L’impero romano, con la sua vasta estensione territoriale e complessa amministrazione, necessitava di un efficiente sistema di intelligence per garantire la sicurezza interna, monitorare potenziali rivolte e raccogliere informazioni sui nemici esterni.
L’evoluzione dei servizi segreti romani rappresenta un affascinante capitolo della storia militare e amministrativa dell’antica Roma, mostrando come una semplice unità logistica si sia trasformata in una sofisticata rete di spionaggio e controllo.
I Frumentarii: dalla ricerca del grano a servizi segreti
Le radici dei servizi segreti romani risalgono, insospettabilmente, nei frumentarii, o mensores frumentarii, soldati specializzati dell’esercito romano con compiti prettamente logistici. Il loro nome deriva da “frumentum” (grano), poiché la loro funzione originaria era quella di provvedere all’approvvigionamento delle legioni. Questi militari facevano parte degli immunes, soldati esenti dai servizi più pesanti che svolgevano funzioni specializzate all’interno dell’apparato militare romano.
La trasformazione dei frumentarii in agenti dei servizi segreti avvenne gradualmente. Sebbene le fonti indichino con certezza che sotto l’imperatore Adriano (117-138 d.C.) essi assunsero il ruolo di “corrieri” e “polizia segreta”, è probabile che già con Augusto avessero iniziato a svolgere funzioni di intelligence. Il loro ruolo di rifornitori delle legioni li portava a viaggiare continuamente tra le province, rendendoli ideali per la raccolta di informazioni.
Ogni legione aveva il proprio numerus frumentariorum, un distaccamento comandato da centuriones frumentarii o da un praefectus frumentariorum. A Roma, la loro sede centrale si trovava nei castra peregrina, situati sul colle Celio, i cui resti archeologici sono stati rinvenuti presso la Basilica di Santo Stefano Rotondo. Questi accampamenti erano chiamati “peregrina” (stranieri) probabilmente perché ospitavano soldati distaccati dalle legioni provinciali.
Con l’evoluzione del loro ruolo, i frumentarii divennero “coloro i quali scrutavano nei segreti di tutti”, acquisendo compiti sempre più legati alla sicurezza interna dell’impero. Erano addetti al controllo delle istituzioni, come il Senato, e alla protezione dell’imperatore, anche se le iscrizioni testimoniano che potevano essere assegnati anche alla custodia delle carceri e alla sorveglianza delle armi.
Gli Speculatores: gli occhi dell’imperatore
Parallelamente ai frumentarii operavano gli speculatores, un corpo di esploratori dell’esercito romano. Il termine deriva dal latino “speculari” (osservare), il che evidenzia chiaramente la loro funzione primaria di osservazione. A differenza dei frumentarii, che operavano principalmente all’interno dell’impero, gli speculatores erano inizialmente impiegati in ambito militare per raccogliere informazioni sui nemici esterni.
Gli speculatores erano spesso a cavallo e potevano operare sia di giorno che di notte. Con il tempo, le loro funzioni si ampliarono: da semplici ricognitori divennero guardie del corpo degli imperatori, messaggeri e talvolta anche carnefici. Erano organizzati sotto un centurio e un optio, seguendo l’imperatore durante le campagne militari.
Un’altra categoria simile erano gli exploratores, il cui compito specifico era osservare i movimenti nemici sul campo di battaglia. Potevano essere organizzati in unità ausiliarie come i numeri (ad esempio il Numerus Germanicianorum exploratorum), le coorti equitate o le ali di cavalleria.
Con una certa approssimazione, si può affermare che gli speculatores si occupavano della “sicurezza interna”, mentre gli exploratores della “sicurezza esterna”. Entrambi i corpi, insieme ai frumentarii, costituivano una sorta di servizi segreti dell’impero, deputati alla raccolta di informazioni e alla sicurezza dello Stato.
Organizzazione e struttura di comando
L’intero apparato dei servizi segreti romani era coordinato dal princeps peregrinorum, che comandava tutte le truppe acquartierate nei castra peregrina. Questo alto ufficiale riferiva direttamente all’imperatore, garantendo così un controllo diretto sulle informazioni raccolte.
La gerarchia prevedeva anche altre figure chiave come il subprinceps peregrinorum (aiutante del comandante) e l’optio peregrinorum (sergente maggiore delle truppe). Sappiamo che ai princeps peregrinorum erano subordinati direttamente i centurioni dei frumentarii.
Per quanto riguarda la consistenza numerica, si stima che nel II secolo d.C. ciascuna legione potesse contare su circa cinque o dieci frumentarii, per un totale di circa duecento uomini distribuiti tra le province e la capitale. Questo numero non era fisso e probabilmente aumentò durante il III secolo, quando il governo centrale era particolarmente preoccupato per le comunicazioni, i rifornimenti, le tasse e la sicurezza interna.
