La battaglia dei campi Magni o battaglia della Bagrada è uno scontro combattuto nel 203 a.C tra il generale romano Scipione l’Africano contro il Re dei numidi Siface e il generale cartaginese Asdrubale Giscone. Scipione ottenne una decisiva vittoria tramite un utilizzo innovativo delle linee di fanteria romane, sbaragliando il nemico.
Il preludio alla battaglia e l’incendio agli accampamenti di Siface ed Asdrubale
La seconda guerra punica era stata caratterizzata dalla discesa di Annibale in Italia e da una serie di schiaccianti vittorie ottenute dal comandante cartaginese. Soprattutto nella battaglia di Canne, Annibale aveva inflitto ai romani forse la peggiore sconfitta della storia, mettendo in serio rischio la sopravvivenza stessa di Roma e del suo esercito.
La guerra aveva conosciuto un nuovo corso con l’intervento di Scipione, che attaccando i possedimenti dei cartaginesi in Spagna aveva ottenuto delle prime importanti vittorie come quella di Baecula e Ilipa. Durante queste battaglie, Scipione aveva dimostrato di aver compreso le lezioni inflitte da Annibale e di fare un utilizzo completamente nuovo delle linee di Fanteria romane.
Dopo le vittorie in Spagna, Scipione intendeva portare la guerra direttamente in Africa per attaccare Cartagine, la capitale nemica, e mettere definitivamente fine alla guerra. Il Senato, e soprattutto le famiglie opposte alla fazione degli Scipioni, erano però molto restie ad affidargli nuovi incarichi militari.
Il Senato adottò allora una soluzione di comodo: diede il permesso a Scipione di organizzare la guerra a suo piacimento, ma egli avrebbe dovuto reclutare uomini con le sue sole forze, senza ulteriori contributi economici da parte del Senato.
Scipione, accompagnato dal suo ammiraglio Gaio Lelio, dal generale Porcio Catone e dall’alleato Massinissa sbarcò ad Utica nel 204 a.C con 400 navi da carico e 40 navi da guerra.
Il principale obiettivo di Scipione era la conquista della città di Utica, posizionata in un luogo altamente strategico. Non essendoci immediatamente riuscito, stabilì i suoi accampamenti in una zona conosciuta come “Castra Cornelia “.
Si presentarono allora a Scipione due generali: Il primo era Siface, il Re dei numidi, e il secondo era Asdrubale Giscone, generale cartaginese, da non confondere con Asdrubale fratello di Annibale.
I due comandanti chiesero la pace a Scipione, proponendo il completo ritiro dei cartaginesi dall’Italia in cambio dell’ altrettanto ritiro dei romani dall’Africa. Scipione agì d’astuzia: finse di voler intavolare delle trattative e colse l’occasione per inviare delle ambascerie presso gli accampamenti dei comandanti nemici.
Gli emissari di Scipione erano in realtà composti da un nutrito numero di centurioni-spie, che studiando la disposizione e le caratteristiche degli accampamenti, fornirono a Scipione informazioni cruciali per organizzare un attacco a sorpresa, fra cui la presenza di materiale altamente infiammabile presso le postazioni dei nemici.
Continuando ad intessere delle trattative fittizie, Scipione decise finalmente di condurre un attacco notturno: i soldati romani incendiarono gli accampamenti nemici e i soldati che si precipitarono all’esterno per fuggire dalle fiamme vennero raggiunti e massacrati dai legionari che li aspettavano.
Nonostante la tremenda sconfitta, Siface ed Asdrubale di Giscone riuscirono a sopravvivere, e chiamarono a raccolta ogni tipo di mercenario disponibile in Nord Africa. Dimostrando una notevole capacità organizzativa, i due condottieri riuscirono a mettere insieme, in poche settimane, un nuovo esercito, composto da circa 30.000 uomini.
L’arma più pericolosa a disposizione dei cartaginesi era certamente la presenza dei guerrieri Celtiberi, di provenienza ispanica, che sebbene si trovassero in un territorio sconosciuto, erano particolarmente abili in battaglia.
Lo schieramento della battaglia dei campi Magni
Non appena Scipione venne a sapere che i nemici avevano preparato un nuovo esercito, in soli cinque giorni raggiunse la località dei Campi Magni, a circa 150 chilometri dalla costa. I due eserciti vennero posizionati come segue.
I cartaginesi posizionarono al centro un nutrito corpo di guerrieri Celtiberi in formazione quadrata, pronti al combattimento. Sulla loro destra un contingente di fanteria alleata composta da Fanti cartaginesi, mentre sulla sinistra un altro blocco di fanteria alleata costituito da Fanti numidi. Alcuni storici hanno dubitato della presenza di queste due formazioni di supporto, ma alcune fonti, come per esempio Polibio, ne fanno menzione.
