L’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C è senza dubbio uno degli avvenimenti più catastrofici del mondo antico: nel corso di pochi giorni, la forza esplosiva del vulcano incenerì le città romane di Pompei ed Ercolano, che rimasero “cristallizzate” per secoli.
Pompei città fiorente e piena di vita
L’antica Pompei venne fondata nel VIII secolo a.C dai greci, che per primi crearono degli insediamenti stabili nella zona. In poco tempo, per via della posizione geografica strategica e dei fiorenti commerci, Pompei divenne una città attiva, fiorente, bella da ogni punto di vista.
E così rimase anche sotto tutto il periodo di annessione a Roma, fino al I secolo d.C..
All’alba del 79 d.C, Pompei era una bellissima cittadina simile a quella che per noi sarebbe Napoli, mentre Ercolano, tipicamente turistica, era un centro paragonabile alla Portofino o alla Rimini degli anni ’60: il centro della movida, il luogo dove i romani benestanti andavano a riposarsi e a godere delle bellezze della costa.
Un luogo dove era possibile incontrare l’intero spaccato della società romana.
C’era il foro, dove si svolgevano le contrattazioni e i comizi politici che rappresentava il centro della vita cittadina, tanto che qualsiasi novità veniva prima discussa al suo interno e poi diffusa dovunque.
Altrettanto importante era il Tempio di Giove, in stile puramente italico e dall’ampio porticato, la cui immagine è giunta a noi grazie al dipinto scoperto in una casa patrizia, dove la gente pregava e si riuniva.
Dal Tempio di Apollo, pieno di statue e finemente decorato, conosciuto come luogo di arte, religione e cultura fino alle Terme, Pompei era una città abbastanza avanzata il cui anfiteatro, ancora oggi visibile, serviva sia per assistere a spettacoli classici sia per ospitare il mercato cittadino.
Curiosamente, proprio l’anfiteatro fu sede di uno scontro violento fra tifoserie opposte, molto simile a quelli che avvengono tuttora negli stadi, tra pompeiani e nocerini.
In quella occasione, dopo dei feroci tafferugli e decine di persone ferite che si riversarono nelle strade, l’organizzatore dei giochi venne esiliato e il Senato di Roma punì la violenza vietando giochi a Pompei per ben 10 anni.
L’esplosione del Vesuvio e la tragedia
Le prime avvisaglie della grande devastazione avvennero nel 62 d.C.:
Improvvisamente, ci furono dei rapidi terremoti che fecero crollare qualche cornicione e danneggiarono qualche casa: niente di straordinario per i romani che sapevano che la Campania era un luogo soggetto ad eventi sismici.
La tragedia avvenne ben 17 anni dopo, nel 79 d.C.. Plinio il giovane, che all’epoca aveva 17 anni e fu testimone da Capo Miseno dove risiedeva in quel momento, fece risalire il giorno della tragedia al 24 agosto, raccontandolo in una serie di lettere a Tacito trenta anni dopo.
Con molta probabilità ricordò male: scavi archeologici riportarono alla luce monete con impressa l’immagine di Tito: molto probabilmente si trattò del 24 ottobre del 79 d.C.
Il Vesuvio, che per secoli era stato totalmente silenzioso e quiescente, eruttò improvvisamente, liberando nell’aria una colonna di materiale, di fumo e di particolato di pietra pomice, a formare un gigantesco “albero di pino” (come ce lo racconta Plinio) alto 30 km, che raggiunse addirittura la stratosfera terrestre.
Nelle ore successive, questa colonna iniziò a far piovere detriti sulle località circostanti: prima del sottile pulviscolo, mano mano fino a delle pietre anche molto pesanti.
La popolazione scappò immediatamente, e la maggior parte delle persone si sarebbe potuta salvare se il disastro non avesse avuto una sorta di “pausa”, un lasso di tempo durante il quale il Vesuvio sembrò stranamente fermarsi.
I ricchi cittadini di Pompei si convinsero a tornare indietro per cercare i parenti e recuperare i gioielli, prima di allontanarsi definitivamente. Una scelta che si rivelò fatale.
Fu così che la vera tragedia colpì gli abitanti di Pompei: circa sei ore dopo l’inizio dell’attività vulcanica, all’improvviso, una bollente nube piroclastica partì dalla sommità del Vesuvio e si abbatté a 160km orari sulla città, bruciando all’istante qualsiasi cosa sulla sua strada.
La nube distrusse e carbonizzò Pompei ed Ercolano a quattro minuti dall’esplosione, uccidendo duemila persone all’istante. Alchè, nelle giornate successive, il continuo “piovere” di materiale lavico ricoprì come un velo, il resto delle abitazioni.
I primi ritrovamenti e i calchi di Pompei
Le due città erano andate completamente distrutte. Nonostante l’imperatore di allora, Tito, si sia prodigato in tutti gli aiuti possibili, la totale ricostruzione delle città apparve uno sforzo inutile.
La zona fu così abbandonata a se stessa, e Pompei conservò per lungo tempo la memoria di quella tragedia.
Un nuovo capitolo nella storia di Pompei, si aprì inaspettatamente nel 1748 quando le prime spedizioni archeologiche iniziarono a trovare dei reperti.
Mano mano, la comunità archeologica si rese conto del possibile tesoro celato in quel luogo.
Ma si dovette arrivare al 1863 per scoprire, appieno, tutti i resti e il valore di Pompei.
In quel momento il direttore degli scavi era Giuseppe Fiorelli.
I suoi colleghi responsabili degli scavi, riferirono di aver trovato delle ossa in perfetto stato di conservazione all’interno di alcune zone vuote nella roccia.
Fiorelli ebbe allora una formidabile intuizione: inserire all’interno delle cavità che contenevano le ossa del gesso liquido, per ottenere dei veri e propri “calchi” dei corpi coperti dal materiale roccioso e vulcanico.
Fu così’ che nacquero i celebri calchi di Pompei e fu possibile osservare da vicino la storia dei suoi cittadini, drammaticamente cristallizzati nel momento della loro morte.
Le espressioni, le pose, gli ultimi affannosi abbracci tra le persone: tutto è giunto fino a noi come immagine indelebile degli ultimi istanti di vita di questi individui.
Scene strazianti che meritano rispetto, di persone uccise mentre tentavano di proteggersi a vicenda.