La macchina di Anticitera: un computer del I sec avanti Cristo

Di Leonardo Conti

A una prima occhiata sembrerebbe un pezzo di metallo qualsiasi, senza nessun valore. Un rottame, un oggetto come tanti. E tale sembrò a chi lo scoprì più di un secolo fa.

Certo, le statue bronzee che furono trovate assieme ad esso apparirono fin da subito molto più preziose.

Un antico naufragio, avvenuto nella seconda metà del I secolo avanti Cristo. Una nave carica di bronzi e marmi preziosi finita in fondo al mare, a poca distanza da una piccola isola del Mar Egeo a nord di Creta. Non sappiamo da dove fosse partita, non sappiamo dove fosse diretta. Una tragedia dimenticata, come tante.

L’oblio totale per più di duemila anni, fino al ritrovamento, avvenuto in modo del tutto casuale.

I tesori recuperati fanno oggi bella mostra al Museo Archeologico Nazionale di Atene: statue bellissime che testimoniano, se mai ce ne fosse bisogno, l’abilità degli artisti greci ed ellenistici.

Eppure quel pezzo di metallo rettangolare dall’aspetto insignificante, incrostato e ossidato, è diventato il reperto più famoso e studiato dell’intero relitto, nonché il più misterioso.

È la macchina di Anticitera, il più antico planetario a noi noto.

Il ritrovamento: storia di un quasi-naufragio moderno, e di un naufragio antico

Durante la primavera del 1900, la navigazione nel Mar Egeo centrale fu funestata da una grande tempesta. Le navi, perfino quelle più attrezzate, ebbero notevoli difficoltà a stare a galla. L’imbarcazione del greco Demetrios Condos, che ospitava un gruppo di pescatori di spugne marine, fu tra quelle che ebbero più problemi. Il mare grosso e i fortissimi venti a largo di Creta persuasero il comandante a cercare acque più tranquille; un’insenatura, un riparo, per non affondare.

E così approdarono all’isola di Anticitera, un piccolo fazzoletto di terra in mezzo al mare burrascoso, con un basso fondale che garantiva la sicurezza dell’imbarcazione e dei suoi occupanti.

Durante quei giorni di sosta forzata, cosa c’era di meglio che incrementare il profitto della spedizione? D’altra parte i marinai erano pescatori di preziose spugne marine, quello era il loro mestiere…e poi era pericoloso tenere dei rudi lupi di mare troppo in ozio, poteva scoppiare una rissa, si rischiava l’insubordinazione. Il capitano Condos, consapevole di tutto ciò, ordinò ai suoi di gettarsi in mare con l’attrezzatura adeguata per trascorrere il tempo in modo utile e proficuo.

Quando Elias Stadiatis riemerse rapidamente senza alcuna spugna nel suo canestro fu una sorpresa per tutti: era uno dei più esperti pescatori e finora il raccolto era andato più che bene.

Che cosa era successo?

Elias raccontò, respirando a fatica, di aver avuto una visione scioccante: nel fondo del mare aveva scorto improvvisamente uomini, donne nude, cavalli. Figure umane, a grandezza naturale, proprio sul fondo del mare: una visione inaspettata, assurda e scioccante: per questo era riemerso con tanta rapidità.

Inizialmente si pensò a un malore, un’allucinazione dovuta alla prolungata apnea o a uno sbalzo di pressione. Ma il marinaio era un uomo esperto, e per di più era fermamente convinto, anche dopo che si era un po’ calmato, di quello che diceva. Era tutto molto strano, a dir poco.

Incuriosito, il capitano Condos si calò in mare.

E vide le statue.

In fondo al mare, a circa 50 metri di profondità, sostavano, spettrali, numerose statue antiche. Alcune erano in piedi, come se qualcuno le avesse posate delicatamente sulla superficie, di altre si vedevano le estremità emergere dal fondale.

Si capì subito che si trattava di un ritrovamento eccezionale.

Nel corso dei mesi furono riportate in superficie statue ed opere d’arte di indubbio valore, in bronzo e marmo, oltre a una serie di oggetti di uso comune.

