Gaio Galerio Valerio Massimiano, fu imperatore romano dal 305 al 311 d.C: il suo regno fu contraddistinto da una grande campagna militare, assieme al generale Diocleziano, contro l’impero dei sasanidi, che si concluse con il saccheggio della capitale Ctesifonte nel 299 d.C.
l’Imperatore Galerio si dedicò anche a combattere la popolazione dei Carpi, oltre il fiume Danubio, ottenendo due vittorie nel 297 e nel 300 d.C.
Sebbene fosse uno strenuo oppositore del Cristianesimo, religione in rapida ascesa, pose fine alla persecuzione di Diocleziano tramite un editto di tolleranza che venne promulgato nel 311 d.C a Serdica.
I primi anni e la carriera militare di Galerio
Galerio nacque vicino alla città di Serdica, attuale Sofia in Bulgaria, nella provincia romana della Dacia mediterranea, anche se alcuni studiosi ritengono che sia in realtà nato a Gamzigrad, attuale Serbia, dal momento che proprio in quel luogo decise di far costruire la sua tomba.
Suo padre era di origini della Tracia e sua madre Romula era una profuga della provincia della Dacia romana attaccata dalla tribù germanica dei Carpi. Nei suoi primi anni seguì l’esempio del padre, lavorando come pastore e mandriano.
Sì dedicò tuttavia abbastanza presto alla carriera militare, servendo come soldato sotto gli imperatori Aureliano e Probo: quando nel 293 d.C l’imperatore Diocleziano istituì il sistema della tetrarchia, che prevedeva la presenza di quattro imperatori in altrettante zone di influenza dell’impero, Galerio venne designato Cesare insieme a Costanzo Cloro, sposando la figlia di Diocleziano, Valeria.
Dopo essersi impegnato in alcune campagne militari contro le popolazioni dei Sarmati e dei Goti sul fiume Danubio, ricevette il comando delle legioni di stanza sui confini Imperiali orientali. Dopodiché venne inviato in Egitto per combattere le città ribelli di Busiris e Coptos.
Imperatore Galerio e la guerra contro la Persia
A partire dal 294 d.C, Galerio fu impegnato contro la Persia. In quell’anno il figlio del Re Sapore I , Narseh, avviò una politica estera estremamente aggressiva. Narseh fece cancellare i nomi dei suoi predecessori dai pubblici monumenti, con l’obiettivo di essere ricordato come l’unico grande sovrano.
Nel 295 dichiarò guerra a Roma, invadendo l’Armenia occidentale e riprendendo alcune terre che erano state consegnate ai romani in seguito ad una pace stipulata nel 287 d.C. Secondo Ammiano Marcellino, l’unica fonte che ci racconta i dettagli di questa invasione, Narseh si spostò a sud della Mesopotamia romana, dove inflisse una durissima sconfitta proprio a Galerio, allora comandante delle forze orientali, in una regione posizionata tra Carre e Callinicum, odierna Siria.
Non sappiamo se Diocleziano, l’ideatore della tetrarchia e più importante dei quattro imperatori, fosse presente sul campo di battaglia. Sappiamo però che Diocleziano costrinse Galerio a sfilare di fronte al suo carro Imperiale.
Potrebbe trattarsi di un atto di rispetto da parte di Galerio nei confronti di Diocleziano, ma è più probabile che l’imperatore abbia deciso di punire il generale sconfitto dimostrando, soprattutto ai soldati, che il fallimento non era dovuto all’incapacità dell’esercito ma alla poca preparazione del suo comandante. Molto probabilmente questa fu una lezione che Galerio non dimenticò mai più.
Nella primavera del 298, l’esercito di Galerio venne rinforzato da nuovi contingenti che derivavano dalle frontiere del Danubio. Galerio guidò quindi una controffensiva, attaccando la Mesopotamia settentrionale attraverso l’Armenia.
