Un articolo sulla cultura dell’antica Roma fece discutere qualche tempo fa: Mary Beard, una delle più conosciute esperte globali della materia, scrisse che la società romana era con molta probabilità mista più di quanto si credesse e che all’interno dell’esercito romano vi fossero delle persone di colore.
Un dibattito delicato
Una posizione che le costò a suo tempo un vero e proprio linciaggio su Twitter. Nello specifico la classicista di Cambridge parlava di famiglie di origine africana e sub sahariana, difendendo un cartoon andato in onda sulla BBC nel quale veniva rappresentata in Britannia la presenza di soldati e centurioni di colore.
Nel suo esporre, Mary Beard sostenne che non era data sapere la percentuale di questi uomini, ma che era da considerare come scontata, dato il principio di assimilazione tipico dei romani.
Una posizione, quella dell’esperta, che è stata ovviamente sfruttata e strumentalizzata sia da chi nell’Inghilterra della Brexit era anti-immigrazione, sia da chi sosteneva il principio opposto.
È necessaria quindi una spiegazione tecnica storica e bilanciata.
La capacità di assimilazione della cultura romana
Potevano esserci dei neri tra le fila dell’esercito romano? La risposta è assolutamente si: i romani non erano affatto razzisti e non avevano nessun preconcetto razzista.
Un detto dell’antica Roma, legato alla fondazione della città recitava così: “Romolo ebbe per suoi concittadini coloro che fino a poco tempo fa erano suoi nemici”.
Un proverbio che illustra con semplicità come il romano sia in grado di superare le differenze e integrare.
Partendo da un punto di vista puramente storico, Roma è stata fin dalla sua nascita l’unione di tre tribù diverse e non ha avuto nessun problema a integrare popoli differenti in tutta la sua storia, eccetto un periodo di chiusura di circa 150 anni basato su motivazioni politiche e non razziali.
Roma ebbe addirittura un imperatore libico, Settimio Severo, e uno arabo a mille anni dalla sua fondazione, Filippo l’arabo: segno questo di un popolo che non era assolutamente razzista, sebbene potesse avere pregiudizi iniziali su coloro che non erano parte dell’Impero.
Quello del razzismo era un problema che sostanzialmente non si ponevano: le loro divisioni si sono sempre basate sul censo, sul comportamento, sul peso politico e altre differenze di stampo sociale, mai di tipo razziale.
Ecco quindi che non ci sarebbe stato nessun tipo di problema ad avere un soldato nero nell’esercito: bisogna riconoscere ancora una volta ai romani il fatto di essere enormemente avanti sotto anche questo aspetto rispetto alla società attuale.
Legionari di colore? Pochi per motivi demografici
È importante però non eccedere nemmeno in senso opposto: è difficile infatti storicamente asserire che vi fossero decine e decine di centurioni o soldati di colore fino in Britannia, per il semplice fatto che i neri provenienti dal ceppo subsahariano, che i romani definivano etiopi, erano molto pochi rispetto al resto della popolazione romana.
I romani infatti si sono espansi in Africa solo sulla costa settentrionale sebbene abbiano avuto contatti con i popoli del Sahara: con i Garamanti in particolare combatterono per un certo periodo di tempo prima di rinunciare alla conquista per evitare dispendio di risorse e di uomini.
I legionari romani di colore quindi, furono pochi per ragioni logistiche e demografiche, ma ci furono.
Come al solito la realtà sta nel mezzo: i romani non erano razzisti e non ci sarebbe stato nessun tipo di problema ma la presenza di legionari neri all’interno dell’esercito sarà sicuramente stata molto esigua.