I sette colli di Roma: la storia millenaria di ogni colle dell’Urbe

Di Leonardo Conti

Se pensiamo a Roma probabilmente la prima cosa che viene in mente sono i suoi sette colli.

La città eterna, pur oggi ingrandita a dismisura in estensione e popolazione, è sempre virtualmente racchiusa nello spazio sacrale dei suoi colli.

La scelta del luogo, sebbene caratterizzato da sette alture, non è, ovviamente, casuale. Posizioni elevate garantiscono una difesa migliore contro i nemici. E poi abbiamo il fiume Tevere, che garantisce scorte idriche, ma le cui sponde paludose rendono l’aria insalubre. Una ragione in più per costruire in alto le proprie case.

Al tempo stesso, occupare e presidiare un luogo dove un guado rende agevole l’attraversamento di un corso d’acqua abbastanza ampio, peraltro al confine fra il territorio di due popoli italici, etruschi e latini, deve essere stato molto vantaggioso, sul piano commerciale, fin dalla preistoria.

Ma questa è una spiegazione che abbiamo maturato in epoca moderna, con gli scavi archeologici; per gli antichi la storia si mescolava alla leggenda. Ed ecco che i sette colli assumono un carattere mitologico: il Palatino, il colle dove Romolo fece il primo solco con l’aratro, ideale seminatore della grandezza futura della sua città; l’Aventino, dove suo fratello Remo avrebbe voluto fondare il suo regno; il Campidoglio, sede del tempio più grandioso e splendido di tutta la città e ancora oggi sede della sua amministrazione.

Un continuum fra mito, storia e attualità che rende unica e splendida questa città nata dall’unione dei suoi sette colli.

Il mito e la storia della fondazione

L’inizio di tutto è ammantato di una leggenda fin troppo nota: due neonati gemelli, Romolo e Remo, figli del dio Marte e della vergine vestale di stirpe regale Rea Silvia, vengono abbandonati dentro una cesta lasciata alla deriva nel fiume che si arena nell’area dell’attuale Palatino.

Lì, in una grotta, una lupa allatterà i due bambini, prima che vengano trovati da un contadino del posto, Faustolo, e portati a casa per essere accuditi dalla moglie Acca Larenzia.

Dopo una lunga lotta di emancipazione, i due gemelli vogliono fondare una loro città e si rivolgono agli auguri etruschi, universalmente esperti in questa arte. Gli dèi danno un responso positivo per Romolo, che sceglie il Palatino, vale a dire il luogo dove, anni prima, la lupa li aveva salvati: il Lupercale.

La nuova città si sarebbe chiamata ROMA. I suoi confini, che presto sarebbero stati recintati con delle mura, vengono tracciati con l’aratro. Remo, nel frattempo, si sente escluso dal fratello. Se fosse stato per lui, la città si sarebbe costruita sull’Aventino, e si sarebbe chiamata REMORIA.

Ma il privilegiato dal responso divino era Romolo, non lui. Così, “invade” il circuito tracciato sulla terra dal fratello, che è un solco sacro, un limite inviolabile, soprattutto se armati. Questo limite invisibile diverrà più tardi il pomoerium e nessuna persona in armi, neanche i consoli con le loro guardie del corpo, avrebbe potuto attraversarlo. Romolo è così costretto a uccidere il suo gemello, rimanendo l’unico padrone di Roma e del suo allora piccolo territorio.

Abbiamo accennato agli Etruschi, il popolo vicino, che inizialmente favorirà la nascita e il progredire del nuovo stato. Questa popolazione era allora la principale potenza dell’Italia centrale. Le splendide città dell’Etruria furono prese a modello per la nuova realtà; gli stessi artisti che decoravano i loro templi e palazzi, come vedremo, lavorarono ai monumenti che stavano sorgendo a Roma mano a mano che progrediva e si ingrandiva.

I romani vennero influenzati dagli etruschi sul piano culturale, religioso ma soprattutto politico, tanto che appartenevano proprio a questo popolo gli ultimi tre re di Roma.

La ribellione all’ultimo di essi, Tarquinio il Superbo, portò a un drastico cambiamento nel nuovo stato: nel 509 a.C. nacque la repubblica romana, che conquisterà la stessa Etruria e costruirà le basi della potenza che tutti conosciamo.

Nonostante tutto, l’influenza degli Etruschi sopravviverà nei secoli, fin quasi al Medioevo.

