La scuola nell’antica Roma. Come studiavano i ragazzi romani?

L’educazione nell’antica Roma è stata un processo storico che ha subito diverse trasformazioni a seconda delle epoche e delle influenze culturali. Inizialmente affidata alla famiglia, si è poi sviluppata con la creazione di scuole pubbliche e private che miravano a formare i cittadini romani nelle arti del discorso, della letteratura e della politica.

L’educazione in famiglia

Nella prima fase della storia romana, l’educazione dei bambini era affidata ai genitori, in particolare al padre, che era il capo della famiglia (pater familias) e aveva il diritto di vita e di morte sui figli. Il padre si occupava di insegnare ai figli maschi la lettura, la scrittura, il calcolo e le leggi dello stato, oltre a trasmettere loro i valori morali e religiosi della tradizione romana.

La madre invece si occupava di educare le figlie femmine ai buoni sentimenti e ai lavori domestici, preparandole al matrimonio e alla maternità. L’educazione familiare era basata sul rispetto dell’autorità paterna, sulla disciplina, sull’onore e sul senso del dovere verso la patria.

L’incontro con la civiltà greca e la nascita della scuola pubblica

Con le conquiste territoriali e il contatto con le culture dei popoli sottomessi, i romani iniziarono ad apprezzare e ad assimilare gli elementi della civiltà greca, considerata più raffinata e colta. I romani acquisirono la lingua greca, la letteratura, la filosofia, le arti e le scienze dei greci, integrandole con la propria cultura.

Si favorì allora in Roma la fondazione di scuole che permettessero una formazione culturale simile a quella dei greci che, poiché permetteva l’ascesa al potere politico tramite l’eloquenza, che dominava le assemblee, si volle limitare alla classe più elevata.

Le scuole pubbliche erano aperte a tutti i cittadini liberi, ma erano frequentate soprattutto dai poveri, dagli immigrati e dagli schiavi semi-liberi. Le scuole private invece erano riservate ai ricchi che potevano pagare un insegnante privato o mandare i propri figli nelle migliori scuole della città.

Gli strumenti per studiare nell’antica Roma

Per studiare, i romani usavano diversi strumenti, a seconda del livello di istruzione e del tipo di materia. Per la lettura e la scrittura, gli strumenti più comuni erano:

Il trittico consisteva in tre tavolette di legno ricoperte di cera, collegate tra loro da una cordicella. Per scrivere, si utilizzava una punta di metallo chiamata “stilus”, che incideva le lettere sulla cera e si cancellava con la parte piatta dello stilus o con il calore della mano. Questo strumento era principalmente impiegato nella scuola elementare e per gli esercizi quotidiani.

Il volumen, invece, era un lungo rotolo di papiro o pergamena, di solito lungo fino a 10 metri. Si scriveva su di esso con un pennello e inchiostro nero o rosso. Il volumen veniva utilizzato soprattutto nelle scuole medie e superiori, contenendo i testi dei classici da leggere e commentare. Per consultarlo, si teneva con una mano e si svolgeva con l’altra, utilizzando bacchette di legno o avorio attaccate alle estremità, chiamate “umbilici”.

Infine, il codex era un libro formato da fogli di papiro o pergamena piegati a metà e cuciti insieme. Questo formato era ampiamente utilizzato durante l’epoca imperiale e offriva il vantaggio di essere più pratico e resistente rispetto al volumen. Si poteva scrivere su entrambi i lati dei fogli (recto e verso) e consultarne il contenuto aprendolo alla pagina desiderata.

Per il calcolo, gli strumenti più usati erano:

L’abaco era un dispositivo costituito da una tavola di legno o metallo con delle scanalature in cui si muovevano delle palline o dei gettoni chiamati “calculi”. Questo strumento veniva utilizzato per eseguire operazioni aritmetiche utilizzando il sistema numerico romano basato sulle lettere dell’alfabeto (I, V, X, L, C, D, M).

La tabula, invece, era una lavagna di legno o metallo su cui si scriveva utilizzando gesso o carbone. Questo strumento veniva impiegato per eseguire operazioni algebriche utilizzando il sistema numerico greco basato sulle lettere dell’alfabeto (α, β, γ, δ, ε, ζ, η, θ…).

Per la musica, gli strumenti più usati erano:

La lira, uno strumento musicale a corde con una cassa armonica realizzata in legno o tartaruga, dotata di una traversa da cui partivano da 4 a 10 corde che venivano pizzicate con le dita o un plettro. Questo strumento era principalmente utilizzato per accompagnare la poesia lirica e il canto.

Il flauto era invece uno strumento musicale a fiato con un tubo realizzato in canna o metallo, dotato di fori che venivano coperti con le dita per produrre i suoni desiderati. Il flauto veniva principalmente utilizzato per accompagnare la poesia epica e la tragedia.

