Il Re Servio Tullio e la grande riforma di Roma

Servio Tullio fu senza dubbio uno dei migliori Re della storia di Roma, autore di una delle più importanti riforme della società del tempo e regnante dall’atteggiamento serio ed equilibrato.

La morte di Tarquinio Prisco e il piano di Tanaquilla

Come diventa Re questo uomo, il cui nome “servio” ci indica la provenienza da una famiglia non patrizia?

Bisogna partire da Tarquinio Prisco e sua moglie Tanaquilla: un re etrusco che aveva regnato con saggezza, affiancato da una donna intelligente anche a livello politico.

Servio Tullio era probabilmente figlio di una schiava: cresciuto alla corte reale aveva dimostrato più volte di possedere grande intelligenza e grande equilibrio.

Tanaquilla lo prese sotto la sua protezione fino al momento in cui i figli del re Anco Marzio, con una congiura, uccisero Tarquinio Prisco, per prendere il potere.

La donna si mosse con grande astuzia per deviare la scelta del successore sul prediletto Tullio.

Tanaquilla fece sapere al popolo romano che Tarquinio Prisco in realtà non era stato ucciso: decise di nascondere la verità, sostenendo che fosse stato semplicemente ferito e che non poteva svolgere i suoi compiti.

Servio Tullio, per volere della “regina”, divenne il suo facente funzioni: uno stratagemma che permise ai romani di abituarsi alla figura del giovane fino al momento in cui, una volta conquistati i cittadini, sarebbe stato possibile dare la notizia della morte del Re e far salire definitivamente al trono Servio Tullio.

Interessanti “indizi” storici forniti dall’imperatore romano Claudio, grande etruscologo, ci rivelano che Servio Tullio era conosciuto anche con il nome di Mastarna, un nome tipico del mondo dell’Etruria.

Di certo anche questo è un indizio importante di come Roma abbia subito una forte influenza etrusca nel corso del suo periodo monarchico.

Il censimento e la grande riforma di Roma

Servio Tullio si trovò di fronte una enorme sfida sociale che dovette affrontare con una altrettanto articolata riforma.

La società romana era cresciuta in maniera estremamente rapida in un tempo relativamente breve: le persone erano aumentate drasticamente e la popolazione si era stratificata in ricchi, benestanti e poveri assoluti.

Il motivo principale delle tensioni sociali stava nel fatto che le vecchie classi dirigenti non volevano dividere il potere e l’influenza politica con i nuovi immigrati. Nè era accettabile per loro, che il voto dei nuovi arrivati contasse esattamente come il loro.

Servio Tullio operò anzitutto un censimento che fotografò la società romana e che rese possibile dividere le circa 80 mila persone che abitavano i territori della capitale per censo.

Una scelta che divise le persone per ricchezza, provenienza, lavoro e prestigio. Furono sei le classi formate che dovevano contribuire al governo della città in base a uno schema ben preciso basato sul reddito annuale.

  • I classe – 100 mila assi: 80 centurie fanti, 2 di fabbri + 18 di cavalieri
  • II classe – 75 mila assi: 20 centurie
  • III classe – 50 mila assi: 20 centurie
  • IV classe – 20 mila assi: 20 centurie
  • V classe – 11 mila assi: 30 centurie + 2 di suonatori
  • VI classe – Capite Censi – 1 centuria

In poche parole, a seconda della loro ricchezza, i cittadini romani dovevano fornire il corrispondente di soldati dell’esercito che, in questo modo, diventa molto più numeroso, molto più forte e organizzato, nonostante le palesi differenze che intercorrevano tra i soldati a seconda della provenienza, sia in termine di armature che in termine di preparazione.

Questo ovviamente differiva dall’idea di esercito romano che si ha di solito: si parla di truppe modellate sulla falange oplitica e quindi su modello greco.

Ma è importante cogliere anche l’importanza politica di questa suddivisione.

Maggiore era il numero delle centurie con le quali si partecipava all’esercito e maggiore era il potere politico e i voti da esprimere sulle leggi all’interno dei comizi centuriati.

Il risultato fu che in linea teorica tutti potevano dare il loro voto, ma i pochi patrizi, che fornivano 100 centurie all’esercito e avevano cento voti, detenevano molto più potere dei tantissimi poveri, che erano ben più numerosi, ma fornivano una sola centuria all’esercito, e dunque avevano un solo voto a disposizione.

La società romana era così organizzata in una timocrazia, dove il potere politico è nelle mani dei più ricchi.

In questo modo, grazie a questa riforma, Servio Tullio riuscì a calmare la società e a regolare i rapporti di una popolazione complessa e stratificata.

Servio Tullio merita però di essere ricordato anche per le campagne militari vinte che gli consentirono di allargare il pomerium, cioè quella linea che delimitava Roma, che ora include, tra gli altri colli, anche il Viminale e l’Esquilino.

La morte di Servio Tullio

La fine di Servio Tullio purtroppo è una delle più tragiche della storia romana.

Tullio morì perché ucciso barbaramente da una congiura i cui protagonisti furono la figlia minore e il suo secondo marito, conosciuto sotto il nome di Tarquinio il Superbo.

Secondo la tradizione, Tarquinio attaccò Servio Tullio buttandolo giù dalle scale della Curia dove si radunava il consiglio del re, ovvero il Senato: quelle scale esistono ancora, e sono ricordate come “Vicus Sceleratus”.

Agonizzante, Tullio verrà finito proprio dalla figlia minore, che gli passò sopra con un carro.