Il legionario romano. Noi lo amiamo. I contemporanei… no

Il Legionario romano. Se facessi un sondaggio chiedendo quale figura romana è più affascinante in assoluto, credo che il legionario vincerebbe a mani basse.

Tutti vorrebbero indossare una lorica segmentata, il gladio appeso, lo scudo e sentirsi portatori della romanità.

Sui social si sprecano le manifestazioni di stima, di ammirazione nei confronti dei legionari romani. Noi le vediamo come un eroe, un portatore di civiltà, una figura “fighissima“.

Quello che incarna il potere di Roma, che inorgoglisce i presenti, fa sospirare le donne e rassicura i bambini.

E’ curiosissimo quanto la concezione dei romani nei confronti dei loro legionari fosse radicalmente diversa.

Il cittadino romano medio vedeva nel legionario una figura assolutamente fondamentale e utile alla sicurezza del territorio, ma dall’estrazione e dal valore sociale alquanto basso.

Nelle fonti romane i legionari vengono più volte denominati come “quelli che sudano“. Il sudore è il concetto immediatamente collegato a questa figura: e dunque persone di fatica, di sforzo, di basso rango.

Bassi operai militari” potremmo definirli.

E allo stesso tempo il cittadino romano teme la rivolta del legionario, ha paura che tutta quella forza bruta e capacità di uccidere possa trasformarlo in un ribelle.

Per questo nell’immaginario collettivo, il legionario doveva sottostare a regole molto rigide e ad un continuo allenamento sotto la supervisione dei centurioni.

Doveva essere talmente inquadrato e affaticato da servire Roma senza poter costituire un pericolo.

C’è poi un altro elemento importante: la “mobilità” del ruolo di legionario.

L’idea di un soldato romano fedele e perfetto, inquadrato in maniera definitiva e inamovibile come servitore della Res Publica non aderisce sempre alla realtà.

Soprattutto nel periodo delle guerre civili vi è una labile linea di demarcazione fra il legionario regolare, quello sulla via dell’ammutinamento, e quello che inizia ad esercitare violenza e sopraffazione sui cittadini, declassandosi a bandito, fuorilegge, quello che le fonti chiamano “latrones”.

Molto spesso decine di migliaia di legionari passeggiano su e giù per questo confine, specie nel primissimo periodo post riforma di Caio Mario, quando i soldati sono prevalentemente una massa di falliti nullatenenti che si arruolano per sopravvivenza.

Un ultimo esempio di questo lo troviamo nelle lapidi e nei monumenti funerari dei legionari. Raramente si trovano raffigurati in azioni di lotta e di violenza, nell’atto di sgozzare un nemico o trafiggere il generale avversario.

E’ invece comune l’uso di immagini simboliche, di legionari che portano ordine, che hanno obbedito agli ordini, che indossano la toga piuttosto che la lorica.

Vogliono essere ricordati da cittadini e da persone di valore, e non come rozzi esecutori di ordini militari. Segno che vi è la necessità, da parte loro, di rompere il luogo comune dominante e per loro sgradito, di uomini sudati e di bassa lega.

Notevole dunque, tornando all’inizio dell’osservazione, quanto spesso vi sia una abissale differenza fra la nostra “innamorata” visione delle figure romane del passato, e la considerazione più pragmatica e disillusa degli stessi romani di un tempo.

Se volete approfondire, non posso che consigliarvi un testo di cui sono innamorato: “L’uomo romano” di Andrea Giardina. Un libro piuttosto pesante e difficile da capire, ma che consente di comprendere fino alle radici alcuni aspetti fondamentali.

Nel capitolo dedicato al legionario, troverete l’approfondimento di quanto spiego in questo pezzo.