Tutto era riconducibile a una nave da carico affondata attorno all’80-85 avanti Cristo.

Pur non avendo prove oggettive, si ipotizza che l’imbarcazione trasportasse una parte dell’ingente bottino che Silla aveva depredato da Atene durante la Prima Guerra Mitridatica.

Un pezzo di metallo…anzi no

Al Museo Archeologico Nazionale di Atene si possono ammirare le statue che sono state recuperate dal relitto di Anticitera. In particolare spicca la perfezione di un efebo e di una testa di filosofo, due bronzi che denotano il livello artistico e tecnico raggiunto dagli antichi greci.

Dovevano apparire splendidi anche appena tirati fuori dall’acqua, dopo duemila anni di immersione in mare.

I reperti recuperati furono subito divisi in due mucchi: il primo erano le opere d’arte o meglio quello che si riconosceva come tale, fra le concrezioni e i danni del tempo; l’altro era un ammasso di oggetti, la cui cattiva conservazione rendeva difficile perfino capire cosa fossero.

Il primo gruppo fu ovviamente restaurato e musealizzato, l’altro fu messo in un deposito, in attesa di capire il loro valore.

Nel 1902 l’archeologo Valerios Stais vide in mezzo alla massa informe di frammenti di bronzo e marmo un oggetto che suscitò la sua curiosità. Ad una prima occhiata era una specie di parallelepipedo, delle dimensioni di un libro, di rame molto ossidato e segnato dal tempo.

Ma all’interno c’era una ruota, una specie di quadrante.

Che cos’era?

Assomigliava ad un orologio, o un meccanismo di qualche tipo. Si mise a pulirlo e sorprendentemente apparvero alcune scritte incise sul metallo. Erano delle annotazioni astronomiche, vi erano i nomi di pianeti e i simboli zodiacali.

Che cos’era in realtà?

Un sorta di computer

Stais si rese conto da subito che era di fronte a un reperto molto strano: i complessi ingranaggi e le scritte impresse sopra erano un difficile enigma da decifrare. Tuttavia non si perse d’animo e cominciò intanto una spasmodica ricerca dei pezzi mancanti, come se avesse fra le mani un puzzle estremamente complicato da ricomporre. Pazientemente riuscì a ritrovare altri 81 frammenti, alcuni molto minuti, che consentirono intanto di “rimontare”, per quanto possibile, la strana macchina.

Le dimensioni originarie erano circa 30 x 15 cm, e doveva avere una cornice di legno. Esternamente aveva una maschera su cui erano montate delle parti mobili, azionate dal complesso sistema di rotelle retrostante. Sulla piastra appaiono le scritte: circa 2000 caratteri oggi in buona parte decifrati. Gli studi di Stais, affrontando le difficoltà dei mezzi di allora e lo scetticismo di buona parte del mondo accademico, si trovarono presto a un punto morto.

Nel 1951, un professore della prestigiosa università di Yale, Derek de Solle Price, riprese ad esaminare la nostra misteriosa macchina. Attraverso una pulitura molto accurata di quanto a disposizione riuscì a capirne il funzionamento e a cosa servisse. Per capirne meglio le dinamiche, il professor Price ricostruì una copia moderna dell’intero macchinario, dimostrando al mondo scientifico e non che si trattava di una scoperta veramente sensazionale.

La Macchina di Anticitera è un antico calendario astronomico: girando una manovella si calcolavano con estrema precisione le posizioni del sole, della luna, completa delle sue fasi, e dei pianeti allora conosciuti, nel corso dell’anno.

Non solo, studi condotti nel 2016, hanno dato prova di ulteriori funzioni: calcolava anche la data delle Olimpiadi, ricorrenza assai importante nella Grecia antica, e le eclissi di Luna.

Sulla maschera, corredata da scritte che identificavano il corpo celeste, si poteva vedere materialmente il pianeta muoversi in un cerchio che simulava l’orbita. Bastava girare la manovella e il sistema di ruote dentate faceva il resto.