Il Palatino, l’origine di tutto

Già gli antichi avevano la percezione che questa altura fosse abitata ben prima della fondazione della città. Virgilio, ad esempio, vi pone la città di Evandro, mitico re dell’Arcadia immigrato con il suo popolo nella nostra penisola. Anni dopo, come abbiamo visto, il Palatino fu il luogo in cui furono trovati Romolo e Remo.

Il fatto che questo luogo fosse abitato già in epoca pre-romana è provato dagli scavi condotti nel secondo dopoguerra: sono state ritrovate le buche di fondazione dei pali di antiche capanne e altri oggetti di uso comune risalenti al X secolo a.C. (età del ferro).

Un eccezionale ritrovamento di quasi dieci anni fa, su cui va fatta ancora piena luce, ha individuato una grotta ricoperta da mosaici e decorazioni a conchiglia, che potrebbe essere il Lupercale, la grotta in cui, secondo il mito, i gemelli furono allattati dalla lupa.

È qui il primo nucleo della città, detta Roma Quadrata, per la forma della sua primissima cinta muraria, e, proprio su questo colle sorgeva un altro importante santuario: la casa Romuli, la sua residenza trasformata in santuario.

Importanti templi sorsero in epoca repubblicana sulla cima del Palatino: ricordiamo il tempio della Magna Mater, con al suo interno il celebre Lapis Niger, e quello di Apollo.

Con il Principato, Ottaviano Augusto volle dare un ulteriore carattere sacrale a questo colle, costruendovi la sua casa, la Domus Augustana, in modo da diffondere il messaggio che lui stesso fosse il nuovo Romolo, come se la città venisse rifondata con lui dopo il terribile periodo delle guerre civili.

Anche molti suoi successori scelsero di abitare qui, costruendovi grandiosi palazzi, come la celebre Domus Aurea, la Domus Flavia, finanche alla Domus Severiana. Le rovine di queste imponenti costruzioni impreziosiscono la sommità e le pendici del colle e rendono soltanto l’idea del loro splendore originario.

Aventino, il colle della plebe

Potremmo definire questo colle come quello della plebe, ma anche quello della ribellione di questa classe sociale contro il potere, prima del re, poi dei patrizi.

Innanzitutto fu il luogo dove Remo avrebbe voluto porre la sua città, in contrapposizione al fratello. Al di là degli episodi leggendari, fu teatro di eventi storici importanti: nel 456 a.C. la plebe, richiedendo una partecipazione più attiva nel governo di Roma, vi si accampò ad oltranza. Più tardi, nel 121 a.C., vi si rifugiò Tiberio Gracco, cercando invano di sfuggire ai patrizi che volevano farlo tacere per sempre.

Gli echi di questi eventi diventarono addirittura proverbiali: nel 1924 i deputati oppositori al fascismo uscirono dal parlamento e decretarono, appunto, la secessione dell’Aventino, anche se il palazzo di Montecitorio è da tutt’altra parte!

In questo luogo sorsero in antichità alcuni templi molto famosi, in primis il tempio di Cerere (493 a.C.) e il tempio di Giunone Regina (392 a.C.), che ospitava la statua di culto proveniente dalla città etrusca di Veio.

Anche nel Medioevo fu un’area importante: le Basiliche di Santa Sabina e di Santa Prisca (IV-V secolo), oltre che un grande fortilizio edificato dalla potente famiglia dei Savelli, ne sono un esempio.

In tempi più recenti, sull’Aventino si aprirono grandi aree verdi. Proprio al posto dello scomparso fortilizio dei Savelli, nel 1932 si impiantò il magnifico Giardino degli Aranci, un grande e splendido parco progettato dall’architetto Raffaele de Vico.

Il Campidoglio, la sede del potere

Questa altura, relativamente piccola rispetto alle altre, era il vero cuore politico e religioso della città, posto in una posizione dominante sul Foro Romano.

Sulla sua cima, sorgeva imponente il tempio di Giove Ottimo Massimo, il più grande edificio sacro di Roma. Anche se, purtroppo, ne è rimasto ben poco, i dati archeologici ci dicono che doveva essere veramente enorme. La sua costruzione cominciò in epoca regia (VI secolo a.C.), sotto il re etrusco Tarquinio Prisco, che chiamò a decorarlo il famoso artista Vulca, direttamente da Veio. In particolare la statua della quadriga di Giove, posta sul tetto, doveva essere davvero splendida.

La costruzione richiese anni, tanto che quando fu inaugurato (nel 509 a.C.) era già nata la repubblica. Ricostruito più volte nel corso dei secoli, era veramente meraviglioso e probabilmente poteva essere ammirato da qualsiasi angolo, anche lontano, della città.

