La Crociata dei Poveri, anche conosciuta come Crociata dei Pezzenti, fu un movimento spontaneo e non ufficiale che precedette la Prima Crociata. Nel 1096, migliaia di contadini, poveri e piccoli nobili risposero all’appello di Papa Urbano II, desiderosi di liberare la Terra Santa dagli infedeli e ispirati dal fervore religioso. Questo esercito improvvisato, guidato da Pietro l’Eremita, partì dall’Europa occidentale con poche risorse e scarsa preparazione militare.
Il viaggio verso Gerusalemme fu arduo e disorganizzato. I crociati attraversarono il Sacro Romano Impero, l’Ungheria e i territori bizantini, saccheggiando e causando disordini lungo il cammino. La mancanza di disciplina e le difficoltà logistiche portarono a gravi sofferenze. Giunti in Anatolia, i crociati furono attaccati dalle forze musulmane selgiuchidi. Senza una guida militare esperta e con armamenti inadeguati, furono facilmente sconfitti nella battaglia di Civetot nell’ottobre 1096.
La chiamata di Papa Urbano II per liberare la terra Santa
Nel XI secolo, l’Europa era caratterizzata da una frammentazione politica e territoriale. I principali poteri erano il Sacro Romano Impero, sotto la guida degli imperatori tedeschi, e il regno di Francia, suddiviso in vari feudi e dominato da nobili locali. La Chiesa cattolica, con il Papa a Roma, era una forza unificante spirituale e politica, ma anche fonte di conflitti con i poteri laici, come dimostrato dalla lotta per le investiture tra il papato e l’impero.
Le campagne militari dei Normanni in Italia meridionale e in Sicilia avevano creato nuovi equilibri di potere. I Bizantini, pur detenendo il controllo di Costantinopoli e di parte dell’Anatolia, erano sotto pressione costante dalle incursioni dei Turchi Selgiuchidi, che avevano conquistato gran parte dell’Asia Minore e minacciavano ulteriormente l’impero.
Nel contesto di un’Europa divisa e di una Chiesa alla ricerca di maggiore autorità, Papa Urbano II vide un’opportunità per rafforzare il potere papale e unificare i cristiani sotto una causa comune. Il 27 novembre 1095, durante il Concilio di Clermont, Urbano II fece un appello storico, esortando i cristiani occidentali a prendere le armi per liberare Gerusalemme e la Terra Santa dal dominio musulmano.
Il suo discorso enfatizzava la sofferenza dei pellegrini cristiani e delle comunità orientali sotto il controllo islamico, richiamando l’idea di una guerra santa (bellum sacrum). Urbano II prometteva indulgenze plenarie a chiunque partecipasse alla crociata, garantendo la remissione dei peccati e l’assicurazione di salvezza eterna. Questo appello non solo rispondeva alla richiesta di aiuto dell’imperatore bizantino Alessio I Comneno, ma anche incanalava le energie bellicose dei nobili europei verso un obiettivo religioso comune, piuttosto che verso i conflitti interni.
La chiamata di Urbano II scatenò un entusiasmo senza precedenti, coinvolgendo non solo i nobili e i cavalieri, ma anche masse di contadini e poveri, desiderosi di partecipare a questa missione divina.
Pietro l’Eremita e l’esercito della Crociata dei Poveri
Pietro l’Eremita è una figura centrale nella storia della Crociata dei Poveri. Nato intorno al 1050, era un predicatore itinerante di origine francese, noto per la sua fervente devozione religiosa e il suo carisma. Dopo aver compiuto un pellegrinaggio in Terra Santa, durante il quale si dice abbia ricevuto una visione divina che gli ordinava di liberare Gerusalemme, Pietro iniziò a predicare con ardore il bisogno di una crociata.
