1937 venne toccato il momento più violento e basso di tutta la guerra civile in Spagna. La legione Condor nazista e l’aviazione legionaria fascista organizzarono un bombardamento contro la città di Guernica, nella Spagna settentrionale, dove erano riuniti i separatisti Baschi che combattevano in favore della Repubblica.

Ufficialmente, l’intervento militare doveva abbattere un ponte di pietra per isolare le forze repubblicane e il vento avrebbe trasportato le bombe sulla città. Tuttavia, al di là della propaganda nazifascista, il bombardamento di Guernica fu voluto dalle forze dei due paesi come test di natura militare. L’obiettivo era quello di provare l’efficacia di bombe convenzionali e non convenzionali in una situazione di reale attacco dal cielo.

Persino Hermann Goering, durante il processo di Norimberga, diversi decenni dopo, ammise che quella di Guernica fu una esercitazione per la Luftwaffe, l’aviazione nazista.

Guernica dopo il bombardamento

Così, il risultato fu devastante: inizialmente gli abitanti e i pastori di Guernica videro due aerei che eseguivano un ampio volo nel cielo. Si recarono diligentemente nei rifugi antiaerei, ma vedendo che il pericolo era superato, uscirono e ripresero la loro attività cittadina. Allora, si tenne l’attacco vero e proprio: le persone corsero impaurite di nuovo verso i rifugi, ma si resero conto che le bombe erano in grado di superare i muri di cemento. Così, scapparono terrorizzate verso le campagne, dove vennero raggiunte dagli aerei e dalle mitragliatrici degli aviatori italiani.

Il massacro di Guernica provocò un’enorme ondata di indignazione in tutto il mondo, e quell’orrore è ancora oggi ricordato dal dipinto di Pablo Picasso che porta l’omonimo nome.

Il dipinto di Pablo Picasso venne presentato all’esposizione internazionale di Parigi del 1937 e divenne il simbolo mondiale della guerra civile spagnola. Una tesi minoritaria sostiene che tale dipinto fosse stato in realtà realizzato per un’altra motivazione, in particolare per la commemorazione della morte di un torero. Pablo Picasso si sarebbe limitato a riutilizzare il quadro.

Guernica, il dipinto di Pablo Picasso dedicato all’orrore del bombardamento

Il bombardamento di Guernica ebbe comunque il risultato di rendere il mondo consapevole della gravità della guerra civile spagnola.

La fine della guerra civile e la vittoria di Francisco Franco

La guerra civile ebbe un avanzamento importante per le forze franchiste con lo sfondamento del fronte della Catalogna. Inoltre, con la presa della città di Barcellona, il 26 gennaio del 1939, i franchisti avevano conquistato quasi tutta la Spagna.

Iniziarono allora delle trattative per l’entrata e la conquista della capitale Madrid. Il 28 marzo del 1939, senza ulteriori scontri armati, Francisco Franco entrò a Madrid, ponendo fine alla guerra civile.

Con la presa della capitale, i fascisti e i nazisti lasciarono il paese, consapevoli di aver dato un contributo fondamentale alla vittoria del dittatore Franco. Lasciarono la Spagna anche le brigate internazionali, tra la commozione della popolazione grata a quei soldati per averli aiutati a combattere il Golpe militare.

Sul campo erano morte 400.000 persone, e vi erano 240mila sfollati e 10 mila feriti. La maggior parte di essi emigrò verso la Francia, dove vennero accolti come profughi di guerra.

Francisco Franco ottenne il completo controllo della Spagna. Il 1 aprile del 1939, Radio Burgos, che diramava regolarmente i bollettini di guerra proclamò: “Oggi, dopo aver fatto prigioniero l’esercito rosso e averlo disarmato, le truppe hanno raggiunto i loro obiettivi militari. La guerra è terminata”.