Battaglia di Teutoburgo, 9 d.C

La battaglia di Teutoburgo, 9, 10 e 11 settembre del 9 d.C, rappresenta una delle peggiori sconfitte dell’esercito Romano nella provincia di Germania: il generale Publio Quintilio Varo, che stava guidando tre legioni nel profondo della foresta germanica, venne attaccato a tradimento dal Principe dei Cherusci Arminio: le legioni romane vennero completamente annientate.

Questa gravissima disfatta fu in grado di interrompere il processo di romanizzazione della Germania. Nonostante delle successive campagne vittoriose da parte del generale Giulio Cesare Germanico, la sconfitta di Teutoburgo portò alla decisione da parte di Roma di rinunciare all’annessione della Germania Magna.

La conquista romana della Germania

Nel 16 a.C, le tribù germaniche dei Sigambri, degli Usipeti e dei Tencterii avevano trucidato dei commercianti romani e superato il confine del fiume Reno, attaccando la Legio V “Alaudae”, guidata dal generale Marco Lollio Paolino. 

La sconfitta era stata devastante: nella famigerata “Clades Lolliana” la V Alaudae fu annientata e l’aquila della legione, simbolo di Roma, trafugata.

La sconfitta di Lollio non solo aveva umiliato i legionari romani, ma aveva dimostrato all’imperatore Augusto che i confini del Reno non erano sufficientemente sicuri e che il settore settentrionale dell’impero era a rischio.

In risposta, Augusto diede ordine al giovane generale Tiberio e al suo collega Druso Maggiore di eseguire delle campagne militari di pacificazione del territorio germanico. 

Le campagne di Tiberio e Druso, svolte negli anni successivi, ebbero straordinario successo: i legionari misero in sicurezza dapprima le Alpi e poi, sconfiggendo le tribù una dopo l’altra, rientrarono nel territorio germanico, arrivando persino sul fiume Elba.

In questa fase della campagna, le fonti riportano, accanto alla cronaca delle vittorie romane, anche il verificarsi di presagi sfavorevoli: uno sciame di api, infatti, avrebbe improvvisamente attaccato il vessillo delle legioni e lo stesso Druso Maggiore, vicino all’Elba, sarebbe stato sorpreso da una donna gigante che gli avrebbe presagito una morte imminente.

Effettivamente, a poche settimane da quei fatti, Druso Maggiore cadde da cavallo, rompendosi il femore, e morendo di lì a poco, fra le braccia di Tiberio.

Tiberio, rimasto quindi unico generale in Germania, ebbe il compito di completare la conquista della nuova provincia, missione che portò a termine con grande efficacia.

La battaglia di Teutoburgo: il contesto storico

Nacque così la provincia romana di Germania: la sua organizzazione e controllo si basava sull’esercito stanziato sul fiume Reno, che poteva attingere rapidamente reclute dalle Gallie, e sui due accampamenti posizionati presso Castra Vetera e Mogontiacum.

Dal Reno al fiume Weser, nel mezzo della foresta germanica, il controllo romano era piuttosto sicuro, mentre dal Weser all’Elba la presenza romana era molto più superficiale, tanto che Tacito dice che chi si fosse addentrato in quei territori lo avrebbe fatto “a proprio rischio e pericolo”.

I Romani avviarono comunque il processo di romanizzazione del territorio, tramite la costruzione di strade, la fondazione di nuove città e, sotto l’aspetto religioso, cercando di esportare il culto della Dea Roma e del Genio dell’Imperatore, attraverso la nomina periodica di un sacerdote Germanico, con il compito di fare da mediatore tra la cultura romana e quella del proprio popolo.

Se da un lato la civilizzazione imposta dai Romani stava provocando significativi cambiamenti nel mondo germanico, questa fu accompagnata anche da lati estremamente negativi.

L’utilizzo e il brutale sfruttamento di una grande quantità di schiavi per l’estrazione del piombo, la pesante tassazione, che non teneva conto della reale ricchezza del territorio, e l’applicazione forzata del diritto romano, molto diverso da quello tradizionale germanico, furono elementi che, nel tempo, portarono alla crisi.

Publio Quintilio Varo

La battaglia di Teutoburgo è legata indissolubilmente al generale romano Publio Quintilio Varo. Egli apparteneva alla famiglia di Augusto, godeva della sua fiducia e lo aveva spesso accompagnato nelle importanti e delicate province orientali, dimostrandosi collaboratore particolarmente valido.

Varo era anche intervenuto efficacemente nella provincia romana di Giudea al tempo della morte del Re filoromano Erode il Grande, prevenendo una rivolta su vasta scala.

Tuttavia, le fonti ci fanno capire che dopo una posizione privilegiata in seno alla famiglia imperiale, per i 10 anni successivi, Varo non aveva più ricoperto degli incarichi importanti, forse per il raffreddamento dei rapporti con Augusto.

Per cui, quando il Princeps, dopo parecchio tempo, scelse di dargli nuovamente fiducia e di inviarlo in Germania come governatore, Varo aveva particolarmente fretta di dimostrare il suo valore e di completare la provincializzazione del territorio.