Metodi operativi e attività
I frumentarii e gli speculatores svolgevano molteplici funzioni oltre allo spionaggio. Come corrieri, erano tra i principali fruitori delle strade statali e potevano requisire cavalli, carrozze, alloggi e rifornimenti necessari per le missioni ufficiali.
Si occupavano anche dell’organizzazione delle forniture di grano alla città di Roma, con sedi permanenti nei porti principali dell’impero come Portus (Ostia) e Puteoli (Pozzuoli). Probabilmente erano coinvolti anche nella raccolta delle tasse, tanto che nelle province di lingua greca venivano chiamati “kollectiones” (esattori).
Le modalità operative degli agenti segreti romani rimangono in parte oscure. Sebbene non ci siano fonti che affermino esplicitamente l’uso di agenti “in borghese” o agents provocateurs tra i frumentarii, è ipotizzabile che tali metodi fossero impiegati per incarichi delicati e riservati. D’altra parte, in certe funzioni, specialmente come burocrati e corrieri, la loro presenza era resa evidente dalle uniformi e dagli emblemi caratteristici.
Il declino dei Frumentarii e l’ascesa degli Agentes in Rebus
Con il passare del tempo, il potere quasi illimitato dei frumentarii di acquisire informazioni e requisire beni li rese particolarmente odiosi alla popolazione. Durante la dinastia dei Severi, i contadini dell’Asia Minore si lamentarono aspramente degli arresti ed esazioni arbitrarie effettuate dai frumentarii. L’epiteto di “curiosi” o “ficcanasi” attribuito loro evidenzia la percezione negativa che ne aveva la popolazione.
Questa impopolarità portò l’imperatore Diocleziano, nell’ambito della sua vasta riforma dello stato, a sopprimere il corpo dei frumentarii intorno al 312 d.C. Ma l’amministrazione imperiale necessitava ancora di un servizio di corrieri e intelligence, così vennero istituiti gli agentes in rebus.
Gli agentes in rebus erano addetti ai servizi di corriere e agenti generali del governo centrale romano dal IV al VII secolo d.C. A differenza dei frumentarii, non provenivano necessariamente dall’ambiente militare. Ricadevano sotto la giurisdizione del magister officiorum (Maestro degli Uffici), da cui il loro nome alternativo greco di magistrianoi.
Erano formati in una vera e propria accademia di palazzo (schola) e il loro servizio, benché militarizzato, era considerato una militia. Gli agentes erano divisi in cinque categorie gerarchiche: equites, circitores, biarchi, centenarii e ducenarii.
Una caratteristica peculiare degli agentes in rebus era che godevano di immunità da procedimenti sia civili che penali, a meno che non fosse diversamente disposto dal Magister Officiorum. Questo li rendeva particolarmente potenti e, in alcuni casi, anche più temuti dei loro predecessori.
L’eredità dei servizi segreti romani
I servizi segreti romani rappresentarono un elemento fondamentale per la stabilità e la sicurezza dell’impero. La loro evoluzione da semplici unità logistiche a sofisticati apparati di intelligence è molto indicativa della complessità crescente dell’amministrazione imperiale e della necessità di controllo su territori vastissimi e popolazioni diverse.
Gli agentes in rebus sopravvissero alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, continuando ad operare nell’Impero Bizantino fino all’inizio dell’VIII secolo, quando la maggior parte delle funzioni del magister passarono ai logoteti (logothetēs tou dromou).
L’organizzazione dei servizi segreti romani, con la loro capacità di raccogliere informazioni, monitorare potenziali minacce interne ed esterne e garantire comunicazioni rapide attraverso l’impero, rappresenta un modello che ha influenzato lo sviluppo dei moderni servizi di intelligence, dimostrando come già nell’antichità si comprendesse pienamente l’importanza delle informazioni per la sicurezza dello stato.
La loro trasformazione nel tempo riflette l’adattamento delle istituzioni romane alle sfide crescenti dell’amministrazione imperiale e alla necessità di garantire la sicurezza dello stato in un periodo di continui cambiamenti politici e militari. L’eredità di questi antichi servizi segreti può essere rintracciata nei moderni sistemi di intelligence, che continuano a svolgere funzioni simili, sebbene con mezzi tecnologicamente più avanzati.
FONTI
- Cassio Dione, Historia Romana, LV, 24
- Svetonio, Vita di Adriano, 11
- Tacito, Annales, XV, 50
- Ammiano Marcellino, Res Gestae, XV, 3, 8
- Codice Teodosiano, VI, 27
- Codice Giustinianeo, XII, 49
- Notitia Dignitatum, Occ. XI, 13
- Digesto, I, 18, 6