Per la geografia e l’astronomia, gli strumenti più usati erano:

La mappa, un’illustrazione visiva della superficie terrestre su un supporto di papiro o pergamena. Essa aveva lo scopo di mostrare i confini dei territori, la posizione delle città, il percorso dei fiumi e le caratteristiche del paesaggio.

Il globo, una sfera realizzata in metallo o terracotta su cui erano raffigurati i continenti e i mari della Terra (globo terrestre) o le costellazioni e i pianeti del cielo (globo celeste). Il suo utilizzo era finalizzato a illustrare la forma e il movimento della Terra e del cielo.

Il ludus litterarius, il primo ciclo di studi

Il primo livello di istruzione era il ludus litterarius (scuola elementare), dove i bambini entravano all’età di 6 o 7 anni. La scuola durava 8 mesi all’anno e iniziava a marzo, in coincidenza con l’inizio della stagione bellica. Le lezioni si svolgevano ogni giorno per 6 ore, con una breve pausa per il pranzo.

Gli alunni imparavano a leggere, scrivere e fare i calcoli in latino e in greco, usando come supporto delle tavolette di cera unite tra loro (trittico) che costituivano il libro. Gli alunni dovevano anche memorizzare brani di poesia e di prosa dei classici latini e greci.

Il maestro era spesso uno schiavo istruito o un liberto che esercitava la sua professione in una stanza affittata o in un luogo pubblico. Il maestro era poco pagato e poco rispettato, e usava metodi severi e punitivi per mantenere l’ordine e la disciplina. Gli alunni indisciplinati venivano puniti con la verga o la frusta di cuoio.

Il ludus grammaticus, il secondo ciclo di studi

Il secondo livello di istruzione era il ludus grammaticus (scuola media), dove i ragazzi passavano all’età di 12 anni.

La scuola durava 4 o 5 anni e approfondiva lo studio della lingua e della letteratura latina e greca, della storia, della geografia, della fisica e dell’astronomia. Gli alunni leggevano e commentavano i testi dei grandi autori classici, come Omero, Esiodo, Virgilio, Orazio, Cicerone e altri.

Il maestro era chiamato grammatico ed era spesso un greco o un orientale che aveva ricevuto una buona formazione culturale. Il grammatico era più stimato e pagato del maestro elementare, ma non aveva una posizione sociale elevata.

Il grammatico usava come supporto dei rotoli di papiro o di pergamena (volumina) che contenevano i testi da studiare. Gli alunni dovevano anche esercitarsi nella composizione di versi e di prose in latino e in greco.

La Schola Rhetoris: la figura del retore, gli insegnamenti

Il terzo livello di istruzione era la schola rhetoris (scuola superiore), dove i giovani entravano all’età di 17 anni. La scuola durava 2 o 3 anni e si concentrava sullo studio della retorica, cioè l’arte del discorso persuasivo.

Gli alunni imparavano le regole e le tecniche per comporre e pronunciare discorsi efficaci in vista della carriera politica o giuridica. Il maestro era chiamato retore ed era spesso un greco o un orientale che aveva una grande esperienza nell’oratoria. Il retore era molto apprezzato e pagato dai suoi allievi, che erano i figli delle famiglie più ricche e potenti di Roma.

Il retore usava come modelli i grandi oratori greci e latini, come Demostene, Isocrate, Cicerone e Quintiliano. Gli alunni dovevano anche esercitarsi nella declamazione di discorsi su temi storici o immaginari, sia in latino che in greco.

Le tecniche di insegnamento del retore si basavano su tre fasi principali:

La fase della prelectio prevedeva l’analisi di un testo scritto da un famoso oratore, in cui si mettevano in risalto le caratteristiche stilistiche, le figure retoriche, la struttura argomentativa e le strategie persuasive.


Nella imitatio, gli studenti dovevano riprodurre il testo letto, adattandone lo stile e il contenuto a situazioni o pubblici diversi. Questa imitazione poteva essere stretta (paraphrasis) o libera (declamatio).


L’emendatio consisteva nella revisione del testo prodotto dagli studenti, valutandone i punti di forza e di debolezza, suggerendo le opportune modifiche e confrontandolo con il modello originale.

Queste tecniche servivano a formare l’abilità dell’allievo nel trovare gli argomenti più adatti al caso (inventio), nel disporli in modo ordinato e coerente (dispositio), nel scegliere le parole più appropriate ed evocative per persuadere l’uditorio (elocutio), e infine nel presentare il discorso in modo eloquente e coinvolgente (pronuntiatio).

In questo modo, la scuola superiore di retorica mirava a sviluppare le abilità dei giovani nell’arte dell’oratoria e della persuasione. La conoscenza delle regole retoriche e l’abilità di creare discorsi persuasivi erano considerate fondamentali per coloro che aspiravano a ruoli politici o giuridici di rilievo.