Oltre alla funzione sacrale del luogo, vi era quella politica e amministrativa. Innanzitutto i cortei trionfali, che celebravano le vittorie dei generali, terminavano proprio qui, seguendo il percorso della Via Sacra, e inoltre era la sede di importanti edifici amministrativi e giudiziari: ad esempio il Tabularium, l’archivio di stato di allora, e il tempio di Giunone Moneta, la prima dove si coniavano le monete romane.

Con la caduta dell’impero romano, il Campidoglio non perse la sua importanza: nel Medioevo fu sede dell’amministrazione cittadina e anche triste teatro per le esecuzioni capitali.

Il magnifico assetto odierno fu merito della sistemazione cinquecentesca voluta da papa Paolo III su disegno di Michelangelo, che progettò la splendida piazza, con al centro la statua bronzea di Marco Aurelio.

Ancora oggi il colle è il vero cuore amministrativo della città eterna, essendo la sede principale del Comune di Roma.

Quirinale, il colle dei Sabini

In questa zona i ritrovamenti archeologici attestano la presenza umana fin dall’età del ferro. Le fonti antiche ci parlano di un insediamento di Sabini già nei primissimi anni di vita di Roma, con la residenza del loro re, Tito Tazio, associato al trono con Romolo.

Proprio a questa popolazione italica si deve il nome di questo colle: il dio principale dei Sabini era infatti Quirino, che qui aveva un antichissimo santuario, e con il quale fu poi identificato proprio Romolo, una volta divinizzato.

In epoca repubblicana e imperiale vi era un quartiere residenziale, caratterizzato da grandi ville dotate di splendidi giardini. Le fonti ci parlano delle ville di Attico (amico e collega di Cicerone), della famiglia imperiale dei Flavi e dello storico Sallustio, i cui giardini (i celebri Horti Sallustiani) erano rinomati per la loro sontuosità.

Quest’ultima in età imperiale divenne la residenza privata di vari sovrani (Vespasiano, Nerva, Adriano). Anche il poeta Marziale vi abitò: dai suoi epigrammi traspare un ritratto di una vivace, ma anche caotica, vita del quartiere.

Oggi il Quirinale è sede della Presidenza della Repubblica. L’omonimo palazzo, adiacente a quello della Corte Costituzionale, è stato sede dei Papi dal XVI secolo al 1870 e poi residenza ufficiale dei re d’Italia e custodisce tesori d’arte di inestimabile valore.

Viminale, il colle più popolare

Il meno esteso dei sette colli deve il suo nome alle piante di vimini, da cui si ricavano ancora oggi le ceste, che vi crescevano in abbondanza.

In epoca repubblicana era un quartiere popolare, abitato da gente umile e privo di monumenti di rilievo.

In epoca tardo-imperiale, Diocleziano vi costruì le sue terme, un grandioso complesso che occupava anche il vicino Esquilino. L’edificio era talmente vasto che nel 1561 papa Pio IV incaricò Michelangelo di trasformare il solo tepidarium delle terme in una chiesa: è la basilica di Santa Maria degli Angeli.

Su questo colle oggi sorge il palazzo del Ministero degli Interni, progettato dall’architetto Massimo Manfredi e inaugurato nel 1923.

Esquilino, il primo sobborgo di Roma

Nella prima età regia costituiva un sobborgo del primo nucleo di Roma (la Roma Quadrata, sul Palatino) che poi fu incluso nella città con la costruzione delle mura Serviane (VI secolo a.C.).

Per tutta l’età repubblicana fu un quartiere popolare, abitato da gente comune. La svolta si ebbe in età augustea, quando Mecenate acquistò dei terreni nella zona e vi costruì una magnifica villa dotata di grandi e splendidi giardini.

Anche il cosiddetto “tempio di Minerva dei Medici” altro non è che una gigantesca sala conviviale, o forse un’esedra di una villa di età imperiale. L’area fu in parte occupata dalla grande Domus Aurea, il magnifico palazzo di Nerone in parte distrutto e in parte interrato dai suoi successori: i Flavi.

Le fonti e i resti che ci sono rimasti ci parlano di una zona con grandi terme monumentali, come le già ricordate terme di Diocleziano e quelle più antiche di Tito. È anche attestato il tempio di Iside, il primo tempio di Roma dedicato a questa divinità egizia.

Gran parte di questi edifici sono scomparsi negli anni o inglobati in costruzioni medievali e rinascimentali, spesso edifici di culto, come la basilica di Santa Maria Maggiore o la chiesa di San Pietro in Vincoli.

