Assedio di Numanzia

L’assedio di Numanzia fu un assedio condotto dall’esercito romano nel 133 a.C, guidato dal generale Scipione Emiliano, contro la città ispanica di Numanzia, nell’ambito delle guerre Celtiberiche. Dopo un periodo fra gli 8 e i 16 mesi, Numanzia si arrese ai romani, i quali ottennero una vittoria decisiva, ponendo fine alla guerra.

Le guerre Celtiberiche e i preparativi per l’assedio

Le guerre Celtiberiche  furono tre guerre portate avanti dall’esercito romano contro la popolazione dei Celtiberi, nativi della Hispania Citeriore.  L’obiettivo dei romani era quello di sottomettere tutte le popolazioni lungo la valle del fiume Ebro. Fu un conflitto ventennale, durante il quale i romani, fino all’assedio di Numanzia, non avevano ottenuto delle vittorie decisive.

Alla fine del 135 a.C, il Senato romano, su pressione dell’opinione pubblica, nominò console Scipione Emiliano, che venne inviato in Spagna per completare quello che i generali prima di lui non erano riusciti a raggiungere. 

Assedio di Numanzia

Arrivato sul teatro di guerra, Scipione trovò che il morale delle truppe era particolarmente basso per via dei lunghi anni di conflitto senza risultati. Inoltre, dal momento che le possibilità di saccheggio erano scarne, i legionari non erano sufficientemente motivati e l’arruolamento di nuove leve procedeva a stento. 

Nonostante questo, Scipione fu in grado di radunare un esercito che contava dai 20.000 ai 40.000 uomini, soprattutto grazie all’arruolamento di truppe alleate e mercenarie, tra cui l’efficientissima cavalleria dei numidi guidata dal Re Giugurta. 

Scipione si preoccupò di addestrare nuovamente i legionari, imponendo delle condizioni particolarmente severe: gli uomini vennero sottoposti a delle marce costanti e la disciplina venne reintrodotta grazie al carattere carismatico di Scipione Emiliano. 

Quando ritenne che il suo esercito fosse pronto a combattere, Scipione marciò contro la città di Numanzia, la capitale e roccaforte dei nemici. In una prima fase, Scipione aveva pianificato di interrompere le linee di rifornimento di Numanzia per costringere gli abitanti ad arrendersi per fame, piuttosto che condurre un lungo assedio. 

Ma la resistenza dei Celtiberi costrinse Scipione Emiliano a cambiare i suoi piani.

L’assedio di Numanzia

Scipione decise di costruire delle imponenti opere d’assedio: vennero preparati due accampamenti ai due lati opposti della città.  Dopodiché fece costruire un muro, la circonvallazione, attorno a tutta Numanzia. Inoltre, ebbe l’idea di sfruttare una palude vicina per deviare l’acqua e creare un lago artificiale tra le mura della città e le fortificazioni dei suoi accampamenti.

In quella posizione, i suoi arcieri potevano colpire da sette piccole torri fortificate. 

Immaginando che alcune tribù sarebbero potute arrivare in soccorso dei numantini, fece anche costruire una controvallazione e un muro esterno per proteggere i suoi accampamenti da eventuali forze di soccorso. 

La città più vicina, che avrebbe potuto portare aiuto ai nemici, era quella di Lutia. Si presentò con una parte del suo esercito alle porte della città e costrinse gli abitanti alla sottomissione e alla consegna degli ostaggi.

Un altro centro abitato era quello del Duero: situata vicino ad un fiume, la città poteva costituire un punto di partenza per una possibile sortita. Per questo motivo, Scipione Emiliano fece installare da un lato all’altro del fiume delle lame, per impedire sia alle barche che a piccole imbarcazioni di soccorso di entrare o uscire dal centro abitato.

Il fallito contrattacco di Numanzia

I Numantini tentarono una sortita per liberarsi dell’assedio romano. Il loro miglior generale, Retogene, guidò con successo un piccolo gruppo di combattenti lungo il fiume artificiale creato da Scipione, forzando il blocco. Gli uomini si diressero prima presso gli Arevaci, chiedendo supporto militare, ma le loro richieste furono ignorate. 

Si recarono allora Lutia, dove vennero accolti dai giovani guerrieri. Ma gli anziani della tribù, consapevoli della potenza militare romana, avvertirono Scipione, che marciò immediatamente da Numanzia con un piccolo contingente, arrestando 400 giovani lutiani e mozzandogli le mani. 

Dopo il ritorno di Scipione a Numanzia, il capo dei Numantini, Avaro, decise di iniziare le trattative di pace.

La fame e la resa di Numanzia

I primi ambasciatori inviati da Numanzia offrirono di arrendersi totalmente in cambio della libertà, ma Scipione rifiutò seccamente.  

Quando questi ritornarono in città, riferendo la risposta di Scipione, la popolazione incredula li giustiziò, credendo che avessero stretto un patto segreto con i romani.

La città rifiutò di arrendersi e iniziò a soffrire la fame. La situazione degenerò durante i mesi. Ne seguirono atti orrendi di cannibalismo, fino a che alcuni iniziarono a suicidarsi assieme alle loro famiglie. La popolazione rimanente, stremata dalla fame e dal terrore, decise di dare fuoco alla città prima di arrendersi ai romani. 

Scipione entrò a Numanzia e ne fece spianare le rovine, era la tarda estate del 133 d.C

Nonostante la vittoria, diversi storiografi antichi e gli stessi romani ammirarono la resistenza dei Celtiberi contro il loro esercito, e i guerrieri di quella tribù rimasero un esempio di guerriglia che aveva seriamente messo in difficoltà la principale potenza del mondo antico.