Narseh scelse di compiere una ritirata strategica, ma cadde vittima di un errore: l’aspro terreno armeno era particolarmente favorevole alla fanteria romana, che poteva marciare e combattere con facilità, ma non altrettanto alla sua cavalleria sasanide. Così Galerio fu in grado di affrontare il nemico in due battaglie, dove ottenne delle importanti vittorie.
Durante il secondo scontro, la battaglia di Satala del 298 d.C, gli uomini di Galerio conquistarono l’accampamento di Narseh, rubando il suo tesoro, sequestrando sua moglie e tutto il suo harem. La moglie di Narseh venne condannata a vivere come prigioniera in un sobborgo della città di Antiochia, in modo che rappresentasse costantemente per i persiani il ricordo della vittoria romana.
Galerio avanzò quindi nella zona della Media, una regione dell’odierno Iran nord-occidentale, e dell’Adiabene, un antico regno della Mesopotamia settentrionale, ottenendo continue vittorie soprattutto a Teodosiopoli e a Nisibis, il primo ottobre del 298 d.C.
Scese poi con i suoi uomini lungo il fiume Tigri, catturando la capitale dei sasanidi, Ctesifonte, e visitando le rovine di Babilonia, prima di tornare in territorio romano attraverso l’Eufrate. Le fonti antiche non parlano esplicitamente di un saccheggio ai danni di Ctesifonte, ma si presume che sia avvenuto per via del sequestro della moglie e dell’harem di Narseh.
Imperatore Galerio e i negoziati di pace con la Persia
Narseh inviò degli ambasciatori a Galerio per supplicare di restituirgli la moglie e i figli, ma Galerio scacciò gli emissari sasanidi, ricordandogli come il predecessore di Narseh, Sapore, aveva trattato l’imperatore Valeriano una volta catturato.
I romani trattarono comunque con dignità la famiglia di Narseh, forse sull’esempio di Alessandro Magno, che si era comportato con rispetto nei confronti della famiglia del Re Dario III. Nella primavera del 299 iniziarono i negoziati di pace, presieduti sia da Diocleziano che da Galerio. Il loro segretario, Sicorio Probo, raggiunse Narseh per presentargli i termini dell’accordo.
Le condizioni di pace imposte dai romani erano abbastanza pesanti: la Persia cedette gran parte dei suoi territori a Roma, facendo dei fiumi Tigri il confine definitivo tra i due imperi. Ulteriori termini stabilivano che l’Armenia sarebbe tornata sotto la piena dominazione romana e che il forte Ziatha sarebbe valso come confine.
Tutta l’Iberia caucasica prestò giuramento di fedeltà a Roma e venne guidata da un incaricato romano. La città di frontiera di Nisibis diventò l’unico canale di commercio tra la Persia e Roma. Non solo, Roma potè esercitare il controllo sui cinque distretti territoriali della Persia, le satrapie: Ingilene, Sophanene, Aghdznik, Corduene e Zabdicene.
Con la sottomissione di questi territori, Roma avrebbe potuto contare su una roccaforte a nord di Ctesifonte, in modo da controllare, e all’occasione impedire, qualsiasi movimento delle forze persiane attraverso la regione.
Tiridate, Re filoromano, riguadagnò il suo trono e tutte le zone che erano state sotto la sua influenza.
Il regno di Galerio come Augusto
Il sistema tetrarchico di Diocleziano prevedeva la presenza di due imperatori maggiori, gli Augusti, e due imperatori minori, i Cesari: ognuno di loro avrebbe governato in autonomia un quarto dell’impero. I due Augusti si sarebbero dovuti spontaneamente ritirare dal comando, lasciando che i Cesari diventassero i nuovi Augusti, i quali avrebbero nominato a loro volta due nuovi Cesari, in un meccanismo apparentemente perfetto che doveva risolvere il problema della successione Imperiale.
Dopo il ritiro di Diocleziano e del suo collega Massimiliano, Costanzo I e Galerio divennero i nuovi Augusti e Galerio dovette scegliere i due nuovi Cesari. Galerio pensò di promuovere due persone sulle quali aveva una forte influenza, in modo da mantenere il controllo su una porzione più ampia dell’impero.
