Piernicola Pedicini, eurodeputato nel gruppo dei Verdi , definisce il MES come uno strumento difettoso, e l’Europa come qualcosa che ci serve, ma il cui sviluppo è stato intenzionalmente lasciato a metà strada.
Con lui tocchiamo anche temi di innovazione, come la tecnologia alla base delle criptovalute che potrebbe essere applicata a settori come l’agricoltura.
Cosa pensi dei vantaggi e svantaggi dell’accedere al Mes o al Recovery Fund, di cui in Italia si parla tanto?
Questi temi vengono sviluppati in Europa ed hanno una ricaduta molto importante in Italia, diventando soggetto di dibattito senza che spesso si possegga la giusta conoscenza. Mes e Recovery Fund sono due temi che possono figurare insieme ma sono diversi tra di loro e hanno una genesi diversa. Il Mes è uno mezzo del passato: uno strumento di stabilità che nasce dal vecchio fondo salva stati con coloro che aderirono alla moneta unica.
Chi aderisce al Mes e partecipa alla trattativa lo fa solo in modo intergovernativo. Se ti siedi ad un tavolo della negoziazione cercando di ottenere qualcosa in più per il tuo paese non puoi pretendere che collaborino anche gli Stati che non sfruttano lo strumento.
Il Mes nasce come uno strumento “difettoso” dei meccanismi dell’Unione europea: non dovrebbe esistere. È presente solo in Unione Europea perché ha una banca centrale che non fa fino in fondo il suo dovere.
Vi solo delle motivazioni politiche e la BCE dovrebbe riuscire al pari di altre grandi banche centrali mondiali come quella del Giappone, quella Cinese o statunitense a gestire il deficit degli Stati finanziandone il debito. Nel nostro continente non è possibile e gli Stati per finanziarsi devono andare sul mercato a chiedere soldi a delle banche private che acconsentono, ma ponendo condizioni specifiche, ovvero alti interessi. Guadagni per gli istituti che corrispondono a una perdita per i Paesi.
Il meccanismo è stato pensato per intervenire nel momento in cui uno Stato si dovesse trovare in grande difficoltà e non riuscisse ad ottenere il denaro sul mercato, evitando in questo caso il tracollo della stessa Unione Europea per una criticità statale.
Il Mes offre però delle condizioni in grado di mettere in difficoltà importanti gli stati che ne fanno richiesta come è stato osservato anche in Unione Europea con gli esempi di Grecia e Portogallo.
Una versione “light” di Mes è stata pensata per intervenire in questo momento di emergenza pandemica, anch’essa con condizionalità pesanti previste dal trattato e incancellabili dal commissario sebbene modificabili con denuncia alla Corte Europea.
Si potrebbe aggiustare il tiro?
Certo. Prendiamo ad esempio la condizionalità sanitaria, molto pesante. La gente pensa che quei soldi possano bastare per sistemare. Di cosa ha bisogno il sistema sanitario nazionale? Non servono strumentazioni ulteriori, terapie intensive, chirurgie innovative. L’urgenza in questo momento è quella degli operatori sanitari, assunzioni che non possono essere fatte con la condizionalità sanitaria del Mes.
Con il Mes non si può assumere nuovo personale?
No. O meglio si potrebbe anche assumere con degli artifici al limite della legalità, trovandosi poi costretti al licenziamento entro dieci anni. Il Mes farebbe ad ogni modo apparire lo Stato che ne facesse richiesta in difficoltà maggiori di quelle reali, rendendo più difficile, attraverso il mercato, la restituzione dei fondi ricevuti.
Invece per ciò che riguarda il Recovery Fund?
Il Recovery Fund ha un ammontare più importante rispetto a quello del Mes anche se forse non corrisponde pienamente ai bisogni degli Stati, ma è una buona base per pianificare una ripresa grazie al suo valore.
È uno strumento composto da due pilastri, uno dei trasferimenti, detti erroneamente, a fondo perduto: in questo caso quel che l’Italia ha dato ritorna indietro completamente. In pratica dei soldi vengono anticipati, che devono poi essere ridati, senza una contribuzione netta (senza perdere quindi sul capitale) e a interessi bassissimi perché passano attraverso la Commissione Europea.
Il secondo pilastro è quello dei prestiti che l’Italia deve ridare e vi potrebbero essere difficoltà per via del debito elevato. Dobbiamo rilanciare l’economia attraverso progetti creati con assoluta attenzione alle procedure applicate.
A questo punto il Mes sembrerebbe svantaggioso per l’Italia, perché molti spingono per utilizzarlo?