Celio, il colle degli affreschi

Secondo la leggenda, il re Tullo Ostilio, dopo aver distrutto Alba Longa, deportò qui gli abitanti di questa città. Ovviamente non abbiamo la certezza che sia andata veramente così, ma sappiamo che anche questa zona era un sobborgo della città, con edifici poveri e popolari, intervallati da tombe anche importanti (su tutti il monumentale Sepolcro degli Scipioni).

Anche in epoca imperiale la situazione non dovette cambiare di molto, ma ci dovevano essere anche dimore di un certo livello.

Nell’Ottocento sono venuti alla luce degli splendidi ambienti affrescati riconducibili a una domus del III secolo, nata dal riadattamento di una grande insula, una specie di palazzone di edilizia popolare. La vicina chiesa dei Santi Giovanni e Paolo ha inglobato la struttura del grande tempio del Divo Claudio, edificato da Nerone in onore del suo predecessore divinizzato.

Il Celio è sede di un importante chiesa cristiana: vi sorge la splendida Basilica di San Giovanni in Laterano, affiancata dal palazzo che fu la più antica residenza papale.

Da menzionare anche il grande ospedale militare, costruito alla fine dell’Ottocento.

Il ruolo dei sette colli nella Roma Imperiale

Lo storico Svetonio ci narra che Augusto si vantava di aver ereditato una città di mattoni e di averla restituita ai romani in marmo.

Non era affatto esagerato, poiché Augusto e i suoi successori furono promotori di una grande opera di monumentalizzazione di Roma. In effetti, se ci pensiamo bene, la maggior parte dei resti di Roma sopravvissuti fino a noi risale proprio al periodo imperiale.

Il grande rinnovamento edilizio di questo periodo interessò indiscriminatamente tutta la città, ma alcune aree furono cambiate più radicalmente di altre. Abbiamo ricordato i grandi palazzi imperiali, e possiamo aggiungere le grandi opere pubbliche, i teatri, gli anfiteatri e gli acquedotti, che rispondevano alle esigenze di una città sempre più grande e popolata, oltre che a un potere, quello del princeps, sempre più vasto e assoluto.

Statue, monumenti, piazze, anfiteatri e templi fastosi cominciarono a fiorire in tutta la città, anche fuori della cerchia muraria di allora: in particolare nella zona dell’attuale Vaticano (con il circo di Nerone) e di Castel Sant’Angelo (Mausoleo Adriano).

La bellezza di Roma raggiunse il suo apice con Traiano e poi con la dinastia dei Severi, andando scemando lentamente. I sintomi di una crisi evidente si ebbero con Aureliano, che costruì delle possenti mura (270), segno che la situazione italiana non era così sicura, e il tracollo si ebbe già con Costantino, che spostò la capitale dell’Impero a Costantinopoli. Di lì a poco, il sacco dei visigoti di Alarico (410) rese manifesto il declino della città eterna.

Il Medioevo fu un’età di grande crisi per Roma, con i monumenti abbandonati e depredati, i marmi cotti per fare calce, e una popolazione ridotta a poche decine di migliaia di abitanti, per la maggior parte raccolti attorno al Vaticano e alle mura Leonine che lo difendevano. Lo stesso Foro Romano diventò un pascolo per il bestiame e sarebbe restato tale per secoli.

I sette colli oggi

Pur ingrandita in estensione e popolazione, la Roma di oggi non dimentica di essere stata fondata su sette colli. Alcuni di essi sono parte integrante dei rioni e dei quartieri odierni, altri costituiscono ancora dei quartieri a sé (l’Esquilino ad esempio).

Certamente il centro di Roma ha subìto molte modifiche nel corso dei secoli, non ultimi i cambiamenti avvenuti con la proclamazione a capitale d’Italia e soprattutto gli stravolgimenti avvenuti durante il fascismo.

Si ricordi a questo proposito il definitivo sbancamento della Velia, un piccolo rilievo posto fra Palatino ed Esquilino, già in parte spianata sotto Nerone. È ovvio che ogni centro abitato, con il passare degli anni, ha esigenze differenti e ad esse deve rispondere.

Tuttavia, la memoria dei sette colli rimane ancora viva. Ancora oggi, ad esempio, non diciamo “Palazzo del presidente della repubblica”, ma “Quirinale”, lo stesso vale per “Comune di Roma”, che semplifichiamo in “Campidoglio”. Segno, questo, che il ricordo di quei tempi antichi, anche se i secoli hanno reso irriconoscibili quei luoghi, è ancora vivo e in perfetta salute.

E rimaniamo stupiti che uomini vissuti duemila anni fa, con i limitati mezzi disponibili allora, abbiano potuto fare tutto questo.