Il primo fu Massimino Gaza, la cui madre era la sorella di Galerio. Si trattava di un giovane abbastanza inesperto e poco educato, che venne investito della Porpora Imperiale e assegnato al comando dell’Egitto e della Siria.
Il secondo fu Severo, un compagno d’armi di Galerio, che venne inviato a Milano per ricevere ufficialmente il controllo dell’Italia e dell’Africa.
Tecnicamente Severo riconosceva l’autorità del suo Augusto, ovvero Costanzo I, ma difatti la sua posizione era del tutto dovuta alla decisione del suo benefattore Galerio, il quale era riuscito ad ottenere il controllo su tre quarti dell’Impero.
Ma le speranze di Galerio furono presto deluse quando il suo collega Costanzo morì a York nel 306 d.C e le sue legioni elevarono suo figlio Costantino nella posizione di Augusto.
Valerio lo scoprì di sorpresa, quando ricevette una lettera personale da Costantino che lo informava della morte del padre, spiegando che l’insistenza delle sue truppe lo aveva praticamente obbligato ad accettare la Porpora Imperiale, prima che potessero sollevarsi problemi o presentarsi usurpatori al trono.
Secondo le fonti antiche, Galerio non riuscì a trattenere la sua delusione e la rabbia, minacciando di bruciare sia la lettera che colui che gliel’aveva spedita.
Ma poco dopo Galerio si rese conto che una guerra contro Costantino sarebbe stata per lui pericolosa. Costantino era stato suo ospite per qualche tempo nella città di Nicomedia, e Galerio aveva avuto modo di rendersi conto che le sue legioni gli erano straordinariamente fedeli.
Così, con un freddo calcolo politico, accettò che il figlio del suo defunto collega diventasse governatore delle province d’oltralpe, ma gli concesse solamente il titolo di Cesare, mentre il posto vacante come Augusto venne assegnato al suo favorito Severo.
Presto si presentò un nuovo problema: la necessità di aumentare la tassazione per rimpinguare le casse statali aveva portato Galerio ad ordinare un dettagliato censimento delle proprietà della popolazione italica. L’Italia era sempre stata esente da ogni forma di tassazione, come segno di riconoscenza nei confronti dei popoli italici che avevano permesso a Roma di diventare grande, ma Galerio ignorò questa tradizione e ordinò di tassare anche le popolazioni della penisola.
Si generò così una ondata di malcontento e di risentimento nei suoi confronti, che venne prontamente accolta e sfruttata da un nuovo pretendente al trono, Massenzio.
Imperatore Galerio ordinò al collega Severo di marciare verso Roma, ma i soldati di quest’ultimo, appena vennero a sapere che il loro vecchio comandante e collaboratore di Diocleziano, Massimiano, era tornato a ricoprire il grado di Augusto, si ammutinarono e giustiziarono Severo.
Galerio fu costretto ad intervenire personalmente per difendere il suo potere. Alla testa di un potente esercito che aveva raccolto nella zona della Illiria e dall’Oriente, penetrò in Italia per vendicare la morte di Severo e punire i ribelli.
Ma Massimiano aveva adeguatamente preparato il territorio dell’Italia, sbarrando le strade all’esercito di Galerio e creando un sistema di fortificazioni particolarmente efficiente. Così Galerio, rendendosi conto che la situazione andava complicandosi, tentò riconciliarsi con Massimiano inviando due ambasciatori per trattare i termini della pace.
Galerio ricordò a Massimiano e a Massenzio che avrebbero ottenuto molto di più della sua generosità piuttosto che attraverso una campagna militare.
Le offerte di Galerio vennero però respinte con fermezza e la sua amicizia rifiutata: Galerio iniziò a rendersi conto che il pericolo di essere ucciso dalle truppe ora fedeli a Massimiano era reale, e che presto avrebbe potuto fare la fine di Severo.
