L’imperatore del tardo Impero Diocleziano, eseguì una vasta serie di riforme per riportare al funzionamento uno stato romano che risultava paralizzato. Quali furono le principali riforme di Diocleziano?
La tetrarchia
Diocleziano aveva compreso che uno dei problemi principali nella gestione dell’Impero romano era la successione Imperiale. Per questo motivo, elaborò il meccanismo della tetrarchia. L’impero era diviso in un imperatore d’Occidente e uno d’Oriente. Ognuno di loro, chiamato Augusto, doveva nominare un vice, chiamato Cesare.
Nel progetto di Diocleziano, gli Augusti, al termine della loro carriera, avrebbero dovuto ritirarsi spontaneamente a vita privata, e i rispettivi Cesari sarebbero diventati i nuovi Augusti, nominando rispettivamente due nuovi Cesari, in un meccanismo che si sarebbe costantemente rinnovato.
La scelta doveva essere compiuta esclusivamente per meritocrazia, in modo da designare i migliori governanti del tempo. Purtroppo, tale meccanismo si bloccò quasi subito, dando luogo a delle nuove guerre civili dalle quali sarebbe emersa la figura di Costantino.
La riforma dello Stato e dell’amministrazione pubblica
Diocleziano lavorò per creare una sorta di monarchia centralizzata e assoluta che mettesse a disposizione dell’ imperatore dei mezzi di azione sufficientemente efficaci. Diocleziano nominò personalmente i consoli. Esonerò i senatori dalla redazione delle leggi, svuotando il Senato di tutto il suo potere. Fece leggere diversi consiglieri Imperiali, distribuiti in diversi uffici specializzati, definendo le loro funzioni in maniera rigorosa in modo da evitare che ognuno di essi potesse accumulare troppo potere o assumere iniziative pericolose per la stabilità dello stato.
Il lavoro amministrativo crebbe a dismisura e aumentò drasticamente il numero dei burocrati. Questo rappresentò l’inizio di una burocrazia e di una tecnocrazia che alla fine avrebbe costituito le società più moderne.
Le leggi per rinvigorire le antiche virtù romane
Durante il regno di Diocleziano vennero scritti alcuni codici di comportamento, di cui ci restano solamente pochi frammenti. Sappiamo comunque che Diocleziano si preoccupava di conservare le antiche virtù proprie della società romana.
Impose l’obbligo ai figli di sfamare i genitori in età avanzata, promulgò delle nuove leggi affinché i genitori trattassero i figli con giustizia, realizzò delle nuove norme per il rispetto delle leggi e dei vincoli matrimoniali.
Regolò in maniera diversa le testimonianze dei figli contro i padri o degli schiavi contro i loro padroni durante i processi. Riformò anche la proprietà privata, modificò i diritti dei creditori nei confronti dei loro debitori, impedendo gli abusi, e rivoluzionò le clausole che si potevano inserire nei contratti. Proibì l’uso della tortura durante gli interrogatori se la verità poteva ragionevolmente essere ottenuta in altro modo.
La riforma dell’esercito
Diocleziano, che veniva dal mondo militare, modificò profondamente anche l’organizzazione dell’esercito, con l’obiettivo di riportarlo all’antica disciplina. Alcune truppe locali, che non combattevano da diverso tempo, vennero inviate alle frontiere. Aumentò l’esercito di un quarto rispetto al totale complessivo.
Allo stesso tempo però esonerò i soldati dal servizio dopo 20 anni, limitò il prezzo delle merci per ridurre il costo della vita e per aiutare l’economia delle truppe. Ridusse anche le province in unità più piccole per avvicinare i governatori a coloro che amministravano e per diminuire la forza territoriale del singolo governante.
Si impegnò anche a favorire lo sviluppo economico attraverso la ripresa dell’agricoltura e un grande programma di edilizia urbana.
Le riforme fiscali: l’editto dei prezzi e le nuove tasse
Diocleziano doveva anche risolvere una serie di problemi economici e fiscali, cosa che lo portò a delle profonde riforme in questo campo, tutt’ora ancora dibattute nella loro efficacia. Vennero istituite delle nuove tasse, in particolare sulle unità di terreno coltivabili e sulle persone fisiche.
Le tasse erano riscosse proporzionalmente, dove l’importo del contributo veniva determinato dal tipo di coltivazione e dalla produttività del terreno. Si trattava quindi di una sorta di tassazione socio economica basata sul legame tra l’uomo e la terra, in termini di proprietà o di produttività.
Ogni 5 anni, venivano eseguite delle nuove valutazioni per aggiornare i parametri di tassazione. Questo censimento degli adulti suscitò violente critiche, ma ebbe anche il risultato positivo di evitare i soprusi che si erano verificati nei decenni precedenti.
Lo scopo di Diocleziano era di ottenere dei fondi e un gettito fiscale prevedibile per gestire l’economia dell’impero. Anche l’Italia, che fino ad allora era sempre rimasta esente dalla tassazione, iniziò a dover versare le imposte.
Tali riforme furono anche accompagnate da modifiche monetarie, compreso il ripristino di una coniazione di oro e di argento, e la creazione di una nuova moneta di bronzo. Si trattava di mettere in circolazione delle nuove monete di piccolo importo per facilitare lo scambio finanziario quotidiano.
Diocleziano decise anche di chiudere alcune zecche a Roma e in Italia per aprirne delle altre nel resto dell’impero. I funzionari che lavoravano nelle zecche, infatti, si lasciavano spesso andare alla corruzione ed era necessario un rinnovamento di questa categoria di dipendenti pubblici.
Ultimo ma non meno importante provvedimento fu l’editto dei prezzi: emesso nel 301 d.C, fissava i salari e stabiliva i prezzi massimi a cui potevano essere venduti e comprati beni e servizi per prevenire l’inflazione, i profitti abusivi e le speculazioni. Vennero elencati circa 1000 articoli di prodotti con i relativi prezzi e la violazione era punibile con la morte.
Come reazione, si sviluppò immediatamente un mercato nero, dove i prodotti venivano venduti a un prezzo ancora superiore. La regolamentazione dei prezzi e dei salari non era così applicabile e l’editto, visto il suo fallimento, venne successivamente revocato.