Nel museo di Sassari si trova un importante documento di età romana, risalente al 69 d.C, noto come la “Tavola di Esterzili”, una tavola bronzea che riporta una trascrizione sulla risoluzione di una disputa tra il popolo dei Galilenses e quello dei Patulcenses, due genti che abitavano in Sardegna in epoca romana.
I Galilenses erano un popolo non organizzato in maniera urbana, dunque definito dagli antichi Romani come appartenenti alle “civitates barbarie”, originario della Sardegna, che abitava la zona dell’Alto Flumendosa, territorio del Gerrei che attualmente appartiene al Comune di Esterzili, luogo dal quale la tavola bronzea ritrovata prende il nome. I Patulcenses invece, chiamati dai Romani “Gens Patulcia”, erano originari della penisola Italica, precisamente l’attuale Campania, inviati in Sardegna come lavoratori agricoli tra il 115 e il 111 a.C dal Proconsole Marco Cecilio Metello.
Quest’ultimo dopo aver trionfato sui Sardi in una campagna militare, inviò i Patulcenses segnando in maniera precisa i confini dei territori assegnati agli agricoltori stranieri in una tavola che inviò al Tabularium di Roma e in una che archiviò nel Tabularium provinciale a Carales, l’attuale Cagliari, che era il capoluogo delle Provincia romana di Sardegna e Corsica.
Nonostante questa imposizione legale, i Galilenses, vedendosi sottratta la loro terra, occuparono più volte con violenza il territorio, oltrepassando i confini segnati dal Console Metello, di conseguenza i Patulcenses nell’anno 66 d.C. chiesero l’intervento del Proconsole, che all’epoca era Gneo Cecilio Semplice. A loro volta, i Galilenses chiesero di ristabilire i confini, accusando gli stranieri di essersi impossessati della loro terra. Per risolvere tale situazione il Proconsole concesse ai Galilenses la possibilità di procurarsi a Roma, dal Tabularium Capitolino, una copia della mappa catastale dove erano segnati i confini stabiliti decenni prima, in caso contrario avrebbe fatto fede il documento presente a Calares.
Questa scadenza fu prorogata numerose volte, fino a quando nel 68 d.C il Proconsole Lucio Elvio Agrippa, colui che fa incidere questa tavola, diede un’ultima possibilità prima di risolvere definitivamente tale disputa, prorogando di tre mesi la possibilità ai Galilenses di procurarsi nel Tabularium Princeps la copia originale fatta dal Console Metello. I Sardi, non si sa per quale motivo, non riuscirono ad ottenerla, di conseguenza Agrippa stabilì che, in assenza della prova richiesta, faceva fede la coppia presente nel Tabularium provinciale di Calares e trascrisse nella sentenza la decisione che i confini validi erano quelli stabiliti dal suo predecessore Marco Cecilio Metello, perciò i Galilenses non avevano il permesso di superare tale confine ed occupare con violenza la terra che era stata assegnata alla Gens Patulcia.
Nella tavola bronzea, larga 61 cm, alta 45 cm e pesante circa 20 kg, oltre ad essere incisa in lingua latina questa decisione presa dal Proconsole Lucio Elvio Agrippa riguardo alla disputa, vengono riportati i nomi degli otto cavalieri, senatori e consiglieri presenti alla sentenza, insieme ai nomi degli undici testimoni e dello scriba che compilò tale documento.
I Patulcenses, vincitori della causa, ottennero la tavola di bronzo che molto probabilmente esibirono nel loro centro abitato, luogo nel quale fu trovata nel 1866 dal contadino Luigi Puddu Cocco nelle campagne di Cort’e Lucetta.
Questo reperto è oggi conservato nel Museo Nazionale archeologico ed etnografico “Giovanni Antonio Sanna” di Sassari, mentre la copia è esposta nel Municipio di Esterzili.