Inoltre, Massenzio e Massimiano avevano avviato una campagna di corruzione delle legioni illiriche, che rappresentavano la base del potere di Galerio, e ci stavano riuscendo perfettamente. Quando Galerio decise di ritirarsi dall’Italia, riuscì a malapena ad impedire ai suoi veterani di abbandonarlo e di consegnarlo al nemico.
Scampato il pericolo, Galerio, nel 308 d.C, decise di richiamare l’imperatore in pensione Diocleziano e di convocare assieme a lui anche Massimiano: si organizzò così un incontro ufficiale a Carnuntum, sul fiume Danubio, con l’obiettivo di ristabilire i ruoli gerarchici nell’impero.
Galerio lasciò al generale Licinio, suo amico personale e compagno militare di lunga data, il controllo della difesa del Danubio, promettendogli che sarebbe diventato Augusto in Occidente con Costantino come suo Cesare. In Oriente Galerio sarebbe rimasto l’Augusto, assieme a Massimino come suo Cesare.
Infine, Massimiano si sarebbe dovuto ritirare a vita privata, mentre Massenzio fu dichiarato un semplice usurpatore.
Il piano di Galerio fallì immediatamente: non appena la notizia della promozione di Licinio giunse in Oriente, Massimino, che governava le province dell’Egitto della Siria, rifiutò la sua posizione di Cesare e pretese lo stesso titolo di Augusto.
Così, ben sei imperatori “Augusti” rivendicavano il diritto di amministrare l’impero romano.
Negli ultimi anni Galerio si rese conto che i contendenti erano troppi, e dovette mano a mano rinunciare alla sua aspirazione di essere il sovrano supremo dei territori romani, anche se più volte il suo parere era quello più influente fra tutti.
Trascorse il resto dei suoi anni fra i divertimenti ma ordinò anche la costruzione di alcune importanti opere pubbliche come lo scarico delle acque superflue del lago Pelso nel fiume Danubio, oltre all’abbattimento delle immense foreste circostanti.
Imperatore Galerio e la persecuzione contro i cristiani
Anche se le persecuzioni dei cristiani sono passate alla storia come volontà di Diocleziano, un più attento studio delle fonti dimostra che l’editto del 24 febbraio del 303 d.C, che diede il via ad una nuova serie di violenze, era piuttosto opera di Galerio.
L’imperatore era un fermo sostenitore delle antiche usanze e Dei pagani, e vedeva il cristianesimo come un pericolo.
Fu Infatti per netta insistenza di Galerio che vennero pubblicati gli ultimi editti di persecuzione, ovvero quelli che furono emanati il 24 febbraio del 303: questa politica di repressione durò per diversi anni, almeno fino all’editto di tolleranza di Nicomedia dell’aprile 311, che venne deciso dallo stesso Galerio durante la vecchiaia e probabilmente per via di una malattia.
Secondo il racconto delle fonti antiche, Galerio, ormai malato e prossimo alla morte, avrebbe chiesto ai cristiani di pregare per lui e di perdonarlo. Proprio in questa situazione sarebbe nata l’idea di concedere l’Editto di tolleranza. Dopo 6 giorni Galerio morì.
Dopo appena due anni, nel 313, Costantino e Licinio avrebbero legalizzato il cristianesimo nell’Impero, attraverso il famoso editto di Milano.
La morte di Galerio
Galerio morì alla fine del mese di aprile, o forse di maggio, del 311 d.C per una malattia raccapricciante, raccontataci sia da Eusebio che da Lattanzio, forse un cancro intestinale o una cancrena. Venne sepolto nel suo mausoleo a Gamzigrad, odierna Serbia, azione che fa pensare ad alcuni storici che quella fosse in realtà la sua città natale.
Nel sito archeologico sono stati ritrovati alcuni grumi che, ad una attenta analisi, risultano essere una cotta di ferro, probabilmente una Lorica Hamata. Potrebbe essere stata una armatura di maglia indossata dall’imperatore e bruciata durante il suo funerale.
Il sito dove venne sepolto Galerio è iscritto nella lista dei patrimoni mondiali dell’umanità dal giugno del 2007.