Arminio, il capo dei Cherusci

Arminio fu invece il capo della rivolta antiromana e anima dell’imboscata di Teutoburgo.

Egli era il principe della tribù germanica dei Cherusci ed era stato allevato e cresciuto a Roma, secondo la cultura e il diritto romano, diventandone cittadino. Nell’esercito ricopriva l’importante ruolo di capo della cavalleria ausiliaria, e godeva del rispetto del generale Tiberio.

Proprio Tiberio lo aveva voluto con sè per la spedizione militare in Pannonia, organizzata al fine di reprimere una delle più grandi rivolte di questo periodo.

Seppur non ne abbiamo la certezza, è probabile che proprio durante questi anni Arminio abbia cambiato il suo parere sulla natura del governo romano, tanto che, di ritorno dalla missione in Pannonia, iniziò a eseguire una sostenuta propaganda per coalizzare attorno a sè le masse di contadini germani, scontente del potere romano e desiderose di ribellarsi.

Il cambiamento nella condotta di Arminio si riflettè anche sotto l’aspetto privato: decise infatti di sposare Thusnelda, figlia dell’aristocratico filoromano Segeste, senza la sua autorizzazione, creando quindi una spaccatura familiare che rappresentava efficacemente il suo odio contro Roma.

I destini dei due uomini andavano dunque incrociandosi: da una parte Varo, governatore con poca conoscenza della cultura germanica e molta fretta di raggiungere i suoi obiettivi e Arminio, principe deluso da Roma che covava vendetta.

L’avvertimento di Segeste

Quella di Teutoburgo è in realtà una imboscata annunciata. La figura chiave è quella del già citato Segeste, il suocero di Arminio. Segeste era un aristocratico germanico romanizzato che si stava arricchendo grazie alla collaborazione con l’imperatore Augusto.

Venuto a conoscenza delle mire di Arminio, e intuendo il pericolo per la propria posizione, decise di avvisare Varo dell’imboscata che stava preparandosi e del ruolo pericoloso del principe cherusco.

Varo però, nonostante la delazione di Segeste, decise di non prendere provvedimenti.

Non si conosce esattamente il motivo per cui il governatore romano ignorò le raccomandazioni. Alcuni ritengono che non volesse intromettersi negli affari privati di una famiglia germanica, mentre altri suppongono che avendo percepito l’odio personale di Segeste, valutò come infondate le voci contro Arminio.

Questo fu il più grande errore di Varo, come conferma Tacito, il quale dice chiaramente che se i capi della rivolta fossero stati arrestati in quel momento, il complotto si sarebbe rapidamente sgretolato.

La battaglia di Teutoburgo: l’inganno di Arminio

L’imboscata di Teutoburgo avvenne nei giorni 9, 10 e 11 settembre del 9 d.C., al termine della campagna militare, quando i legionari romani erano pronti per fare ritorno nei loro accampamenti.

Publio Quintilio Varo guidava la diciassettesima, la diciottesima e la diciannovesima legione, insieme a sei coorti di ausiliari, per un totale di circa 15.000 legionari e 6.000 ausiliari.

Dopo aver condotto alcune operazioni nel profondo della foresta germanica, Varo aveva disposto i suoi uomini in una colonna di marcia particolarmente lunga, che arrivava a circa 3 km e mezzo di estensione.

Arminio, fingendo di esplorare il territorio in avanguardia, aveva in realtà il compito di raggiungere i guerrieri germani appostati vicino alla collina di Kalkriese e di deviare il sentiero che i legionari avrebbero dovuto percorrere, modificandolo affinchè costeggiasse la collina di Kalkriese, dove i Cherusci e i loro alleati erano accampati.

Preparata l’imboscata, Arminio tornò nei pressi della colonna romana, informando Varo di una presunta ribellione di alcune tribù e convincendolo a deviare il percorso per reprimere la rivolta.

La battaglia di Teutoburgo. Il primo giorno

Durante il primo giorno dell’imboscata di Teutoburgo, la lunga colonna romana in marcia aveva raggiunto una lunghezza considerevole. Arrivati nei pressi della collina di Kalkriese, i legionari iniziarono a essere attaccati dagli uomini di Arminio da entrambi i lati.

Essi potevano colpire con frecce, sassi e giavellotti, avendo anche il vantaggio di essere protetti da due alti terrapieni, che limitavano la capacità di reazione dei legionari.

La colonna, investita e attaccata da tutte le parti, rallentò e cominciò a frammentarsi: i legionari, che morivano uno dopo l’altro senza quasi potersi muovere, si resero conto di avere poco spazio per manovrare, limitando ulteriormente la loro capacità di difesa.

La colonna, straordinariamente lunga, era difficilissima da governare. Un comando di Varo avrebbe impiegato due giorni di marcia per raggiungere tutte le unità, il che rese sostanzialmente impossibile organizzare una reazione coordinata.

Al termine di una lunga ed estenuante giornata di combattimenti, gli uomini di Arminio si ritirarono nelle foreste, mentre Varo decise di accamparsi e di tenere un consiglio di guerra.

