A cura di: Denis Van Berchem, Professore di latino e storia dell’antichità presso l’Università di Losanna
Traduzione e adattamento di: Leonardo Conti
Il III secolo d.C. rappresentò per l’Impero Romano un periodo di grande instabilità politica, economica e sociale. Non a caso gli storici definiscono spesso questo periodo come il il “secolo della crisi”. Le avvisaglie di questo turbamento profondo si possono già vedere a partire dalla fine del II secolo, quando l’impero fu caratterizzato da un susseguirsi di conflitti interni, invasioni esterne e instabilità economica, che misero a dura prova le capacità amministrative e militari dell’intero mondo romano.
In un contesto in cui l’autorità imperiale era sempre più legata alla forza militare, avvenne l’ascesa al potere di Caracalla, figlio di Settimio Severo e di Giulia Domna. Era il 211.
Il rilancio della figura dell’imperatore, il cui potere era rafforzato attraverso la centralizzazione amministrativa e il sostegno dell’esercito, denotò tutto il periodo in cui regnò la sua dinastia: i Severi. Tuttavia la tendenza a un approccio autocratico e assolutistico del governo, portò a una crescente alienazione dell’aristocrazia senatoria e delle grandi famiglie romane.
Caracalla e la sua propaganda
In questo contesto mosse i primi passi Caracalla. Nato nel 188 con il nome di Lucio Settimio Bassiano e successivamente ribattezzato Marco Aurelio Antonino. La sua figura è nota per il suo temperamento ambizioso e per le politiche controverse adottate durante il suo regno (211-217 d.C.).
Cassio Dione e Erodiano, storici antichi di riferimento del periodo, lo ritraggono in termini negativi, evidenziando la sua crudeltà e il suo carattere dispotico. Tuttavia, Caracalla si dimostrò un abile stratega politico, capace di cogliere le esigenze di un impero in profonda trasformazione.
Una delle sue decisioni più significative fu l’emanazione della Constitutio Antoniniana nel 212 d.C., un editto che estendeva la cittadinanza romana a quasi tutti gli abitanti liberi dell’impero. Sebbene motivata in parte dalla necessità di avere più introiti dalle tasse, la misura ebbe anche l’effetto di rafforzare il senso di unità e appartenenza all’interno di un impero sempre più etnicamente variegato.
Roma aveva bisogno, oltre che di denaro, anche di soldati. Il periodo in cui regnò Caracalla fu segnato da una serie di conflitti militari provocati sostanzialmente da minacce esterne. A Nord i Germani continuavano a premere lungo il Reno, mentre a Oriente i Parti costituivano una costante e temibile minaccia.
Il viaggio di Caracalla in Oriente
In questo contesto, il viaggio intrapreso da Caracalla nel 214-215 d.C. verso Oriente deve essere interpretato non solo come una necessità amministrativa e militare, ma anche come una dimostrazione di forza e presenza imperiale. Durante il suo percorso, l’imperatore rafforzò i legami con le province orientali, e tentò anche di risolvere questioni logistiche e amministrative legate alla gestione dell’esercito e del territorio.
Caracalla intuì che un aspetto cruciale del suo governo doveva essere il modo di mostrarsi ai suoi sudditi. L’imperatore si presentava come un nuovo Alessandro Magno, adottando strategie militari ispirate al grande condottiero macedone e anche uno stile di governo che mirava a unificare il mondo romano e quello greco-orientale. Durante il suo viaggio in Oriente, compì numerosi gesti simbolici, come visite a templi e monumenti che erano considerati importanti nelle province orientali.
Favorì inoltre la costruzione di infrastrutture, come strade e stazioni di posta; opera, questa, dalla doppia funzione. Se da un lato, infatti, garantiva il movimento delle truppe e il controllo del territorio, dall’altro era un elemento tangibile della potenza e della capacità dell’impero di governare bene.
Uno dei documenti più significativi per lo studio della logistica e delle infrastrutture dell’Impero Romano di questo periodo è l’Itinerarium Antonini.
Si tratta di una sorta di guida stradale per viaggiatori e amministratori imperiali, rappresentando una raccolta di percorsi e stazioni di posta (mansiones) disseminate lungo le principali vie dell’impero. Il suo ruolo, ai nostri occhi, va ben oltre la semplice funzione pratica: è una fonte preziosissima per ricostruire il modo di viaggiare e gli itinerari al tempo, sia delle persone comuni sia dei personaggi importanti, come appunto il già ricordato viaggio di Caracalla in Oriente (214-215 d.C.).
Il documento, giuntoci in redazioni tarde, è frammentario e a tratti contraddittorio, creando non poche difficoltà agli studiosi; ciononostante riesce a dare un quadro generale della rete stradale romana, ma anche dei centri amministrativi e militari romani, da cui partirono le campagne belliche di questo periodo.