Il suo messaggio trovò eco in un’Europa già predisposta all’idea di una guerra santa, in parte grazie all’appello di Papa Urbano II. Pietro, vestito in abiti poveri e spesso scalzo, percorse città e villaggi, radunando migliaia di seguaci tra i contadini, i poveri e i piccoli nobili. Il suo carisma e la sua eloquenza ispirarono molte persone che vedevano in lui una guida spirituale e un esempio di devozione cristiana.
Ma l’esercito della Crociata dei Poveri era eterogeneo e disorganizzato. Non era un’armata regolare, ma piuttosto un insieme di gruppi di persone di diverse provenienze sociali e geografiche, uniti dal comune desiderio di rispondere all’appello del Papa e di Pietro l’Eremita. La maggioranza dei partecipanti erano contadini e gente povera. Attratti dalla promessa di remissione dei peccati e di salvezza eterna, lasciarono le loro terre nella speranza di trovare una vita migliore e di servire la loro fede.
In questo esercito raccogliticcio, vi erano anche alcuni piccoli nobili e cavalieri, privi di terre e opportunità nelle loro regioni d’origine, che si unirono alla crociata nella speranza di ottenere terre e ricchezze in Terra Santa.
L’esercito della Crociata dei Poveri non aveva una struttura gerarchica chiara o una strategia militare definita. Pietro l’Eremita era il leader spirituale, ma mancava di esperienza militare e organizzativa. I crociati si muovevano in gran parte in maniera autonoma, spesso affidandosi alla provvidenza divina più che a piani concreti. La mancanza di disciplina e organizzazione rendeva il gruppo vulnerabile e mal equipaggiato per affrontare le sfide che avrebbero incontrato lungo il cammino.
Il Percorso della Crociata dei Poveri e gli Eccidi
La Crociata dei Poveri partì dalla Francia e dalla Germania nella primavera del 1096. Pietro l’Eremita e altri leader come Gualtieri Senza Averi guidarono diverse colonne di crociati attraverso il Sacro Romano Impero. Lungo il percorso, questi gruppi si fermarono in varie città per raccogliere ulteriori seguaci e provviste.
Uno degli episodi più tragici fu la serie di attacchi contro le comunità ebraiche della Renania. Questi pogrom furono in parte motivati da una distorta interpretazione religiosa e dalla necessità di fondi per il viaggio. Alcuni crociati credevano che fosse necessario purificare l’Europa dagli “infedeli” prima di liberare la Terra Santa.
I crociati guidati da Emicho di Leiningen arrivarono a Magonza nel maggio del 1096. Qui, la comunità ebraica tentò di negoziare la propria sicurezza offrendo denaro. Ma la violenza esplose quando i crociati assaltarono la città, massacrando circa 1.100 ebrei che si erano rifugiati nelle loro case e nella sinagoga.
Presso la città di Worms, gli ebrei cercarono protezione presso il vescovo locale. Nonostante i suoi sforzi, i crociati fecero irruzione e massacrarono circa 800 ebrei. A Colonia, la comunità ebraica fu dispersa e molte persone furono uccise o costrette a fuggire. Numerosi ebrei furono battezzati forzatamente per evitare la morte.
Dopo aver attraversato il Sacro Romano Impero, seminando distruzione, i crociati raggiunsero l’Ungheria. Le tensioni con le popolazioni locali aumentarono a causa della mancanza di risorse e della condotta indisciplinata dei crociati. In particolare a Zemun, una città sulla frontiera tra Ungheria e l’Impero Bizantino, i crociati attaccarono la popolazione locale, saccheggiando le case e causando molte morti.
Giunti nei territori dell’Impero Bizantino, i crociati continuarono a comportarsi in modo disorganizzato e spesso violento. L’Impero Bizantino, preoccupato dall’arrivo di questa massa disordinata, tentò di limitare i danni. Ma i crociati compirono saccheggi e atti di violenza, peggiorando le relazioni con i Bizantini.
Così, l’Imperatore Alessio I Comneno cercò di facilitare il loro passaggio verso l’Asia Minore, sperando di accelerare il più possibile la loro partenza.
