La battaglia di Zela è uno scontro che si è tenuto fra l’esercito di Giulio Cesare e quello di Farnace II, re del Ponto, nel 47 a.C. La vittoria dei romani fu totale, e passò alla storia per la straordinaria velocità con cui i legionari sconfissero il nemico e per la frase con cui Cesare diede l’annuncio in Senato: “Veni, vidi, vici”, “Sono arrivato, ho visto, ho vinto “.
I movimenti di Cesare nel Mediterraneo
Lo scontro decisivo della guerra civile fra Cesare e Pompeo si tenne nella piana di Farsalo, in Tessaglia, Grecia.
Cesare, con una straordinaria soluzione tattica, riuscì a battere definitivamente il suo avversario, così Pompeo, che aveva visto il suo esercito scomporsi completamente, decise di fuggire verso l’Egitto, dove riteneva di poter ottenere asilo politico.
La sua scelta si rivelò completamente sbagliata: l’allora faraone, Tolomeo, scelse di ucciderlo a tradimento, immaginando di fare un favore al vittorioso Cesare, il quale, arrivato anche lui in Egitto e scoperta la testa mozzata di Pompeo, pianse lacrime amare. Nonostante Pompeo fosse stato il suo avversario, Cesare aveva molto rispetto di lui, anche per il legame che aveva avuto con sua figlia, di cui era stato il marito.
Cesare, nonostante la situazione nel Mediterraneo fosse ancora incerta, prolungò in maniera del tutto inaspettata Il suo soggiorno in Egitto. Fu esattamente in quel periodo che fece la conoscenza della regina Cleopatra: fra i due si stabilì un rapporto sia sentimentale che politico.
Cleopatra poteva sfruttare il potere di Cesare per superare la contesa dinastica a scapito del fratello Tolomeo, e Cesare avrebbe potuto utilizzare la regina per mantenere il controllo su un territorio strategicamente importante.
Del resto, l’intromissione di Cesare nella politica egizia gli si ritorse contro: gli avversari di Cleopatra sobillarono il popolo e l’esercito contro il generale romano, che rimase assediato nel palazzo reale, rischiando seriamente la vita.
Aiutato da unità di rinforzo, Cesare riuscì a capovolgere la situazione e ad uscire da quella condizione. Ma di lì a poco, si stagliò di fronte un’altra sfida militare: quella di Farnace II, Re del Ponto.
Il pericolo di Farnace II
Uno dei più strenui avversari di Roma era stato il re Mitridate VI, Re del Ponto, zona nordorientale dell’Asia Minore, attuale Turchia. Suo figlio, Farnace II, aveva progettato di recuperare tutte le terre che erano state strappate al padre, in particolar modo da Pompeo.
Così aveva reclutato un ingente esercito con il quale aveva invaso le province romane di Cappadocia e di Armenia, due territori strategicamente importanti. Il primo generale romano che cercò di contenere la furia di Farnace, Lucio Domizio, lo affrontò con il suo esercito nel dicembre del 48 a.C presso la città di Nicopolis.
Per i romani fu una disfatta. L’esercito di Farnace, più numeroso e organizzato, mise in fuga i legionari Romani. Notevolmente incoraggiato da questa prima vittoria, Farnace conquistò delle altre regioni del Ponto, oltre ad assediare ed espugnare la città di Amiso, che venne condannata al saccheggio e all’assassinio di quasi tutti i suoi abitanti.
Non solo: Farnace stava anche portando dalla sua parte una vasta serie di Re, principi locali e governanti, ingrossando notevolmente il suo esercito e costituendo un pericolo sempre maggiore per la stabilità dei territori orientali di Roma.
L’avvicinamento di Cesare a Farnace
Quando Cesare venne a sapere che il pericolo di Farnace stava diventando estremamente concreto, decise di muovere immediatamente contro il nemico. Il suo soggiorno in Egitto si era prolungato già troppo, ed era tempo di rimettersi in viaggio per avviare le operazioni in Oriente.
Cesare marciò con il suo esercito attraverso il territorio dell’Armenia, con una rapidità impressionante. Come era già accaduto durante la conquista della Gallia, la sola velocità dei legionari romani, preoccupò gravemente Farnace, che inviò immediatamente degli ambasciatori.
I messaggeri di Farnace informarono Cesare che il loro sovrano non aveva mai aiutato il suo nemico politico, Pompeo, e che non avevano intenzione di venire alle armi con i romani. Anzi, vennero proposte delle condizioni di pace.
In realtà, secondo il racconto di Dione Cassio, questi messaggi concilianti nascondevano una strategia ben più subdola. Farnace desiderava semplicemente aspettare che Cesare fosse costretto a rientrare in Italia con il suo esercito, per poi riprendere la conquista indisturbato.