Bisogna vedere quali sono gli accordi. Il Mes è uno strumento di austerità. Chi vuole questo strumento sono gli stessi che hanno svenduto l’Italia in passato e che intendono svenderla ancora adesso.
Nel momento in cui l’Italia si impoverisce, perché soggetta a procedure di austerità, nasce come sempre una vendita dei “gioielli” dello Stato. Come successo anche in Grecia. Gioielli che diversi paesi sono già pronti ad acquistare.
Come potremmo trasformare il nostro patrimonio artistico in posti di lavoro e indotto? Perché nessun governo se ne occupa?
Il settore dell’arte e della cultura, il patrimonio monumentale che non ha pari nel mondo, da una parte suscita grande attrazione, ma dall’altra non produce a chi se ne occupa politicamente, né un grande ritorno in termini di consenso né la possibilità di gestire grandi quantità di denaro.
Da qui lo scarso interesse per un settore dalle importanti potenzialità.
Nel nostro piano nazionale per il meccanismo di ripresa, quello del Recovery Fund, prevede una quota di 8 miliardi per il suo rilancio, quantità inadeguata alle reali potenzialità inespresse: basta pensare a Pompei, ancora in buona parte nascosta sottoterra: mancano i fondi per portarla completamente alla luce ed eseguire una manutenzione mirata e continua o organizzare percorsi turistici ben specifici da seguire, come accade con le attrazioni degli altri paesi europei.
C’è molto da fare, c’è molto da investire e ci vuole un approccio diverso rispetto all’attuale.
Vorresti applicare le tecnologie delle criptovalute all’agricoltura. Ce ne parli?
Ho iniziato ad occuparmi di questa tecnologia partendo dalle criptovalute e ho poi spostato l’attenzione alle sue potenzialità ad altri settori. Ci stiamo occupando dello sviluppo di alcuni progetti tra i quali figura l’applicazione della blockchain in campo agroalimentare: è possibile potenziare l’etichettatura e la registrazione di tutti i passaggi (elaborazione prodotto, trasferimenti) garantendo che le procedure siano rispettate ma anche che il prodotto sia quello descritto sulle etichette. In questo modo è possibile combattere il fenomeno della contraffazione.
Con l’etichettatura tramite blockchain è possibile registrare tutti i prodotti che vengono commercializzati nel mondo assicurandone provenienza e manifattura. Anche il produttore in questo modo viene tutelato.
Bisogna investire in tal senso e so che il Governo Italiano lo sta facendo.
Garantirebbe anche il controllo sulla provenienza e la qualità?
Sì, e anche sul numero e quindi sulla quantità dei prodotti. Per fare un esempio pratico: se un’azienda produce 100 bottiglie di olio, non è possibile che ve ne siano sul mercato 300. E quelle che sono inserite nella blockchain sono quelle certificate e reali. Ecco perché in questo modo si può evitare la contraffazione e difendere il made in Italy.
So che sei a favore della liberalizzazione della cannabis in ambito medico, specialmente.
Bisognerebbe fare distinzione tra la cannabis per uso creativo e quella utilizzata in ambito industriale e medico: si parla di potenzialità differenti. In quest’ultimo caso l’Italia soffre di un approccio culturale che viene usato strumentalmente da parte dei detrattori della cannabis industriale e terapeutica.
I detrattori si basano sul fatto che la gente spesso la vede solo come droga, mentre la pianta essere coltivata senza principio attivo e c’è un grande potenziale nei confronti di tante attività produttive.
Mi riferisco in particolare alla Legislazione Europea per la cannabis terapeutica che ha delle formidabili proprietà coadiuvanti in supporto alle terapie oncologiche tradizionali e per ciò che concerne le patologie neuro-degenerative.
Altro discorso è la legalizzazione della cannabis come sostanza attiva: deve essere fatto un discorso importante, legato alla necessità di bloccare il traffico illegale di questo prodotto, spesso in mano alle mafie. Si potrebbe, con la legalizzazione, controllarne la distribuzione e migliorandone la sicurezza d’utilizzo.
Se dovessi inviare un telegramma ad Ursula Von Der Leyen: cosa le diresti?
Sono al Parlamento Europeo da sei anni e mezzo e conosco molto bene i meccanismi dell’Unione Europea: sono un sostenitore convinto della necessità di istituzioni sovranazionali ma devono queste funzionare. L’Europa non può essere solidale a parole: deve esserlo a fatti.
Il processo di unificazione reale è volutamente ancora a metà strada. La mia richiesta è quella di rimuovere tutti quei meccanismi che non lo rendono possibile e che alimentano l’astio dei cittadini nei confronti dell’Unione.