Tra i concetti più importanti e allo stesso tempo equivocati della storia romana vi è il cosiddetto “Limes”: il confine tra l’impero romano e il mondo dei barbari è molto di più che una semplice barriera fisica o geografica.
Siamo abituati a considerare il limes come ad un confine difensivo, creato dai romani per proteggersi dalle tribù oltre il muro. Ma in realtà, la sua funzione era molto più articolata.
Differenza tra Limes Romano e muri moderni
Il concetto moderno di muro è rappresentato da una costruzione che divide una zona in maniera netta: basta prendere ad esempio il muro di Berlino, che divideva fisicamente la Germania in due blocchi profondamente diversi.
In quel caso esisteva la parte occidentale e quella orientale, con differenti legislazioni e soprattutto con due organizzazioni politiche diverse.
Un altro muro “moderno” è quello che si trova al confine tra gli Stati Uniti e il Messico: qualcosa, anche in questo caso, che crea una separazione netta tra due società.
In realtà, il Limes romano aveva una funzione più profonda e costituiva un confine molto meno netto rispetto alla sua concezione moderna.
Un confine economico e psicologico
Il Limes Romano innanzitutto differiva per struttura: era formato da una serie di fortificazioni che nel corso dei decenni vennero aumentate di numero e furono collegate le une alle altre, e non da un unico muro di separazione.
La sua importanza non era legata al suo aspetto materiale ma al messaggio che era in grado di dare agli avversari di Roma.
Il Limes Romano era il confine oltre il quale le legioni romane decidevano deliberatamente di non spingersi. Un approccio che non dipendeva dalla impossibilità o incapacità dovuta ad avversari troppo forti o dalla paura di spingersi all’interno di zone inesplorate.
Si trattava puramente di una decisione pratica: quello era il limite oltre il quale inviare delle legioni sarebbe stato troppo costoso. E la sicurezza dei confini poteva essere ottenuta con altri metodi più economici, diversi dal dispiegamento fisico dei soldati.
Pur senza l’invio dei legionari, l’influenza dell’Impero non si esauriva con la mancanza di presenza fisica, ma continuava a farsi sentire attraverso la politica e la forza psicologica.
Il primo strumento era senza dubbio quello degli stati cuscinetto: territori nei quali gli avversari di Roma sapevano che non sarebbe stato conveniente attaccare nè transitare, pena l’intervento dell’esercito romano con spedizioni punitive.
Non bisogna poi dimenticare che vi erano interi regni e tribù governati da persone gradite al Senato e all’amministrazione romana, i classici “protettorati” che pur non essendo parte dell’Impero, ne rendevano possibile un’espansione “psicologica” nei confronti dei nemici.
Un ulteriore strumento era quello della cosiddetta “politica del terrore”, un approccio con cui si influenzano le dinamiche dei popoli esterni attraverso la paura o la minaccia che le truppe dell’impero intervengano per proteggere le tribù amiche.
Dei confini molto più vasti
Roma si espandeva politicamente e psicologicamente ben oltre il suo Limes fisico, grazie agli stati cuscinetto, con i protettorati e più generalmente con la cosiddetta deterrenza psicologica: mezzi molto più economici e sostenibili rispetto a continue guerre di conquista o di riaffermazione del controllo militare.
Il Limes era quindi un confine poroso che risultava essere più comodo e funzionale rispetto a un muro che avrebbe necessitato di un’importante manutenzione e una difesa che avrebbe richiesto l’intervento di troppe forze, con conseguenti perdite economiche per l’Impero.
Il Limes Romano non era quel “muro” oltre il quale Roma non esisteva più: l’Urbe riusciva ad estendersi ben oltre quelli che erano i suoi avamposti più distanti.
E lo faceva con uno strumento “misto”, molto più comodo per i romani rispetto ad esempio alla Muraglia Cinese, che al contrario, necessitava di un dispiego di forze imponenti e aveva alti costi di gestione.