La caduta della repubblica romana è un periodo storico dell’antica Roma durante il quale la forma di governo, basata su una serie di assemblee che votavano le leggi ed eleggevano le magistrature minori e superiori, entrò in crisi e fu scossa da una serie di guerre civili, fino al suo tramonto dopo la battaglia di Azio del 31 d.C.
La repubblica romana era iniziata al termine del periodo della monarchia, momento storico tradizionalmente datato al 509 a.C: anche se un piccolo numero di famiglie aristocratiche monopolizzava l’elezione delle principali magistrature, e la politica era di fatto guidata dai più ricchi, la repubblica romana è considerata universalmente uno dei primi e più funzionanti esempi di oligarchia repubblicana.
Durante la sua vita, la Repubblica conobbe una lunga serie di crisi sociali e politiche, ma più volte la politica Romana era riuscita ad adattarsi alle diverse difficoltà, anche ricorrendo alla creazione di nuove figure politiche come quella dei promagistrati. Più tardi, le vaste conquiste territoriali della Repubblica sconvolsero la sua società: l’immenso afflusso di schiavi arricchì notevolmente l’aristocrazia ma rovinò le condizioni sociali dei contadini e degli operai urbani.
Per affrontare questo problema, diversi politici proposero delle riforme, soprattutto leggi agrarie, ma questi vennero sistematicamente uccisi come accadde con i fratelli Gracchi, Saturnino o Claudio Pulcro, fortemente osteggiati dalla fazione aristocratica degli ottimati, che non voleva perdere i propri privilegi.
In questo contesto, gli ultimi decenni della Repubblica furono segnati dall’ascesa di grandi generali, che sfruttarono le loro conquiste militari per ottenere il controllo del sistema politico, violando le tradizionali regole della Repubblica.
Caio Mario e Cornelio Silla furono i protagonisti della prima guerra civile, che sconvolse la Repubblica, ed entrambi utilizzarono i loro poteri straordinari per eliminare fisicamente i loro avversari.
Successivamente, una nuova guerra si scatenò tra Pompeo, generale supportato dall’ aristocrazia senatoria, ed un emergente Giulio Cesare, all’indomani delle sue conquiste nelle Gallie. Diventato dittatore a vita, Cesare non ebbe il tempo di riformare la Repubblica, in quanto ucciso nelle famosi idi di marzo del 44 a.C da una congiura di aristocratici guidati da Bruto e Cassio, che non accettava il suo potere assoluto.
L’erede di Cesare, Ottaviano, e il principale luogotenente di Cesare, Marco Antonio, sconfissero gli assassini di Cesare nel 42 a.C ma successivamente iniziarono una guerra civile tra di loro. La sconfitta finale di Marco Antonio nella battaglia di Azio del 31 a.C, assieme alla regina d’Egitto Cleopatra, segna tradizionalmente la fine della repubblica romana, con la concessione da parte del Senato di poteri straordinari ad Ottaviano.
Ottaviano, diventato Augusto nel 27 a.C, finse di restaurare il funzionamento della Repubblica, ma instaurò in realtà una nuova forma di governo, che aveva nella figura dell’imperatore il proprio punto di riferimento, un regime noto come Impero Romano.
Prima fase della caduta della Repubblica Romana: lo scontro tra ottimati e tribuni della plebe
La Repubblica aveva funzionato efficacemente per secoli, garantendo l’espansione di Roma in tutta l’Europa. Tuttavia , le grandi conquiste avevano portato un enorme afflusso di bottino, nuovi territori e schiavi. Queste nuove ricchezze erano diventate appannaggio solamente della parte aristocratica, ma avevano causato la rovina economica della fascia più debole della popolazione, i plebei, i quali , dopo aver prestato servizio militare per anni, avevano visto le loro attività economiche completamente rovinate.
I rappresentanti della plebe, il tribuni della plebe, miravano ad ottenere la redistribuzione delle terre in favore dei veterani delle legioni e dei contadini più poveri, anche sfruttando il loro potere e la loro posizione per bloccare sistematicamente tutte le altre attività del Senato Romano.
L’aristocrazia senatoria reagì sia politicamente, sia più tardi tramite azioni di violenza: Tiberio e Sempronio Gracco, i due tribuni della plebe più rappresentativi della fazione dei popolari, vennero infatti uccisi dalla folla inferocita fomentata dai partigiani dei senatori.
Con il ricorso alla violenza nei confronti di figure tradizionalmente intoccabili come i tribuni della plebe, la repubblica romana inizia ufficialmente il suo periodo di profonda crisi.
Seconda fase della caduta della Repubblica Romana: la nascita degli eserciti privati e la guerra civile tra Mario e Silla
Per buona parte della storia repubblicana, i legionari erano sempre rimasti fedeli al Senato, la massima autorità che aveva potere sull’esercito. Ma dal momento che i senatori non erano in grado di soddisfare le prospettive economiche dei soldati congedati, e grazie alla riforma dell’esercito di Caio Mario, che aveva consentito anche ai nullatenenti di arruolarsi, i soldati iniziarono ad essere più fedeli ai generali che potevano garantirgli il bottino e le terre alla fine della loro leva, piuttosto che allo stato Romano.
Questo grave problema militare portò alla creazione di eserciti privati, che rispondevano direttamente al volere di uno specifico generale. In particolare, Caio Mario , rappresentante della fazione dei popolari, e Lucio Cornelio Silla, appoggiato dagli aristocratici , avviarono degli scontri armati che sfociarono nella prima guerra civile della Repubblica Romana.
