La seconda battaglia di Nola (215 a.C). Annibale si arrende a Marcello

La seconda battaglia di Nola (215 a.C) è uno degli eventi chiave della seconda guerra punica, durante la quale Roma e Cartagine si fronteggiarono per il controllo del Mediterraneo.

L’episodio ebbe luogo nel 215 a.C., quando il comandante cartaginese Annibale, dopo aver conseguito significativi successi politici e militari in Italia, cercò di conquistare la città campana di Nola, presidiata dal console romano Marco Claudio Marcello. La battaglia culminò con un trionfo dei Romani, che ostacolò ulteriori tentativi di espansione da parte di Annibale nella regione.

Il contesto storico

Nel 216 a.C., Annibale inflisse una disfatta devastante ai Romani nella battaglia di Canne, nella quale persero la vita circa 50.000 soldati romani, incluso il console Lucio Emilio Paolo e numerosi altri magistrati e senatori. Questo trionfo ebbe rilevanti ripercussioni politiche e strategiche per Annibale, che riuscì a persuadere molti popoli italici ad abbandonare l’alleanza con Roma e ad unirsi alla sua causa.

Tra i più notevoli vi furono i Campani, gli Atellani, i Calatini, parte dell’Apulia, i Sanniti (eccetto i Pentri), i Bruzi, i Lucani, gli Uzentini, il litorale greco, i Tarentini, Metaponto, Crotone, Locri e i Galli cisalpini.

Inoltre, Annibale riuscì a conquistare Capua, la seconda città più importante della penisola dopo Roma, dove stabilì il suo quartier generale.

Tuttavia, non tutti i centri italici cedettero al dominio di Annibale. Alcuni opposero una ferma resistenza all’assedio cartaginese, come Casilinum e Nola. Quest’ultima, di origine osca, occupava una posizione strategica tra Capua e Napoli.

Annibale aveva già tentato di conquistarla nel 216 a.C., ma l’arrivo dell’esercito del console Marco Claudio Marcello aveva rovinato i suoi piani. Marcello era un generale esperto e coraggioso, che aveva già sconfitto i Galli Insubri nel 222 a.C. e si guadagnò l’appellativo di “spada di Roma”.

Dopo aver salvato Nola dall’assedio cartaginese, Marcello compì incursioni nel territorio dei Campani e dei Sanniti Caudini, provocando il malcontento di questi popoli e spingendoli a richiedere aiuto ad Annibale.

La seconda battaglia di Nola

Nel 215 a.C., Marco Claudio Marcello venne riconfermato console per il terzo anno consecutivo e gli fu assegnato l’incarico di difendere la città di Nola.

Il suo collega Quinto Fabio Massimo Verrucoso, noto come “il Temporeggiatore” per la sua tattica prudente nei confronti di Annibale, guidò il suo esercito a occupare le città di Combulteria, Trebula e Austicula, passate sotto il controllo dei Cartaginesi.

A Nola, la situazione era tesa: il Senato propendeva per l’alleanza con Roma, mentre la cittadinanza era dalla parte dei Cartaginesi e desiderava consegnare la città ad Annibale. Marcello dovette quindi mantenere l’ordine interno e prepararsi per l’attacco esterno.

Annibale giunse rapidamente con il suo esercito. Aveva promesso aiuto e sostegno agli Irpini e ai Sanniti Caudini, i quali lo sollecitavano a liberarli dalle scorrerie romane. Inoltre, sperava di ottenere la resa di Nola tramite la mediazione dei suoi alleati locali.

Infatti, due senatori nolani, Erenio Basso ed Erio Pezzo, furono convocati da Annone, uno dei luogotenenti di Annibale, per discutere della resa di Nola. Tuttavia, i due senatori risposero che i vincoli di amicizia con i Romani li avrebbero spinti a difendere la città fino all’ultimo.

Annibale decise allora di circondare Nola con una schiera di soldati, nell’auspicio di intimorire i difensori e fomentare una rivolta interna.

Marcello, tuttavia, non si fece impressionare e ordinò ai suoi soldati di rifugiarsi all’interno delle mura, mentre consentì ai senatori di osservare i movimenti del nemico dalla sicurezza delle difese cittadine. Sfruttando un momento di distrazione dei Cartaginesi, lanciò un attacco improvviso e furioso, che mise in difficoltà le truppe di Annibale.

La contesa si svolse con alti e bassi, finché una pioggia torrenziale non interruppe lo scontro, senza arrecare perdite ai Romani.

Annibale non si arrese e inviò alcuni soldati a razziare il territorio circostante, nel tentativo di attirare Marcello fuori dalle mura. Il console romano accettò la sfida e si avventurò in campo aperto con il suo esercito.

Entrambi i comandanti esortarono con veemenza i propri soldati. Marcello incitò i Romani dicendo loro che i nemici si erano rammolliti durante il loro soggiorno a Capua, mentre i cartaginesi, nonostante le lodi del loro generale, furono sconfitti e messi in fuga dai Romani, che li inseguirono fino al loro accampamento.

Marcello riportò i suoi soldati all’interno delle mura, anche se questi avrebbero voluto attaccare il campo nemico. Il popolo di Nola accolse con entusiasmo i Romani, che avevano salvato la città per la seconda volta.

Le conseguenze

La seconda battaglia di Nola si risolse in una vittoria romana, che confermò la maestria militare di Marcello e ostacolò gli sforzi di Annibale di espandere ulteriormente la sua influenza in Campania.

Durante la battaglia, 5.000 Cartaginesi persero la vita, 600 furono catturati, e furono catturate 18 insegne militari e due elefanti. I Romani persero meno di 1.000 uomini. Il giorno successivo, una tregua consentì di seppellire i caduti.

Dopo tre giorni, 272 Iberi e Numidi disertarono e si unirono ai Romani, forse per rabbia o sperando in un trattamento migliore come militari. Agli Iberi in Spagna e ai Numidi in Africa venne assegnato un pezzo di terra come ricompensa per la loro lealtà alla fine della guerra.

Annibale, dopo aver rimandato Annone nel Bruzio, condusse il suo esercito verso gli accampamenti invernali in Apulia, stabilendo il campo attorno ad Arpi. Marcello rimase a Nola per il resto dell’anno, continuando a proteggere la città da eventuali attacchi cartaginesi.

Annibale tentò nuovamente di conquistare Nola nel 214 a.C., ma fu nuovamente respinto da Marcello.