Cesare sembrò capire perfettamente il piano di Farnace, ed elaborò una contromossa: fece finta di ricevere la prima e la seconda ambasceria con tutti gli onori, facendo credere di essere caduto nel tranello di Farnace e trattando con calcolata benevolenza la tregua fra i due. Nel frattempo però, il suo esercito si avvicinava continuamente, arrivando a braccare l’avversario.
Quando si trovò a ridosso del nemico, Cesare accolse la terza ambasceria con un tono completamente diverso: Cesare attribuì a Farnace un comportamento del tutto inaccettabile, e disse che al contrario, egli avrebbe dovuto appoggiare Pompeo, che gli era stato un benefattore.
Fu Cesare a non dare alcuna possibilità a Farnace di negoziare la pace. Nello stesso giorno in cui legionari romani arrivarono presso la città di Zela, oggi Zila, in Turchia orientale, iniziò il combattimento.
La battaglia di Zela: andamento
La battaglia di Zela si svolse nel 47 a.C. Farnace, che era stato evidentemente costretto alla battaglia, si posizionò su una collina, in una posizione sicura, con tutto il suo esercito. Cesare fece altrettanto, accampandosi su una collina lì vicino, e dando i primi ordini ai suoi uomini.
La situazione cambiò improvvisamente quando Farnace diede ordine alla sua cavalleria e ai suoi temibili carri falcati, di scendere dalla propria collina, e attaccare quella su cui si trovavano i legionari. Si trattava di una mossa inaspettata, in quanto normalmente un esercito non abbandona una posizione sicura e sopraelevata per marciare contro il nemico in salita.
In questa prima fase della battaglia i legionari furono colti di sorpresa: fu in questo momento che i soldati di Cesare subirono le maggiori perdite. Ma di lì a poco, entrò in gioco la proverbiale capacità di Cesare di gestire le situazioni di emergenza e ribaltarle a proprio favore. Cesare riuscì a riorganizzare rapidamente il suo esercito, disponendolo in una sola linea compatta.
Aveva a disposizione quattro legioni: al centro vennero posizionate la legione pontica, soldati prelevati direttamente sul luogo e la XXII Deiotariana, una legione di origine Gallica, su cui Cesare faceva molto affidamento. Sull’ala sinistra la XXXVI legione, mentre sulla destra venne schierata la VI Ferrata.
I legionari romani, opportunamente disposti, riuscirono a respingere l’attacco dei soldati di Farnace, i quali si trovavano a questo punto stretti tra la valle e la loro stessa collina. Gli avversari iniziarono dapprima a vacillare, e poi iniziarono a fuggire in maniera scomposta.
La battaglia si trasformò in un autentico massacro: le fonti antiche parlano di 50.000 morti, una cifra forse esagerata, ma che rende bene l’idea di quanto l’esercito di Farnace fu completamente annientato. In poco meno di 5 ore di battaglia, Cesare aveva totalmente neutralizzato il pericolo.
La vittoria e la frase “Veni, Vidi, Vici”
Subito dopo aver ottenuto la vittoria, Cesare pensò di erigere un trofeo. In realtà, proprio in quella zona, era già stato eretto un trofeo simile da Mitridate VI, che aveva sconfitto qualche anno prima il generale romano Onofrio Triario.
Cesare non si permise di abbattere il trofeo dell’avversario, perchè questo era stato consacrato agli Dei della guerra, e il generale romano non voleva compiere un atto sacrilego. Pensò piuttosto di costruire, proprio a fianco di quello eretto da Mitridate, un altro trofeo ben più grande dell’avversario.
Cesare si occupò in seguito di restituire le terre che erano state strappate dai soldati di Farnace ai rispettivi proprietari. Iinfine raggiunse la città di Zela dove Compose un messaggio per infornare il Senato della vittoria. Fu esattamente in quella occasione che Cesare scelse di utilizzare una frase che sarebbe entrata nella storia romana: “Veni, Vidi, Vici”.
Il messaggio venne recapitato a Roma, al suo amico Marzio, che ne diede lettura in Senato. Si trattò di una notizia che sconvolse i senatori e gli aristocratici. Normalmente accadeva che giungesse prima la notizia dell’inizio di una guerra e poi quella del suo esito.
Nel caso di Cesare, la notizia della guerra e della vittoria giunsero contemporaneamente, con la più totale emozione del popolo romano.
Cesare, con fine calcolo politico, si preoccupò anche che tutti i cittadini sapessero di quanto era avvenuto: la sua frase venne incisa su alcune tavole di legno ed esposte durante il trionfo che si sarebbe tenuto di lì a pochi mesi.
A celebrare infine la velocissima vittoria di cui era stato capace, rimane un altro segno tangibile: un cilindro di marmo con impresso il suo “Veni, Vidi, Vici” , che fino a poco tempo era posizionato proprio nella città di Zila, nella Turchia orientale, il luogo che corrisponde allo scontro.
Secondo alcune informazioni, al momento non completamente verificate, il cilindro sarebbe tuttavia stato rubato. Ne rimane solamente un’immagine, scattata da fotografi amatoriali.