Marco Cocceio Nerva fu imperatore romano dal 96 al 98 d.C. Meteora del periodo imperiale romano, crebbe sotto Nerone ed esercitò il suo potere per brevissimo tempo, ucciso da una cospirazione di palazzo guidata dalla guardia pretoriana e da molti dei suoi liberti.
Nerva non fu in grado di gestire la delicata situazione politica in cui Roma si trovava, e nonostante il suo impegno, pagò con la vita, cedendo il posto al ben più noto Traiano.
Marco Coceio Nerva – Disegno su carta Amalfi
Una vita da consigliere
Marco Cocceio Nerva nacque a Narni, un villaggio a 50 km a nord di Roma, figlio dell’omonimo Marco Cocceio Nerva, console durante il regno dell’Imperatore Caligola. Nella sua famiglia si registra una sorella di nome Cocceia, andata in sposa al fratello dell’imperatore Otone.
Si trattava di un membro della nobiltà italica, sebbene non fosse un aristocratico di rango senatorio. I Coccei avevano guadagnato parecchie posizioni politiche durante la tarda Repubblica e l’alto impero, ottenendo diversi consolati che avevano consolidato il loro potere.
Nel corso del regno di Augusto e di Tiberio, i suoi antenati erano stati uomini di una certa importanza e suo padre era diventato console sotto l’imperatore Caligola.
Nerva iniziò la sua carriera politica diventando pretore nel 65 d.C, dimostrando delle buone doti come diplomatico e stratega. Grazie al suo temperamento mite ed alla sua acuta intelligenza, divenne consigliere di Nerone e fu uomo determinante nello scoprire la congiura portata avanti da Pisone nel 65 d.C per uccidere l’imperatore.
Le fonti non spiegano esattamente in che modo abbia contribuito alla scoperta del complotto, ma le ricompense che gli sono state tributate da Nerone e dal suo prefetto del Pretorio, Tigellino, confermano un’alta gratitudine nei suoi confronti. Nerva ricevette diversi onori di natura militare e gli fu consentito di installare alcune sue statue addirittura nel palazzo imperiale.
Secondo un poeta contemporaneo, Marziale, Nerone amava anche le capacità letterarie di Nerva. e persino il generale e futuro imperatore Vespasiano, strinse amicizia con lui.
Quando Nerone si tolse la vita, il 9 giugno del 68 d.C, ponendo fine alla dinastia giulio-claudia, lo stato romano precipitò nel cosiddetto “Anno dei Quattro Imperatori“, un periodo di guerre civili in cui si succedettero gli imperatori Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano.
Non sappiamo esattamente dove si trovasse Nerva e quale fu il suo comportamento durante quel periodo convulso, ma secondo gli studi di Murison avrebbe appoggiato fortemente la famiglia dei Flavi che sarebbe diventata la successiva dinastia alla guida di Roma.
Sempre per servizi non ben conosciuti, Vespasiano lo ricompensò con un consolato nel 71 d.C: si trattava di un onore considerevole, in quanto Nerva era estraneo alla famiglia dei Flavi. Dopo il 71, Nerva scompare nuovamente dai documenti ufficiali: è probabile che abbia continuato la sua carriera come consigliere sotto Vespasiano e sotto i suoi figli, Tito e Domiziano.
Il rapporto con Domiziano
Il suo nome riemerge durante la rivolta di Saturnino dell’89 d.C. Saturnino era governatore della Germania superiore: al comando di tre legioni e con l’aiuto della tribù germanica dei Catti, il generale si ribellò all’autorità dell’impero.
La notizia si sparse velocemente e il governatore della Germania Inferiore, Lapio Massimo, si mosse immediatamente contro l’usurpatore.
La ribellione fu repressa nell’arco di soli 24 giorni: le legioni ribelli furono inviate sul fronte dell’illirico, odierna Croazia, mentre i legionari che erano rimasti fedeli all’autorità imperiale furono debitamente ricompensati.
Anche stavolta sembra che un uomo fondamentale per raccogliere informazioni sui piani di Saturnino sia stato Nerva. Fu in questo periodo che Nerva stabilì un buon rapporto con l’imperatore Domiziano, che molte volte gli chiese consiglio affidandogli incarichi importanti.
Il 18 settembre del 96 d.C, Domiziano fu assassinato da una cospirazione di palazzo organizzata da funzionari di corte. E nei giorni immediatamente successivi, Nerva apparve subito come una delle persone più autorevoli e benvolute dall’aristocrazia.
Lo stesso giorno della morte di Domiziano, il Senato lo proclamò nuovo imperatore.
La figura di Nerva era particolare: si trattava di un uomo vecchio, senza figli maschi che potessero succedergli, che aveva vissuto gran parte della sua carriera dietro le quinte, e che non aveva una particolare presa sull’esercito. Probabilmente, come suggerisce Murison, Nerva fu scelto come imperatore “di passaggio“, in attesa di trovare un altro uomo che godesse del consenso dell’esercito.
Nerva come Imperatore
L’Imperatore Nerva si assicurò dapprima di avere il sostegno del Senato. Giurò pubblicamente che nessun senatore sarebbe stato messo a morte finché fosse rimasto in carica, decretò la fine di ogni processo per tradimento e rilasciò parecchi prigionieri che erano stati catturati proprio con questa accusa.
Concesse l’amnistia a diversi aristocratici che erano stati esiliati e tutte le proprietà che erano state confiscate da Domiziano furono restituite alle rispettive famiglie.
