Un elefante da guerra era un elefante addestrato e guidato per il combattimento. Il suo uso principale consisteva nel caricare il nemico, calpestandolo e rompendo le fila e instillando il terrore nella fanteria e nella cavalleria.
Vennero impiegati per la prima volta in India, ma la pratica si diffuse abbastanza rapidamente in tutto il sud-est asiatico e verso Ovest nel Mediterraneo. Il loro uso più famoso in Occidente fu quello da parte del generale greco Pirro, Re dell’Epiro, ma anche da parte del condottiero cartaginese Annibale durante la seconda guerra punica.
La scoperta dell’elefante da guerra
La prima specie di elefanti ad essere addomesticata fu sicuramente l’elefante asiatico, per uso agricolo. Gli elefanti non potevano essere allevati ma solamente addomesticati dopo essere stati catturati in natura.
Le prove più antiche dell’utilizzo degli elefanti provengono della civiltà della Valle dell’Indo attorno al 4500 avanti Cristo. Esistono anche prove archeologiche della presenza di elefanti selvatici nella valle del fiume Giallo durante la dinastia cinese Shang.
Vi è incertezza su quando gli elefanti da guerra fecero la loro comparsa sui campi di battaglia. Secondo la maggioranza delle fonti, il primo confronto tra gli europei e gli elefanti da guerra persiani avvenne durante la battaglia di G,augamela guidata da Alessandro Magno nel 331 avanti Cristo dove i Persiani schierano 15 elefanti.
Posti al centro della linea persiana, fecero tale impressione sulle truppe macedoniche che Alessandro sentì il bisogno di compiere sacrifici al Dio della Paura, la notte prima della battaglia. Alessandro vinse clamorosamente a Gaugamela ma rimase profondamente impressionato dalla potenza degli elefanti nemici e realizzò una prima contingente di 15 esemplari nel suo esercito, aumentando gradualmente il numero durante la sua cattura del resto della Persia.
Anche durante la battaglia del fiume Idaspe Alessandro se ritrovò contro un numero di circa 100 elefanti da guerra: il generale ebbe l’idea di ingaggiare battaglia solamente con la fanteria e la cavalleria, sconfiggendo le forze avversarie del Re Poro, anche se con un notevole dispendio di uomini.
Infine giunsero ambascerie ad Alessandro che annunciavano come gli imperi di Ananda e Gangaridai fossero pronti a schierare tra i 3000 e i 6000 elefanti da guerra. Per questo motivo, Alessandro avrebbe rinunciato al resto della sua conquista.
Al suo ritorno, il generale avrebbe però stabilito una forza permanente di elefanti per proteggere il suo palazzo di Babilonia, creando addirittura un responsabile alla gestione di queste unità chiamato “Elefantarca”.
Il contatto degli elefanti con il mondo romano avvenne durante le guerre pirriche. Il condottiero Pirro, Re dell’Epiro, avrebbe utilizzato questa straordinaria arma contro i Legionari romani, che in quell’epoca non conoscevano e non avevano mai affrontato un avversario di questo tipo.
L’utilizzo degli elefanti fu fondamentale nel corso delle prime battaglie, specialmente quella di Eraclea e di Ascoli Satriano.
La seconda volta che i romani dovettero affrontare gli elefanti, fu contro il condottiero cartaginese Annibale che li impiegò con relativo successo durante la Battaglia della Trebbia.
Ma l’esempio principale dell’utilizzo degli elefanti durante una battaglia è certamente quello dello scontro di Zama quando Annibale utilizzò degli elefanti schierati nella prima linea e Scipione Africano dovette ideare un meccanismo di corridoi per consentire ai pachidermi, opportunamente spaventati, di fluire attraverso le file dei legionari per arrivare nelle retrovie.
Armamento e impiego in battaglia
Gli elefanti non erano un’arma facile da impiegare.
Il primo problema consisteva nel fatto che gli elefanti non potevano essere semplicemente allevati, come altri tipi di animali, ma dovevano essere necessariamente catturati in cattività e condotti ad essere un arma da impiegare sul campo di battaglia attraverso anni di addestramento.
Bisognava impiegare anni di rigore, regole e disciplina per riuscire a trasformare questi animali selvaggi in qualcosa di utilizzabile contro un nemico preparato. Ma gli eserciti antichi scelsero lo stesso di utilizzare l’elefante in quanto quest’arma, una volta pronta, era devastante nei confronti del nemico.
L’elefante era in grado di attaccare decine di uomini di fanteria e di schiacciarli nell’arco di pochi minuti, semplicemente utilizzando il suo enorme corpo di pachiderma. Era anche possibile attaccare una serie di punte o di lance alle sue zanne per amplificare il suo effetto di sfondamento.