L’arrivo in Anatolia e la sconfitta a Civetot
Dopo aver attraversato il Bosforo con l’aiuto dell’Imperatore bizantino Alessio I Comneno, i crociati della Crociata dei Poveri si stabilirono nei pressi della città di Civetot (oggi İznik, in Turchia). La loro presenza in Anatolia creò subito tensioni con i Turchi Selgiuchidi, che controllavano la regione. I crociati, privi di una guida militare esperta e di una strategia definita, iniziarono a saccheggiare i villaggi locali per procurarsi provviste, provocando la reazione dei Selgiuchidi.
I Selgiuchidi, sotto la guida del sultano Kilij Arslan I, decisero di eliminare la minaccia rappresentata dai crociati. Conoscendo la mancanza di disciplina e la disorganizzazione degli avversari, Kilij Arslan pianificò un’imboscata per annientarli definitivamente.
Il 21 ottobre 1096, i crociati si mossero dalla loro base a Civetot verso Nicaea, l’attuale İznik, per un raid contro i Turchi. Divisi in due colonne principali, una guidata da Geoffroi Burel e l’altra da un gruppo di leader meno noti, avanzavano senza una chiara coordinazione.
I Selgiuchidi approfittarono della mancanza di disciplina e della scarsa preparazione dei crociati. Nelle strette valli e nei boschi della regione, i Turchi si nascosero e prepararono l’imboscata. Quando le due colonne di crociati si separarono, i Selgiuchidi attaccarono con forza superiore e ben organizzata.
La prima colonna, guidata da Geoffroi Burel, fu attaccata di sorpresa. I crociati, colti alla sprovvista, tentarono una difesa disperata, ma la superiorità tattica e numerica dei Selgiuchidi si fece presto sentire. La battaglia si trasformò rapidamente in un massacro.
Nel frattempo, la seconda colonna, più lontana, cercò di venire in aiuto, ma fu anch’essa attaccata e circondata. La mancanza di coordinazione e di un comando centrale efficace rese impossibile qualsiasi strategia di difesa o di controffensiva.
Con i ranghi spezzati e il morale crollato, molti crociati cercarono di fuggire. Ma il terreno sconosciuto e la pressione incessante dei Turchi fecero sì che molti fossero catturati o uccisi. Solo pochi riuscirono a raggiungere la sicurezza delle fortificazioni bizantine.
Le conseguenze
La maggior parte dell’esercito crociato fu annientata. Si stima che solo poche centinaia di crociati sopravvissero alla battaglia e alla successiva cattura. I prigionieri furono venduti come schiavi o costretti a convertirsi all’Islam. Pietro l’Eremita, che non partecipò direttamente alla battaglia, riuscì a sopravvivere e tornò a Costantinopoli.
La disfatta di Civetot segnò la fine della Crociata dei Poveri. Ma questo disastro militare servì come lezione per le future crociate.
Anzitutto la Crociata dei Poveri evidenziò la necessità di una guida militare competente. La mancanza di comandanti esperti e di una chiara strategia militare fu una delle principali cause della disfatta. Infatti, le crociate successive furono guidate da nobili e cavalieri con esperienza militare, come Goffredo di Buglione, Raimondo IV di Tolosa e Boemondo di Taranto.
Le crociate successive si concentrarono inoltre sul reclutamento di cavalieri e soldati addestrati, riducendo il numero di civili e pellegrini non combattenti il che garantì un esercito più efficace e meglio preparato per le sfide militari.
Anche la mancanza di provviste e denaro fu un problema costante per la Crociata dei Poveri. Le crociate successive furono pianificate con maggiore attenzione alla logistica e al finanziamento. Vennero infatti organizzati sistemi di supporto per garantire che le truppe avessero provviste sufficienti lungo il percorso e per evitare il saccheggio delle popolazioni locali.