Attraverso lo studio e l’analisi dei grandi oratori dell’antichità, i ragazzi imparavano ad affinare la loro capacità di argomentare, di strutturare il discorso in modo convincente e di utilizzare le figure retoriche per suscitare emozioni e influenzare l’opinione degli ascoltatori.

La scuola superiore di retorica, con il suo approccio pratico e mirato all’arte dell’eloquenza, svolgeva un ruolo cruciale nella formazione dei futuri leader e influenzava profondamente la società romana dell’epoca.

Così, il terzo livello di istruzione, la schola rhetoris, rappresentava l’ultimo tassello nella formazione dei giovani romani, preparandoli per intraprendere ruoli di responsabilità e leadership nella vita pubblica dell’antica Roma.

I viaggi studio ad Atene, Rodi e Alessandria

Per completare la loro formazione culturale, i giovani romani più dotati e ambiziosi si recavano nelle città più importanti del mondo antico per frequentare le scuole dei maestri più famosi di filosofia, geografia, astronomia e fisica. Le mete preferite erano Atene, Rodi e Alessandria, città in cui si trovavano prestigiose accademie filosofiche, ricche biblioteche e avanzati osservatori astronomici. I viaggi studio, che duravano alcuni mesi o alcuni anni, permettevano ai giovani romani di ampliare i loro orizzonti culturali, confrontarsi con altre realtà e acquisire una maggiore autorità intellettuale.

Ad Atene, si approfondiva lo studio delle diverse correnti della filosofia greca, come il platonismo, l’aristotelismo, lo stoicismo, l’epicureismo e lo scetticismo. Le scuole fondate dai discepoli dei grandi filosofi, come l’Accademia di Platone, il Liceo di Aristotele, il Portico di Zenone e il Giardino di Epicuro, offrivano lezioni tenute da celebri maestri come Carneade, Antioco di Ascalona e Filone di Larissa. Inoltre, si partecipava attivamente ai dibattiti filosofici svolti nell’Agorà e nel Pritaneo, luoghi pubblici della città.

A Rodi, invece, lo studio era focalizzato principalmente sulla retorica e la geografia. Le scuole dei maestri di eloquenza, che avevano ereditato la tradizione della sofistica e della retorica attica, insegnavano le tecniche per comporre e pronunciare discorsi persuasivi sia in greco che in latino.

Si prendevano esempio dagli oratori più famosi del passato, come Demostene e Cicerone, e si esercitavano nella declamazione di discorsi su temi storici o immaginari. Inoltre, si approfondiva lo studio delle opere dei geografi, come Eratostene ed Eudosso, che avevano descritto il mondo conosciuto dai greci e dai romani.

Ad Alessandria, infine, si dedicavano particolare attenzione all’astronomia e alla fisica. Le scuole dei maestri di scienza, che avevano fondato la tradizione della matematica e dell’astronomia ellenistica, insegnavano le teorie e i metodi per calcolare le distanze e i movimenti dei corpi celesti.

Gli studenti seguivano gli esempi dei grandi scienziati del passato, come Euclide e Archimede, e si esercitavano nell’osservazione del cielo utilizzando strumenti sofisticati dell’epoca, come l’astrolabio e il sesto. Inoltre, si studiavano le opere dei fisici che avevano spiegato i fenomeni naturali con principi razionali, come Aristarco ed Erone.

I maestri dei più importanti personaggi romani

Tra i maestri di retorica che hanno avuto una grande influenza sulla formazione degli oratori romani possiamo ricordare:

Apollonio figlio di Molone o semplicemente Molone: fu un retore e grammatico greco originario di Alabanda, una città della Caria, nella moderna Turchia. Insegnò a Rodi e poi a Roma, dove ebbe come allievi Cicerone e Cesare. Fu famoso per la sua eloquenza e per la sua erudizione. Scrisse opere di grammatica, di critica letteraria e di retorica, tra cui un trattato sulle figure retoriche attribuitogli da alcuni studiosi ma non sicuramente autentico.


Marco Antonio figlio di Gneo o semplicemente Gnifone: fu un retore latino originario di Gallia Narbonense. Insegnò a Roma sotto il principato di Augusto e fu il primo a introdurre la retorica latina nelle scuole. Fu maestro di Marco Velleio Patercolo e di Lucio Anneo Seneca il Vecchio. Scrisse opere di retorica, tra cui un trattato sulle parti del discorso andato perduto.


Marco Fabio Quintiliano: fu un retore latino originario della Spagna. Insegnò a Roma sotto i principi Vespasiano e Tito. Fu maestro di Plinio il Giovane e di Tacito. Scrisse l’Institutio oratoria, un’opera in dodici libri che contiene una completa esposizione dei principi e dei metodi della retorica classica.