Nella sua politica di pace e di concordia, elargì concessioni di denaro al popolo: 75 denarii per ogni cittadino e 5000 denarii ad ogni pretoriano.
Ma aldilà dei donativi per ingraziarsi i potenti, secondo gli studi di Merlin, sembra che Nerva avesse iniziato una serie di riforme economiche per alleviare la pressione fiscale sui cittadini romani più bisognosi.
Ai più poveri Nerva concesse appezzamenti di terreno, fino a spendere un totale di 60 milioni di sesterzi dalle casse statali. Esentò i genitori di figli poco abbienti dalla tassa di successione, e concesse prestiti ai proprietari terrieri italici, a condizione che dessero una parte dei loro introiti per sostenere altre famiglie bisognose.
Un altro intervento fu quello volto ad estirpare gli abusi nella provincia di Giudea, cancellando un’imposta che colpiva in particolar modo la popolazione ebraica.
Sebbene Nerva si fosse impegnato per dare un concreto aiuto ai cittadini romani, le sue spese misero a dura prova l’economia e fu necessario creare una commissione speciale per ridurre i costi dello Stato. La commissione fu guidata dall’ex console Sesto Giulio Frontino che cercò di porre in atto una serie di misure per rimpinguare le casse statali.
Pur con tutta la buona volontà, Nerva non riuscì a perseguire la sua politica: la sua posizione come imperatore si rivelò presto troppo vulnerabile e il suo carattere amichevole si trasformò, nel momento meno opportuno, in una mancanza di carisma.
La successione di Traiano
Ormai era chiaro: Nerva era sostanzialmente un gregario, e non un leader.
Uno dei principali problemi giuridici che imperversava nei suoi anni era l’utilizzo dell’accusa di tradimento del Senato, sfruttata in maniera pretestuosa dagli aristocratici per eliminare gli avversari diretti: un problema che Nerva non fu in grado di risolvere.
Inoltre, una nuova cospirazione per prendere il potere, guidata stavolta dal senatore Gaio Calpurnio Pisone, fallì: Nerva si rifiutò di mettere a morte i congiurati, con grande disapprovazione del Senato, che lo giudicò debole e inadatto al suo ruolo.
Se la politica di Nerva si rivelò piena di buone intenzioni ma inadeguata alla situazione, la sua salute peggiorò: secondo Dione Cassio, l’imperatore cominciò a vomitare sistematicamente il cibo per una malattia non ben identificata. Consapevole della sua condizione fisica, Nerva iniziò a pensare ad un successore, ma non aveva figli naturali. Solo parenti lontani, del tutto inadatti a ricoprire la carica.
Nel 97 d.C Nerva sembrò essersi deciso e fu sul punto di adottare Marco Cornelio Materno, potente governatore della Siria. Ma la nomina fu osteggiata da coloro che sostenevano un comandante militare ben più popolare: Marco Ulpio Traiano, generale degli eserciti sulla frontiera germanica.
L’adozione di Traiano e la morte
Nell’ottobre del 97 d.C, l’incertezza e le tensioni giunsero al culmine quando la guardia pretoriana, guidata dal generale Casperio Eliano, pose d’assedio il palazzo imperiale e prese in ostaggio Nerva.
L’imperatore fu costretto a sottomettersi alle richieste dei militari, consegnando i responsabili della morte di Domiziano e arrivando all’umiliazione di dover pronunciare un discorso in cui addirittura ringraziava i pretoriani che lo avevano imprigionato.
Messo alle strette e resosi conto della sua sempre maggiore influenza, Nerva adottò lo stesso anno Traiano come suo successore, ed ebbe cura di farlo pubblicamente.
Traiano fu insignito del titolo di “Cesare” e divise il consolato con Nerva già nel 98 d.C.
Anche se Dione Cassio lodò Nerva per la sua scelta di adottare Traiano benché non fosse di provenienza italica, in realtà il vecchio aristocratico aveva ben poca scelta riguardo al suo successore. Aveva disperatamente bisogno del sostegno di un uomo che potesse ripristinare la sua reputazione e proteggerlo dalle intemperanze dell’esercito.
Il primo gennaio del 98 d.C, Nerva ebbe un ictus durante un’udienza privata. Fu colpito da una grave febbre e morì entro pochi giorni nella sua villa, nei giardini di Sallustio, il 28 gennaio. Il Senato, anche in onore della sua politica di conciliazione, decise senza indugi di divinizzarlo e le sue ceneri furono poste nel Mausoleo di Augusto: fu l’ultimo imperatore romano ad essere sepolto in quella struttura.
Dopo Nerva la guida dell’impero passò in maniera del tutto naturale al figlio adottivo Traiano, con particolare entusiasmo da parte dell’esercito e del popolo. Secondo i racconti di Plinio il Giovane, Traiano dedicò un tempio in onore di Nerva, ma non abbiamo mai trovato alcuna traccia di quella costruzione.
Abbiamo poche fonti che raccontano la vita di Nerva, un imperatore di passaggio. Possiamo solamente dire che i principali scritti su di lui, soprattutto quello di Dione Cassio e di Tacito, parlano di un regno breve ma fondamentalmente positivo.
Ai posteri rimane l’immagine di un governante volenteroso ma sostanzialmente debole, e per questo inefficace. La cattiva gestione delle finanze statali e la mancanza di autorità sull’esercito, fanno di Nerva una figura di passaggio, che portò Roma sull’orlo di una significativa crisi finanziaria.
Il suo posto nella storia romana è quindi relegato ad un nome fugace, poco prima dell’inizio delle grandi dinastie Traiano-Antonine.