Inizialmente l’elefante era guidato da una specie di fantino attraverso una sella di cuoio che aveva anche il compito di proteggere i fianchi e la parte frontale dell’animale.
Nel corso del tempo, ci fu una ulteriore evoluzione del modo di armare l’elefante da guerra: in particolare venne attaccata sulla schiena dell’animale una torretta che poteva ospitare fino a 4 arcieri. In questo modo, oltre a devastare gli uomini con la sua forza, alcuni guerrieri dall’alto potevano bersagliare i legionari in fuga, diventando un’arma di straordinaria efficacia.
Gli elefanti erano perfetti anche per spaventare la cavalleria: molto spesso dei cavalli non particolarmente addestrati cadevano in preda al panico al solo odore di questo tipo di animali, e impedire che la cavalleria venisse disarticolata dai pachidermi era operazione particolarmente difficile.
Come affrontare un elefante?
Ai legionari che affrontavano questo tipo di animali la sola idea di poter vincere e sbarazzarsi di un pachiderma del genere dovette sembrare impossibile.
Eppure nel corso del tempo, vennero sviluppate delle soluzioni soprattutto da parte dell’esercito romano per vincere questo tipo di minaccia. Il primo aspetto di cui tenere conto era quello di abituare gli uomini e la cavalleria alla vista, all’odore e ai rumori che venivano prodotti dagli elefanti.
Già questo metodo di preparazione psicologica nei confronti dei pachidermi aveva l’effetto di non causare l’immediata rottura delle file durante l’attacco.
Gli elefanti venivano poi attaccati puntualmente dall’artiglieria: bersaglio preferito era certamente la testa, ma anche le parti del ventre e delle zampe.
Ad un certo punto i romani riuscirono ad organizzare addirittura delle piccole unità di fanteria con il compito di raggiungere velocemente la parte bassa dell’animale e di squarciarla, ritirandosi con particolare rapidità e lasciando che l’animale stramazzasse al suolo.
Uno dei metodi principali per neutralizzare un elefante era anche quello di terrorizzarlo attraverso rumori e suoni particolarmente forti. Molte volte questa tecnica portava addirittura all’impazzimento dell’animale, che spesso ripiegava sulle proprie stesse file, danneggiando i suoi uomini.
Nel momento in cui una situazione del genere occorreva, il fantino aveva a disposizione una punta di metallo e un martello che utilizzava per perforare il cervello dell’animale, causando l’immediata morte dell’animale e impedendo che potesse radere al suolo lo stesso esercito dal quale era stato impiegato.
Il tramonto dell’elefante da guerra
Gli elefanti venero impiegati durante la campagna romana contro i lusitani e i celtiberi in Hispania. Durante la seconda guerra celtiberica , Quinto Fulvio Nobiliore fu aiutato da dieci elefanti inviati dal re Masinissa di Numidia .
Notoriamente, i romani usarono un elefante da guerra nella loro prima invasione della Gran Bretagna , un antico scrittore registrò che “Cesare aveva un grande elefante, che era dotato di armatura e portava arcieri e frombolieri nella sua torre. Quando questa creatura sconosciuta entrò nel fiume, I britannici e i loro cavalli fuggirono e l’esercito romano passò oltre ” – anche se potrebbe aver confuso questo incidente con l’uso di un elefante da guerra simile nella conquista finale della Gran Bretagna da parte di Claudio.
Nella campagna africana della guerra civile romana del 49–45 aC, l’esercito di Metello Scipione usò gli elefanti contro l’esercito di Cesare nella battaglia di Taso . Scipione addestrò i suoi elefanti prima della battaglia allineando gli elefanti di fronte ai frombolieri che avrebbero lanciato pietre contro di loro, e un’altra linea di frombolieri sul retro degli elefanti, al fine di spingere gli animali in una sola direzione, impedendogli di caricare le loro stesse linee, ma l’autore del “De Bello Africano” ammette l’enorme sforzo e il tempo necessari per farlo.
Al tempo dell’imperatore Claudio, tuttavia, tali animali venivano usati dai romani solo in numero singolo: l’ultimo uso significativo di elefanti da guerra nel Mediterraneo fu contro i romani nella battaglia di Tapso, 46 a.C., dove Giulio Cesare armò la sua quinta legione ( Alaudae ) con le asce e ordinò ai suoi legionari di colpire le zampe degli elefanti. La legione resistette alla carica e l’elefante divenne il suo simbolo.
Tapso fu l’ultimo uso significativo di elefanti in Occidente.