La guerra proseguì con fasi alterne, caratterizzate da altissima violenza, ma il trionfatore ultimo fu Cornelio Silla, il quale ottenne il totale controllo della Repubblica. Silla produsse una serie di riforme che avevano lo scopo di riabilitare il funzionamento dello Stato Romano e limitare le irregolarità nelle elezioni dei magistrati, ma queste, poco dopo la sua morte, vennero ignorate .
Terza fase della caduta della Repubblica Romana: il primo triumvirato
Nel 53 a.C i tre principali leader politici, Gneo Pompeo Magno , Marco Licinio Crasso ed un giovane Giulio Cesare, realizzarono un accordo privato per prendere il potere a Roma ed ottenere il controllo della politica. Nonostante le proteste di difensori della Repubblica come Cicerone, I tre uomini sovvertirono completamente il funzionamento della Repubblica ed utilizzarono le leggi in vigore a loro completo piacimento.
Crasso ottenne una serie di agevolazioni per consolidare il suo enorme patrimonio finanziario ed immobiliare, Pompeo ottenne la redistribuzione delle terre ai veterani delle sue legioni che avevano combattuto in Spagna ed in Oriente contro Mitridate VI, Re del Ponto, e Cesare divenne nel 59 a.C il nuovo console, facendosi garante che le riforme a beneficio dei primi due fossero effettivamente realizzate.
L’accordo fra i tre uomini più potenti di Roma, tuttavia, non durò a lungo: Crasso venne ucciso mentre combatteva una campagna militare avviata per sua iniziativa ed in particolare durante la battaglia di Carre nel 53 a.C, contro i Parti, in Mesopotamia.
Pompeo venne immediatamente avvicinato dall’aristocrazia senatoria, la quale voleva utilizzare la sua influenza per contenere la figura di Giulio Cesare, il quale, grazie alle sue campagne militari nelle Gallie, aveva ora un grosso esercito al suo comando.
I rapporti tra Pompeo e Cesare si deteriorarono definitivamente fino al superamento da parte di quest’ultimo del confine del fiume Rubicone, che segnò ufficialmente inizio della seconda guerra civile. I due generali si affrontarono con i loro eserciti per tutta l’Europa, e si incontrarono nella battaglia decisiva di Farsalo, dove Cesare ottenne una vittoria storica e divenne l’unico signore di Roma.
Quarta fase della caduta della Repubblica romana: la dittatura di Giulio Cesare
Dopo aver sconfitto tutti i suoi nemici, Cesare ottenne una dittatura di 10 anni con lo scopo formale di restaurare il funzionamento della Repubblica. Non abbiamo ben chiare le sue intenzioni, visto che riuscirà a governare da dittatore per poco più di un anno, ma Cesare non diede luogo a quelle riforme che l’aristocrazia senatoria si aspettava da lui.
Cesare, nei suoi comportamenti, pur evitando l’utilizzo della parola ” Re ” che era odiata dai cittadini romani, si comportò di fatto da monarca assoluto.
Dimostrò inoltre parecchio disprezzo per le classiche figure di garanzia della Repubblica romana, tra cui il tribuno della plebe, che arrivò ad osteggiare. Alla fine, Cesare ottenne la dittatura a vita e divenne contemporaneamente console, pontefice massimo e tribuno della plebe.
I cittadini romani avevano il dovere civico di sopprimere qualsiasi tentativo di tirannia, anche attraverso l’assassinio politico e potevano farlo senza avere conseguenze legali.
Per questo, mentre tutta la popolazione romana era intenta a tributare a Cesare il massimo degli onori, una gruppo di politici e di aristocratici guidati da Bruto e Cassio organizzò una congiura per assassinarlo.
Cesare venne ucciso nella curia di Pompeo, nel foro di Roma, alle Idi di marzo, il 15 del mese, del 44 a.C
Quinta fase della caduta della Repubblica romana: la guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio
Alla morte di Cesare, tutti si aspettavano che il suo legittimo successore sarebbe stato Marco Antonio, che lo aveva accompagnato durante le campagne militari nelle Gallie ed era stato a lui fedele durante la guerra civile contro Pompeo.
Tuttavia, all’apertura del suo testamento, Cesare aveva nominato come suo legittimo successore il nipote Ottaviano. Marco Antonio e Ottaviano entrarono immediatamente in contrasto per ottenere l’eredità di Cesare, sia sotto il profilo delle sue enormi ricchezze, ma soprattutto per il comando di Roma.
I due decisero di concordare una tregua per affrontare la battaglia contro Bruto e Cassio, che erano nel frattempo fuggiti in Oriente per preparare degli eserciti da opporre ai due. Nella battaglia di Filippi, Ottaviano ma soprattutto Marco Antonio riuscirono a sconfiggere gli avversari, gli ultimi rappresentanti dell’ideale repubblicano, e divennero, assieme a Lepido, gli assoluti signori di Roma in un nuovo accordo pubblico noto come “Secondo triumvirato “.
I rapporti tra Ottaviano e Marco Antonio, tuttavia, peggiorarono ulteriormente fino allo scoppio di una terza guerra civile. Lo scontro decisivo fra due, Ottaviano in rappresentanza del Senato e Marco Antonio con il supporto della regina d’Egitto Cleopatra, avvenne presso il promontorio di Azio nel 31 d.C
Marco Antonio e Cleopatra vennero sconfitti e si suicidarono poco dopo: Ottaviano divenne l’unico padrone di Roma e a lui venne affidato il compito di restaurare la Repubblica. In realtà, Ottaviano finse di ripristinare il funzionamento della Repubblica, ed invece istituì la nuova figura dell’imperatore, il quale concentrava su di sé una lunga serie di cariche e deteneva di fatto il controllo dello Stato romano.
Con la battaglia di Azio e con le riforme di Ottaviano Augusto, si considera tradizionalmente concluso il periodo della Repubblica romana.