La battaglia del Monte Algido

La battaglia del Monte Algido fu uno scontro tra i Romani e gli Equi, due popoli che si contendevano il controllo del territorio del Latium vetus, nel 458 o 457 a.C. Questa battaglia è famosa perché vide protagonista Lucio Quinzio Cincinnato, un esempio di virtù repubblicana, che fu nominato dittatore per salvare l’esercito romano assediato dagli Equi sul Monte Algido.

Il contesto storico

A Roma, la situazione politica era molto tesa tra i patrizi e i plebei, che si opponevano sulla proposta della Lex Terentilia, una legge che avrebbe limitato il potere dei consoli. Inoltre, la città era stata minacciata da una rivolta di schiavi ed esuli che avevano occupato il Campidoglio e ucciso il console Publio Valerio Publicola. Solo l’intervento dei Tusculani, alleati dei Romani, aveva permesso di riconquistare la collina sacra.

I nemici esterni di Roma erano i Volsci e gli Equi, due popoli che attaccavano spesso il territorio romano per saccheggiare e conquistare nuove terre. Gli Equi, in particolare, si erano stabiliti sui colli vicino a Tusculum e minacciavano la Via Latina, una importante via di comunicazione e commercio.

Lucio Quinzio Cincinnato

Lucio Quinzio Cincinnato era un patrizio che aveva già ricoperto la carica di console nel 460 a.C. Era noto per la sua semplicità e austerità di vita, tanto che coltivava da solo un piccolo podere di quattro iugeri (circa un ettaro). Era anche il padre di Cesone Quinzio, che era stato accusato ingiustamente di aver ucciso un plebeo durante una sommossa e poi assolto grazie alla testimonianza di Lucio Sestio Laterano.

Quando i Romani si trovarono in difficoltà contro gli Equi sul Monte Algido, il Senato decise di nominare Cincinnato dittatore, cioè il magistrato supremo con pieni poteri in caso di emergenza. I messaggeri che gli portarono la notizia lo trovarono intento ad arare il suo campo. Cincinnato accettò la nomina con senso del dovere e si recò a Roma per assumere il comando.

Il Monte Algido

Il Monte Algido era una altura boscosa situata tra Tusculum e Alba Longa. Qui si erano accampati gli Equi con il loro capo Gracco Clelio. I Romani avevano inviato due eserciti per contrastarli: uno guidato dal console Lucio Minucio Esquilino Augurino e l’altro dal tribuno militare Aulo Sempronio Atratino. Tuttavia, i Romani caddero in un’imboscata degli Equi e furono costretti a ritirarsi in una posizione difensiva.

Gli Equi li circondarono con trincee e fossati, sperando di farli arrendere per fame. I Romani riuscirono a inviare un messaggero a Roma per chiedere aiuto. Fu allora che il Senato elesse Cincinnato dittatore.

La vittoria romana

Cincinnato arrivò a Roma e nominò come suo magister equitum (comandante della cavalleria) Lucio Tarquinio Prisco, un giovane patrizio valoroso ma impopolare tra i plebei. Cincinnato non perse tempo, il giorno seguente, nel Foro nominò il suo magister equitum, fermò ogni attività legislativa e giudiziaria, fermò ogni attività commerciale, vietò di attendere a qualsiasi affare privato, ordinò a tutti coloro che erano in età adatta al servizio militare di presentarsi prima del tramonto al Campo Marzio, armati, con cibo pronto per cinque giorni e dodici paletti per il “vallo” ciascuno. 

Cincinnato raggiunse l’accampamento degli Equi di notte e ordinò ai suoi soldati di scavare una fossa intorno al nemico, tagliandogli ogni via di fuga. Di notte i romani assediati presero le armi e si lanciarono all’attacco con grandi urla e rumori. Una battaglia notturna estremamente rumorosa che informò Cincinnato e le sue forze che gli assediati si erano mossi e intralciavano il contrattacco degli Equi.

Al mattino, gli Equi si accorsero di essere intrappolati e tentarono una sortita disperata. Cincinnato li respinse e li costrinse a deporre le armi.

Gli Equi “schiacciati da due parti, passarono dal combattimento alle preghiere, supplicando da una parte il dittatore e dall’altra il console che non considerassero fondamentale per la loro vittoria sterminarli e li lasciassero andare, sia pure senza l’onore delle armi.”

Cincinnato ricevette i complimenti del console Minucio e del tribuno Sempronio, che gli cedettero il comando. Poi tornò trionfalmente a Roma, dove fu accolto con grande onore.

Il ritorno alla vita semplice

Cincinnato, dopo aver sconfitto gli Equi, non si attardò a godere del suo potere. Dopo sedici giorni dalla sua nomina, rinunciò alla dittatura e tornò al suo campo, riprendendo la sua vita di agricoltore. Questo gesto fu considerato un esempio di modestia e di virtù civica, che contrapponeva Cincinnato ai politici avidi e corrotti.

Cincinnato fu richiamato alla dittatura anche nel 439 a.C., quando dovette reprimere una congiura di Spurio Melio, un ricco plebeo che aspirava alla tirannia. Anche in quell’occasione, Cincinnato si dimostrò un difensore della libertà repubblicana e si ritirò dopo aver compiuto la sua missione.