Baia, Golfo di Napoli. Nello scenario sottomarino del Parco Archeologico Sommerso di Baia, a soli tre metri di profondità, è emersa una scoperta di straordinaria importanza archeologica. Tra i resti sommersi dell’antico Portus Iulius, gli studiosi hanno riportato alla luce un impianto termale romano, un laconicum, ovvero una sauna, che si è conservato in modo sorprendente e che gli archeologi ipotizzano possa essere appartenuto alla villa del celebre oratore e politico Marco Tullio Cicerone.
L’eccezionale complesso termale, localizzato specificamente nella Zona B del Parco, fu individuato per la prima volta nel 2023 ed è stato ora documentato in ogni suo dettaglio strutturale. Il laconicum conserva ancora oggi il pavimento a mosaico, il cui segreto tecnico risiede nel sistema di riscaldamento sottostante. Questo pavimento poggia infatti sulle pilae del sistema suspensurae, un ingegnoso meccanismo termico messo a punto dai Romani. Le pilae erano piccole colonnine, costruite con mattoni o laterizi, che si ergevano per un’altezza variabile, generalmente tra i 60 e gli 80 centimetri, disposte con regolarità sul piano di calpestio della stanza. Su queste colonnine veniva poi appoggiato un secondo pavimento, chiamato suspensura, che rimaneva sollevato dal suolo, creando così una camera d’aria indispensabile per la circolazione del calore.
Il funzionamento del sistema era alimentato da una fornace, il cosiddetto praefurnium. L’aria calda e il fumo generati dalla combustione venivano convogliati sotto il pavimento, circolando liberamente nello spazio vuoto creato tra le pilae. Questo riscaldamento del pavimento per irraggiamento era solo la prima parte della tecnologia termale romana. Per garantire un riscaldamento uniforme dell’ambiente, i Romani avevano perfezionato il sistema inserendo nelle pareti dei tubi cavi di terracotta, noti come tubuli. Questi tubuli erano collegati all’intercapedine sotto il pavimento, permettendo all’aria calda di salire anche lungo le pareti e di riscaldare l’intera stanza, consentendo inoltre al fumo di fuoriuscire verso l’alto.
Accanto alle strutture di questo complesso termale sono stati recuperati vari frammenti di ceramica. Questi reperti potrebbero rivelarsi decisivi per datare con precisione la costruzione dell’impianto e, parallelamente, per comprendere le cause della sua distruzione. L’ipotesi che l’impianto appartenga alla Villa di Cicerone, una delle figure più affascinanti della tarda Repubblica romana, ha un fondamento storico. Cicerone, come gran parte dell’élite romana, era solito frequentare Baia, ricercata per il riposo e lo svago, e lasciò scritto in alcuni dei suoi lavori di possedere effettivamente una casa nella zona. Se questa suggestione venisse confermata dai futuri studi, getterebbe ulteriore luce su uno dei personaggi più influenti dell’antichità e sulla storia di questa città costiera.
Baia, situata sulla costa nord-occidentale del Golfo di Napoli, ha rappresentato per diversi secoli il culmine del lusso nel mondo romano. La tradizione narra che il suo nome derivi da Baio, il nocchiero di Ulisse, la cui tomba si credeva sorgesse proprio in quel luogo. Fin dal II secolo a.C., Baia era rinomata per le sue acque sulfuree, incanalate in un complesso sistema di condutture e camere, apprezzate per le loro proprietà curative. Tuttavia, a partire dal I secolo a.C., la città cambiò radicalmente fisionomia. Da centro termale votato alla salute, si trasformò rapidamente nella località di villeggiatura più esclusiva dell’aristocrazia romana, guadagnandosi il soprannome di “Las Vegas romana”.
Generali di spicco e politici influenti erano assidui frequentatori. Personaggi come Mario, Lucullo e Giulio Cesare, che possedeva una villa sull’altura dove oggi svetta il Castello Aragonese, si ritiravano a Baia per dedicarsi a banchetti e piaceri. La città divenne in seguito una vera e propria residenza imperiale con Augusto. Nerone vi fece costruire addirittura un palazzo, mentre Adriano scelse Baia per trascorrervi gli ultimi giorni della sua vita, spegnendosi qui nel 138 d.C. Il livello di sfarzo e di dissolutezza era tale che autori come Svetonio e Seneca la descrissero come “il luogo dove Roma si perdeva”. Non mancano episodi passati alla storia, come l’ordine impartito da Caligola, che nel 39 d.C. fece costruire un ponte galleggiante lungo quasi cinque chilometri tra Baia e Pozzuoli, nel tentativo di smentire una profezia che lo riteneva incapace di diventare imperatore.Il periodo di splendore iniziò a offuscarsi con l’arrivo delle invasioni barbariche e musulmane. Ciò che diede il colpo di grazia alla città furono i fenomeni naturali, ovvero i terremoti e la costante attività vulcanica dei Campi Flegrei. Questo bradisismo tra il XVI e il XVIII secolo provocò l’inabissamento progressivo di gran parte del centro abitato. Oggi, le rovine sommerse, che includono mosaici, statue e strade lastricate, sono accessibili ai visitatori attraverso immersioni guidate o tramite imbarcazioni dotate di fondo trasparente. Sulla terraferma rimane visibile il cosiddetto Tempio di Mercurio, un edificio caratterizzato da una cupola imponente di 22 metri di diametro, un primato architettonico che precede persino la costruzione del Pantheon di Agrippa, anche se la sua funzione originaria resta ancora un mistero. I lavori di scavo e recupero nel laconicum riprenderanno in autunno, concentrandosi sul restauro del mosaico, attualmente in parte coperto da concrezioni marine, e sull’analisi approfondita delle tracce di affreschi che un tempo decoravano le pareti del complesso. Ogni elemento che riemergerà sarà fondamentale per stabilire se si possa effettivamente attribuire la proprietà di queste terme private al grande oratore romano.

