La battaglia di Pidna. Emilio Paolo sconfigge Perseo

La battaglia di Pidna è uno scontro tra le legioni romane guidate dal console Lucio Emilio Paolo e il sovrano macedone Perseo, dove le legioni romane inflissero una sonora sconfitta a loro avversario decretando il tramonto della potenza della falange macedone e la definitiva entrata di Roma in tutta la penisola balcanica.

La prima e la seconda guerra macedonica

I rapporti tra i romani e i macedoni erano cominciati diversi secoli prima, ma nei decenni precedenti si era arrivati più volte allo scontro armato. Nel corso della Prima guerra macedonica (214 – 205 a.C) Roma era impegnata nella seconda guerra punica e con la calata di Annibale nella penisola italiana.

L’ipotesi di un’alleanza tra Filippo V, Re di Macedonia e Annibale, preoccupava particolarmente lo Stato maggiore dell’esercito Romano, e dunque il Senato attivò un gioco di alleanze e contro alleanze con le diverse popolazioni greche, perennemente in lotta fra loro.

Venne intrapresa la famosa politica del “Divide et impera”: l’obiettivo principale era quello di mantenere la calma e di non aprire un nuovo fronte di guerra nel momento meno opportuno. L’operazione andò a buon fine.

Gli scontri ripresero nel corso della seconda guerra macedonica (200 – 197 a.C), quando il sovrano di Macedonia Filippo V dimostrò di avere delle mire espansionistiche importanti e andò allo scontro diretto con il popolo romano.

Se i primi generali inviati contro Filippo non ebbero particolare successo e le campagne furono inconcludenti, la storia cambiò con l’entrata in gioco di Tito Quinzio Flaminino, un generale di grandissima capacità che dimostrò di avere una profonda conoscenza dell’ecosistema della Grecia e della Macedonia.

Filippo V e Tito Quinzio Flaminino si incontrarono nella battaglia di Cinocefale, dove le legioni romane, con la loro velocità e mobilità, riuscirono a sconfiggere la terribile falange macedone: i risultati furono l’occupazione militare da parte dei romani di alcuni punti strategici della Macedonia e l’avvio di una serie di rapporti commerciali e di clientele, dove i romani erano particolarmente efficienti.

La terza guerra macedonica

Nel corso del tempo, Filippo V iniziò addirittura a collaborare con i romani, ma qualche anno dopo, suo figlio Perseo attivò una politica estera aggressiva, con l’obiettivo di riconquistare il potere militare perduto e riottenere il dominio sulla Macedonia e sui Balcani.

I romani non potevano accettare delle nuove espansioni ai danni delle loro clientele. Se la repubblica romana, nella prima fase della terza guerra macedonica, tergiversò senza riuscire ad arrivare a scontri decisivi, la storia ebbe una nuova svolta con la comparsa del console Lucio Emilio Paolo, che fu incaricato di guidare la guerra contro Perseo.

Si tratta di uno scontro tra due modi di fare la guerra diversi. Le legioni avevano dalla loro una grandissima mobilità e velocità di spostamento e si adattavano facilmente a tutti i tipi di terreno, ma si trovavano di fronte alla famigerata falange macedone, che nonostante una mobilità minore, con la sua formazione estremamente fitta e impenetrabile di lance o “sarisse”, costituiva un pericolo micidiale per chiunque gli si fosse parato davanti.

All’alba del 22 giugno 168 a.C, nei pressi del Monte Olimpo, Perseo e Lucio Emilio Paolo arrivarono alla resa dei conti.

Battaglia di Pidna: disposizione iniziale

La disposizione iniziale della compagine romana prevedeva le legioni al centro dello schieramento. Sulla parte destra, tradizionalmente quella più forte in ogni disposizione, vennero posizionati gli alleati italici e di fronte a loro una fila di elefanti per sfondare più facilmente e velocemente l’avversario. Sulla sinistra, gli alleati greci: secondo alcune fonti le ali sarebbero state rinforzate con della cavalleria.

La disposizione di Perseo era abbastanza speculare. Al centro, direttamente contro le legioni, i 3000 uomini che corrispondevano alla falange macedone e che avevano il compito di bucare il centro dello schieramento romano.