Nella sua parte centrale, l’Itinerarium sembra essere strettamente legato al viaggio di Caracalla. Come osservato dagli studiosi, è probabile che questa sezione sia stata redatta sulla base di un editto pubblicato prima della partenza dell’imperatore da Roma, che delineava le tappe principali del suo percorso attraverso i Balcani fino all’Egitto, passando per la Grecia, l’Anatolia e la Palestina.
Questa ipotesi è avvalorata dalle discrepanze tra il tracciato riportato nel testo e i resoconti storici successivi, che sembrano riflettere modifiche apportate al piano iniziale a causa di eventi imprevisti.
Una delle funzioni principali del documento era quella di informare le autorità locali delle tappe previste, facilitando così l’organizzazione della logistica necessaria, come il rifornimento delle truppe, la manutenzione delle strade e l’allestimento delle mansiones per il soggiorno dell’imperatore e del suo seguito.
Il viaggio di Caracalla in Oriente è uno degli esempi più evidenti dell’utilizzo dell’Itinerarium Antonini come strumento amministrativo. Tra le tappe principali menzionate figurano grandi città come Nicomedia, Antiochia e Alessandria. Si trattava di centri amministrativi e culturali e di basi strategiche per le operazioni militari e la gestione delle province orientali.
Il documento fornisce indizi sul concetto di “stazioni prolungate” (stativae), luoghi dove l’imperatore poteva fermarsi per periodi prolungati al fine di gestire gli affari amministrativi e organizzare le truppe. Ad esempio, le soste a Nicomedia e Antiochia consentirono a Caracalla di rafforzare il controllo su regioni strategiche e di prepararsi per eventuali campagne militari contro i Parti.
Come già ricordato, uno degli aspetti più interessanti riguarda le discrepanze tra l’Itinerarium e le altre fonti storiche di riferimento per il periodo. L’imperatore dovette cambiare alcune volte programma: esempi significativi sono la deviazione per una breve campagna in Dacia (l’attuale Romania), e il ritorno anticipato da Alessandria verso Antiochia. Queste modifiche al tracciato previsto, sottolineano l’adattabilità del potere imperiale alle contingenze politiche e militari.
Inoltre, le iscrizioni ritrovate a Efeso e in altre città del percorso confermano il passaggio dell’imperatore e il coinvolgimento delle autorità locali nell’organizzazione del viaggio. Questi documenti epigrafici offrono dettagli preziosi sui compiti assegnati agli ufficiali locali e sulle risorse mobilitate per supportare il corteo imperiale.
Non va sottovalutato, oltre alla sua funzione pratica, il ruolo propagandistico che doveva svolgere l’Itinerarium Antonini. La pianificazione e la pubblicazione del viaggio enfatizzavano la presenza dell’imperatore nelle province, rafforzando il legame tra il centro dell’impero e la periferia.
I gesti simbolici, come la visita a templi e monumenti locali, erano funzionali alla politica di Caracalla, che cercava di consolidare il consenso e a proiettare l’immagine di un sovrano vicino ai suoi sudditi in un momento di crisi.
Lungo il percorso toccato dall’imperatore venivano poi eseguiti importanti lavori di manutenzione e costruzione per quanto riguarda le infrastrutture destinate ad ospitare l’imperatore e il suo seguito: tale aspetto rappresentava anche un segno tangibile della benevolenza imperiale con un importante rilancio dell’economia locale.
Partito da Roma nel 214, Caracalla attraversò le regioni dei Balcani e l’Asia Minore, dove incontrò le autorità civili e religiose locali, visitando importanti città come Efeso e Nicomedia. Proseguì alla volta dell’Egitto la tappa finale nelle sue previsioni. Significativa fu in particolare la visita ad Alessandria d’Egitto dove ebbe modo di entrare nel grande tempio di Serapide. Durante il suo soggiorno, però, l’entusiasmo della popolazione si trasformò in tensione e infine in una rivolta.
Caracalla rispose con una dura repressione e, probabilmente, fu un ulteriore impulso per un repentino cambio di programma. Anziché effettuare il lungo viaggio nella Valle del Nilo, come previsto, le fonti attestano che l’Imperatore decise di tornare ad Antiochia, allora la più grande città dell’oriente romano, anche viste le crescenti difficoltà militari causate in Armenia.
Ma la sua ambizione era certamente un’altra: la conquista dell’impero dei Parti, che stava affrontando in quel periodo una grave crisi. L’Itinerarium testimonia il suo grande impegno nel consolidare il potere e perseguire questo obiettivo che avrebbe certamente cambiato la storia.
Caracalla non vi riuscì, nel 217 fu assassinato, vanificando così tutti i suoi grandiosi progetti.