Ulteriori analisi del 2022 hanno stabilito perfino la data in cui è stato costruito l’oggetto, vale a dire la prima data di calibrazione dello strumento: il 23 dicembre 178 avanti Cristo, evidenziando tuttavia che i calcoli su cui si basa l’ingranaggio erano viziati da un errore minimo, che aumentava con il passare del tempo.

Un piccolo neo, che però non toglie nulla alla sorpresa degli studiosi di fronte a un macchinario tanto antico e al tempo stesso sofisticatissimo.

È come se avessimo trovato un computer 2000 anni fa!

Possibile?

Una macchina “troppo avanti”

Il fatto che un marchingegno così complesso fosse tanto antico, suscitò fin da subito molti dubbi e perplessità, che non sono del tutto cessati neanche al giorno d’oggi. Anzi sono amplificati con l’avvento di internet e le varie teorie strampalate che sono sotto gli occhi di tutti.

Alcune persone credono che la Macchina di Anticitera sia un reperto moderno finito casualmente in mezzo a reperti più antichi. Altri pensano, più fantasiosamente, che un uomo dei nostri giorni con una macchina del tempo abbia dispettosamente gettato il manufatto davanti all’isoletta greca per fare uno scherzo di cattivo gusto o per vedere l’effetto che fa.

Il fatto è che non riusciamo a comprendere come uomini antichi abbiano sviluppato conoscenze di meccanica e di astronomia in anticipo, almeno stando alla storia della scienza “ufficiale”, di almeno mille anni.

I primi rudimentali simulatori meccanici del cielo che conosciamo risalgono a poco dopo l’anno mille, ovviamente dopo Cristo. Per avere un esempio paragonabile alla nostra Macchina di Anticitera, dobbiamo addirittura aspettare il Trecento, con l’Astrario costruito dall’orologiaio ed astronomo veneto Giovanni Dondi.

Ma tutto questo è spiegabile senza dover ricorrere a strane teorie.

Le nostre conoscenze della tecnica e della meccanica antiche sono infatti molto limitate, poiché non abbiamo la possibilità di leggere tutti i testi prodotti in antichità né di visionare le macchine costruite al tempo. Per questo motivo molte delle nostre scoperte sono in realtà delle “riscoperte” di cui ignoriamo la provenienza.

In epoca ellenistica, sappiamo che Erone costruì un automa che si muoveva grazie alla forza del vapore; ma la macchina a vapore fu “inventata” soltanto nel 1700.

Le stesse teorie eliocentriche, cavallo di battaglia di Copernico e poi di Galileo Galilei, erano già state sviluppate da Aristarco di Samo, un filosofo e astronomo attivo ad Alessandria d’Egitto nel III secolo avanti Cristo.

Per segnalare esempi più calzanti con la nostra macchina, Cicerone nel De re publica attesta che nella sua epoca esisteva ancora a Siracusa una macchina circolare costruita da Archimede dove si simulavano i movimenti del sole, dei pianeti e le vari fasi lunari.

Sempre il celebre scrittore romano, nelle Tuscolanae disputationes, ci riporta la notizia che anche un suo amico, Posidonio di Rodi, aveva costruito una marchingegno molto simile. Forse il congegno scoperto ad Anticitera è la macchina ricordata da Cicerone? O è frutto di uno sviluppo di un allievo di Posidonio. Probabilmente non lo sapremo mai; purtroppo nessuno ha visto queste due invenzioni, né i testi giunti fino a noi ce le descrivono con sufficiente precisione.

Molte delle conoscenze antiche non ci sono note, poiché il tempo, assieme ai vari disastri che si sono susseguiti nella storia (catastrofi, invasioni, distruzione di biblioteche ecc ecc) ha operato una selezione davvero spietata. Sulla base di ciò che sappiamo, tuttavia, è possibile smontare le teorie più assurde.

La macchina di Anticitera è un unicum nel suo genere, arrivato per caso a noi.

Una meraviglia della tecnica che stupisce per la precisione e che probabilmente ha altri segreti da svelarci. Non ci resta che aspettare le nuove scoperte…