La parte sinistra, quella più debole, era costituita dagli ausiliari mentre la parte destra era decisamente più forte. Perseo, con i suoi uomini di cavalleria e la sua guardia personale, si posizionò sul lato destro, sfruttando al meglio la visuale sul campo di battaglia.

La battaglia di Pidna: lo scontro

Nel momento in cui le due formazioni avanzarono l’una contro l’altra, gli alleati greci ed italici tentarono di disinnescare il pericolo costituito dalle sarisse macedoni, cercando di mozzare le lance con le spade o di strapparle ai loro nemici per disarmarli.

Ci furono alcuni atti eroici: alcuni legionari saltarono addosso alle lance per superare la fila delle sarisse e attaccarono direttamente il nemico. Ma questa prima offensiva Romana non ebbe successo. Quel nugolo di lance appariva impenetrabile e terribile. Lo stesso Emilio Paolo, ammise di aver provato paura di fronte ad una vista tanto terribile.

A questo punto, il Generale romano concepì una ritirata strategica: i legionari si allontanarono dal campo di battaglia per rifugiarsi verso una posizione sopraelevata, arretrando lentamente ed ordinatamente.

Perseo, cogliendo la debolezza dell’avversario, diede ordine al proprio esercito di avanzare per incalzare il nemico… e qui accadde un fatto che cambiò completamente le sorti della battaglia.

Procedendo contro i romani, il terreno su cui la falange macedone si muoveva iniziò a cambiare: non più un suolo omogeneo e compatto, ma abbastanza impervio e diseguale. La formazione macedone iniziò quindi ad allargarsi e a disgregarsi fino al formarsi di veri e propri buchi tra i reparti.

Paolo, intuendo immediatamente la vulnerabilità del nemico, diede ordine i suoi legionari di attaccare e di infilarsi negli spazi tra un gruppo e l’altro dei soldati macedoni. In questo modo, i legionari romani riuscirono a superare il nugolo di sarisse e arrivarono al combattimento corpo a corpo con gli avversari.

Il miglior equipaggiamento romano era nettamente più efficace nel combattimento ravvicinato e consentì ai romani di fare strage di nemici. Nello stesso momento, il lato destro romano riuscì a sfondare la controparte e l’esercito di Perseo cominciò a andare nel panico e a disgregarsi in maniera irreparabile.

Perseo, con la sua guardia personale, ebbe un comportamento criticato dai contemporanei. Si allontanò infatti dal campo di battaglia e venne accusato dagli uomini di fanteria di essere un codardo.

Altre fonti lo giustificano parzialmente, e riferiscono che Perseo, ferito, venne trasportato dalla sua guardia personale che voleva portarlo nella vicina città di Pidna. Il giudizio complessivo sul comportamento di Perseo è comunque negativo, soprattutto perchè, per un motivo inspiegabile ma probabilmente legato ad una cattiva gestione da parte del sovrano, circa 10.000 macedoni non parteciparono al combattimento.

I soldati romani inseguirono i macedoni per ore, facendone strage, circondando i piccoli gruppi di uomini e annientandoli senza pietà.

Conseguenze

Alla fine del combattimento alcune figure eroiche si registrano da entrambe le parti.

Per i romani certamente Scipione Emiliano, il figlio del console Lucio Emilio Paolo, che combattè con particolare fervore e valore, ma anche Marco Porcio Catone, figlio di Catone il Censore, che nella stessa battaglia si vantò di aver perso la spada e di aver avuto la forza di ritrovarla tanto aveva annientato i propri nemici.

Onore delle armi alla guardia personale di Perseo, che combattè fino alla morte e arrivò al completo annientamento.

Perseo venne catturato dai Romani, fu fatto prigioniero ed ebbe il disonore di sfilare incatenato nel corteo di trionfo del console Lucio Emilio Paolo.

La vittoria di Roma nella battaglia di Pidna segna il definitivo tramonto della falange macedone e la sconfitta dell’ultimo grande sovrano che poteva opporsi all’influenza di Roma nei Balcani.

Da questo momento, comincia un graduale presenza militare sempre più imponente in Macedonia che da lì a qualche decennio si sarebbe ufficialmente trasformata in una provincia Romana a tutti gli effetti.