Sul lato sinistro dello schieramento cartaginese la cavalleria leggera numida guidata dal generale Siface, mentre sul lato destro la cavalleria pesante cartaginese comandata da Asdrubale Giscone.
Da parte romana, Scipione posizionò la fanteria romana al centro affiancata, a sinistra e a destra, da altri due blocchi di fanti alleati. Sull’ala destra romana, la cavalleria pesante guidata da Gaio Lelio, che in questo modo avrebbe affrontato direttamente Siface. Dalla parte opposta, sull’ala sinistra romana, la Cavalleria leggera dei numidi comandata da Massinissa, che si sarebbe scontrata con la cavalleria di Asdrubale.
Svolgimento della battaglia dei Campi Magni
La battaglia iniziò con l’attacco delle cavallerie romane: il contingente guidato da Gaio Lelio e da quello di Massinissa entrarono immediatamente in contatto rispettivamente con Siface e con Asdrubale Giscone. Sembra che le due cavallerie dei cartaginesi abbiano immediatamente ripiegato, rifiutando di fatto lo scontro, e siano fuggite. Con loro, i due comandanti, che sarebbero ritornati presso le loro terre lasciando la fanteria al suo destino.
Anche i fanti ausiliari romani attaccarono la controparte cartaginese e sembra che anche questi contingenti siano quasi immediatamente fuggiti, preferendo evitare il massacro. Sul campo di battaglia rimase quindi lo schieramento dei Celtiberi, che si componeva di un quadrato estremamente compatto.
Scipione non aveva la possibilità di aspettare il ritorno delle cavallerie o della fanteria ausiliaria e si trovava di fronte ad un nutrito gruppo di guerrieri particolarmente pericolosi. Scipione decise quindi di utilizzare un’ardita tattica basata solamente sul movimento rapido delle linee di fanteria.
Le linee di Fanteria romane erano classicamente organizzate nella formazione a triplex acies: una fila di guerrieri più giovani chiamati Hastati, una seconda fila composta da Principes, e una terza fila composta da veterani, i Triarii.
Normalmente tra un manipolo e l’altro degli uomini, vi era uno spazio che consentiva agli Hastati di ritirarsi dietro i Principes qualora la pressione del nemico fosse risultata eccessiva. Scipione decise invece di far avvicinare i manipoli l’uno all’altro, creando tre linee continue.
Mentre la prima linea di Hastati fronteggiava i Celtiberi con il massimo dell’impegno, la seconda linea di Principes ricevette l’ordine di sfilare e circondare il lato sinistro dei Celtiberi, mentre la terza linea di Triarii dovette sfilare sulla destra e circondare il lato destro dei Celtiberi.
In questo modo i Principes e i Triarii avvolsero prima i fianchi e poi anche il retro del contingente dei Celtiberi, circondandoli completamente.
Iniziò così un massacro che si concluse con il totale annientamento dei Celtiberi, dei quali non rimase alcun superstite.
Le conseguenze della battaglia dei campi Magni e il genio tattico di Scipione
La battaglia dei Campi Magni rappresenta un altro dei colpi di genio militare da parte di Scipione l’Africano.
Scipione aveva partecipato alla battaglia di Canne, dove la spinta dei romani contro un centro “molle”, che arretrava volontariamente, aveva portato i legionari ad infilarsi inconsapevolmente all’interno di una trappola, una specie di “vicolo cieco” che li aveva poi avvolti e stritolati.
Scipione aveva studiato la manovra di Canne e aveva ideato una manovra avvolgente persino superiore a quella di Annibale. La manovra di Annibale prevedeva infatti una sorta di “collaborazione” dell’esercito nemico, che doveva spingere per infilarsi all’interno della trappola organizzata dai cartaginesi.
Il metodo di Scipione invece, pur senza la spinta e dunque la partecipazione dell’avversario, permetteva di sfilare sui fianchi e di circondare completamente il nemico con un’azione completamente autonoma e molto più veloce.
Si può dire dunque, che la battaglia dei Campi Magni rappresenta una versione migliorata della tattica utilizzata a Canne.
La completa vittoria di Scipione l’Africano ai Campi Magni costituì un passo fondamentale dell’invasione romana dell’Africa.
La battaglia successiva, quella di Zama, sarebbe stata combattuta direttamente fra Scipione l’Africano e Annibale, costretto a ritirare i suoi uomini dall’Italia dopo un’invasione durata 15 anni.