Nell’accampamento, sconvolti, gli alti comandanti dell’esercito si resero subito conto che il problema principale risiedeva nella quasi impossibile capacità di manovra e decisero di abbandonare i bagagli, dedicando il minimo tempo necessario alla cura dei feriti.

L’imboscata di Teutoburgo, il secondo giorno

Nel secondo giorno dell’imboscata di Teutoburgo, la colonna romana riprese la marcia, ma fu ostacolata da una pioggia copiosa che trasformò il terreno in fango, complicando ulteriormente il movimento dei legionari.

Gli uomini di Arminio, ancora una volta, attaccarono i Romani dai lati della collina di Kalkriese. I Romani, con limitato spazio per manovrare, non riuscivano ad utilizzare efficacemente il loro equipaggiamento. Al contrario, gli uomini di Arminio, armati alla leggera, erano rapidi ed efficaci, adottando la tattica del “mordi e fuggi” per colpire senza essere a loro volta colpiti.

Alla fine della seconda interminabile giornata, l’esercito di Varo era straziato e ormai ridotto a tre tronconi, molto distanziati l’uno dall’altro e con serissime difficoltà di comunicazione.

Di conseguenza, fu allestito un nuovo accampamento e si tenne un ulteriore, drammatico, consiglio di guerra.

La battaglia di Teutoburgo: il terzo e ultimo giorno

Nel terzo giorno dell’imboscata di Teutoburgo venne concepito un estremo tentativo di uscire da una situazione ormai disperata.

Il capo della cavalleria romana, Numonio Vala, con un gruppo di cavalieri, tentò di staccarsi dal grosso dell’esercito per attraversare un ponte e richiedere rinforzi. Ma anche lui cadde in un’imboscata e fu completamente annientato.

Varo e lo stato maggiore dell’esercito romano capirono che tutto era perduto e decisero di suicidarsi all’interno del campo.

Gli ultimi sopravvissuti, guidati dai generali Lucio Elio e Ceonio, cercarono di trovare una via di fuga costituendo due manipoli separati.

Usciti dall’accampamento, cercarono di seguire il percorso più semplice per ritrovare la strada di casa, ma incontrarono degli arbusti caduti che ostruivano il loro cammino. Elio e Ceonio si impegnarono nella rimozione di questi tronchi, sperando di poter fuggire.

Ma anche questa era una trappola predisposta dagli uomini di Arminio.

Mentre erano impegnati nello sgombero del sentiero, Arminio li attaccò alle spalle e li annientò fino all’ultimo uomo.

Il massacro di Teutoburgo, nell’arco di tre drammatici giorni, aveva portato alla completa distruzione di tre legioni romane e di tutti i loro ausiliari.

Le conseguenze della battaglia di Teutoburgo

Le conseguenze della battaglia di Teutoburgo furono profonde e durature. Le fonti antiche descrivono una reazione disperata da parte di Augusto alla notizia della disfatta.

La sconfitta comportava gravi problemi di natura militare, dal momento che il confine settentrionale dell’impero era ora in pericolo, soprattutto in caso di coalizione germanica, ma era anche un grave colpo alla propaganda imperiale, che fino a quel momento aveva presentato la conquista della Germania come uno dei più grandi successi di Augusto.

Augusto si lasciò crescere la barba, urlò per giorni nel suo palazzo imperiale la frase passata alla storia: “Varo, Varo, rendimi le legioni!” e, secondo Tacito, “morì disperato”.

Nel suo testamento, Augusto avrebbe raccomandato ai suoi generali di mantenere il confine sul Reno e di non avventurarsi più in Germania.

Tiberio, suo successore, affidò a Giulio Cesare Germanico il compito di vendicare l’onore romano e prevenire una potenziale coalizione germanica che avrebbe gravemente minacciato Roma. Germanico ottenne due significative vittorie contro le forze di Arminio presso Idistaviso e il Vallo Angrivariano, e lo stesso Arminio rimase ferito e fuggì.

Tuttavia, Tiberio, giudicando le campagne di Germanico non del tutto efficaci e considerando inutile impiegare così tante risorse per una provincia data ormai per persa, lo richiamò a Roma, pur tributandogli tutti gli onori.

La decisione di Tiberio rimane controversa: per alcuni storici Tiberio temeva la crescente popolarità e vittorie di Germanico, per altri Tiberio prese la decisione più giusta, ottenendo la sicurezza del territorio romano controllando il Reno piuttosto che tramite una nuova romanizzazione della Germania, che sarebbe stata lunghissima e costosa.

Qualunque siano state le vere intenzioni di Tiberio, l’imboscata di Teutoburgo segnò non tanto una limitazione della capacità militare romana di riconquistare la provincia, quanto una mancanza di volontà politica di assicurare il controllo del territorio tramite la romanizzazione della Germania.

Per circa 800 anni, la cosiddetta “Germania Magna” rimase indipendente da qualsiasi potere centrale, almeno fino all’istituzione del Sacro Romano Impero.