Roma, i Galli di Brenno e il soldato galleggiante

Si tramanda una storia curiosa dai tempi antichi, ovvero quella di un romano che attraversò il Tevere in maniera innovativa: si trattava di Ponzio Cominio e che divenne, nel vero senso della parola, un soldato galleggiante

Il sacco di Roma del 390 a.C.

Quest’uomo può essere definito uno straordinario inventore, soprattutto se si pensa all’epoca storica nel quale è vissuto, ovvero intorno al 390 a.C. .

Quell’anno i Galli senoni, guidati da Brenno, scesero in Italia partendo dall’odierna Francia e misero a ferro e fuoco ogni citta italica incontrata sul loro percorso.

I romani in tale situazione peccarono di superbia, pensando di poter vincere Brenno senza particolari problemi: addirittura un paio di ambasciatori si incontrarono con il comandante gallico prima dell’attacco.

Gli emissari avevano un atteggiamento tracotante, prepotente: lo presero addirittura in giro pensando di poterlo battere facilmente.

Lo scontro arrivò velocemente tra le due parti e i romani, che pensarono di poter vincere a mani basse, inviarono due legioni di soldati la cui organizzazione, non adeguata, si basava ancora sull’antico modello greco: ecco quindi che i Galli di Brenno, potenti, alti e forzuti travolsero gli avversari romani, ancora molto immaturi nell’arte della guerra.

Questo diede modo a Brenno di assediare Roma, arrivando addirittura a imporre agli abitanti di pagargli un peso in oro enorme per poter liberare la città.

Come riuscirono i romani a liberarsi dei galli invasori?

L’Intervento di Furio Camillo e il soldato galleggiante

A cambiare le carte in tavola fu l’intervento di Furio Camillo, già protagonista della presa di Veio, città vicino Roma: un grande stratega e uomo potente che era stato cacciato dall’Urbe perché divenuto troppo ricco e popolare.

“Non con l’oro ma con la spada si riscatta la propria patria” sarebbe stata la frase di Camillo, passata alla storia, cui seguì un sanguinoso scontro fuori dalle mura di Roma, che convinse i galli ad abbandonare il Lazio.

Questo è contesto storico in cui si verifica la storia curiosa e simpatica di Ponzio Cominio. Nel corso dei combattimenti tra romani e galli, a un certo punto, un soldato romano ricevette l’incarico di consegnare un messaggio al suo comandante.

Per farlo doveva attraversare il Tevere, un fiume ai tempi grande e ghiacciato, caratterizzato da acque insicure e difficile da passare a nuoto. Soprattutto con un’armatura di ben 11 kg a protezione della quale non ci si può disfare senza sottoporsi a un eccessivo pericolo.

Non è dato sapere se gli sia stato suggerito o sia stato lui stesso a idearlo, ma Ponzio Cominio mise a punto e indossò una copertura posticcia ma efficace: una sorta di gilet completamente fatto di sughero, da indossare sotto l’armatura.

Il sughero è un legno leggero, capace di galleggiare bene sull’acqua senza pesare ulteriormente.

Questa straordinaria trovata, permise al legionario di galleggiare come se indossasse un salvagente, consentendogli di attraversare il Tevere con facilità e portare il messaggio al suo comandante.

Una trovata geniale che è giusto che venga tramandata ancora dopo duemila anni, grazie al racconto di Plutarco che cita Ponzio Cominio nelle sue “Vite Parallele”, un’opera ricca di interessanti episodi della storia romana.