Giulio Valerio Maggioriano, (420 d.C – 461 d.C) fu probabilmente l’ultimo grande imperatore dell’Impero Romano d’Occidente, prima della sua caduta.
Autore della difesa dell’Italia, riconquista delle Gallie e della Spagna ai danni dei Visigoti, si avvicinò a sconfiggere il regno dei Vandali di Genserìco nel Nord Africa, ed attua delle importanti riforme per rendere più giuste ed eque le tasse della società romana.
Venne infine tradito e ucciso dal generale barbaro Ricimero, prima di poter completare la sua opera
La crescita come generale e l’elezione ad imperatore
Maggioriano fa parte dell’alta aristocrazia militare: il nonno, omonimo, era il Magister Equitum, capo della cavalleria, e braccio destro dell’imperatore Teodosio I. La sua giovinezza passò così attraverso una rigida ed efficace educazione strategica e militare.
Le sue prime missioni furono sotto il comando del generale Flavio Ezio, colui che sconfiggerà Attila ai campi Catalaunici, assieme al suo compagno e amico di origine barbarica Ricimero.
Maggioriano sviluppa così una grande esperienza sui campi di battaglia e diventa rapidamente uno dei più valenti generali dell’Impero Romano d’Occidente.
Ad un certo punto della sua sfolgorante carriera, l’imperatore in carica Valentiniano III, che soffriva dell’influenza del generale Ezio, pensò addirittura di darlo in moglie alla sua unica figlia, per avere un uomo capace di muoversi sui campi di battaglia che sarebbe stato dalla sua parte.
Ezio, fiutando il pericolo, stroncò la carriera militare di Maggioriano, che dovette temporaneamente uscire di scena.
La situazione ebbe tuttavia un rapido cambiamento quando Valentiniano III, descritto generalmente come un codardo e inetto sui campi di battaglia, sfoderò la spada per uccidere Ezio, privando l’impero dell’unico generale in grado di proteggerlo militarmente.
Una frase che circolò presso gli storici del tempo recita:
“Uccidendo Ezio, Valentiniano III tagliò con il suo braccio sinistro il suo braccio destro”
L’azione di Valentiniano, tuttavia riportò in auge Maggioriano, il quale potè riprendere la sua carriera militare assieme a Ricimero.
I due più valenti generali dell’impero d’Occidente furono responsabili dapprima della nomina dell’imperatore Avito e di lì a poco della sua caduta, data l’incapacità di quest’ultimo di mediare tra le esigenze del Senato e dei militari.
L’impero d’occidente necessitava così di un nuovo imperatore e la persona più titolata a poterlo nominare era l’imperatore romano d’Oriente, in quel periodo Leone I.
Egli si rendeva perfettamente conto che i due nomi più adatti erano quelli di Maggioriano e di Ricimero, ma il primo, di origine più nobile e romana, era più adatto a ricoprire la carica.
Ricimero si “accontentò” così di fargli da Magister Equitum, ritenendo comunque di poter avere una ottima influenza sulle decisioni del compagno.
La difesa dell’Italia dai barbari Vandali
Nell’estate del 458 d.C un contingente di Vandali e Mauri attaccò l’Italia via mare: sbarcò in Campania e causò delle importanti devastazioni.
Maggioriano, con il suo esercito composto da diverse tribù barbare alleate di Roma, dovette intervenire personalmente. Ottenne abbastanza rapidamente una importante vittoria, riuscendo a salvare la penisola dall’invasione.
Tuttavia, nonostante quel successo militare, era necessario che la penisola italiana avesse le risorse per poter difendere sia le sue città che le coste.
Per questo motivo, Maggioriano stabilì un nuovo esercito a difesa dell’Italia composto da una serie di tribù barbare alleate con la qualifica di “Foederati” di Roma: Gepidi, Ostrogoti, Rugi, Burgundi, Unni, Bastarni, Suebi, Sciti e Alani.
Ma non solo: i Vandali erano dotati di una forza navale non indifferente e per questo ebbe l’accortezza di creare una nuova flotta a difesa della penisola, puntando sulle antiche scuole marinare di Miseno e Ravenna.
Inoltre promulgò una legge che consentì ad ogni cittadino romano di essere armato. Questo provvedimento, è una sorta di “recupero” di antiche tradizioni romane, per le quali il cittadino era anche un soldato, pronto a prendere le armi per difendere la sua terra.
In questo modo, in caso di pericolo, la penisola italiana sarebbe stata in grado di reclutare con relativa facilità un grande numero di uomini da impiegare nell’esercito.
La conquista delle Gallie
Un secondo importante obiettivo per Maggioriano era conquistare le Gallie.
Si trattava di una zona fortemente strategica che in realtà non riconosceva Maggioriano come nuovo imperatore.
Testimonianza di ciò, il fatto che la nobiltà gallo-romana, anche nelle iscrizioni del tempo, non citava il suo nome come punto di riferimento per l’intero occidente, riconoscendo solamente l’imperatore d’Oriente.
Si trattava di un grave pericolo per il suo potere e per la stabilità del sistema che voleva ricostituire.
Dopo un primo intervento del suo comandante Egidio, che finì assediato dai Visigoti, lasciò, con una buona dose di fiducia, Ricimero a gestire la situazione nella penisola italica.
Maggioriano si mosse personalmente con un esercito composto da diverse tribù verso le Gallie e attaccò direttamente i Visigoti.
Non ci furono grandi battaglie campali che risolsero la situazione, come siamo abituati a vedere nella Repubblica o nell’Alto Impero romano, ma una serie di interventi per assediare o liberare dagli assedi delle città strategiche.
In questo modo, Maggioriano si garantì un controllo militare sulle Gallie in un tempo relativamente breve, nominando Egidio governatore.
Ma non pensiamo a Maggioriano solo come ad un generale. Allo stesso tempo, egli ebbe l’accortezza di instaurare delle relazioni diplomatiche soprattutto con i grandi principi guerrieri gallici, con l’obiettivo che anche a quest’ultimi interessasse la posizione di forza e la garanzia offerta dal suo ruolo di Imperatore.
Un misto fra intervento militare e lavoro di diplomazia, che gli consentì di mettere in sicurezza il territorio, e rivolgere quanto prima la sua attenzione ad un’altra importante provincia, che andava rapidamente riconquistata.
La riconquista della Spagna
Un’altra provincia di importanza fondamentale era quella di Spagna, conquistata dai Visigoti approfittando del Sacco di Roma e del momento di debolezza dell’autorità centrale.
Maggioriano aveva bisogno di riprenderne il controllo anche per sferrare l’attacco contro i Vandali del Nord Africa.
Appunto per questo motivo, ricostituì nuovamente un esercito che dalla Liguria si mosse attraverso l’Aquitania, che corrisponde ad un tratto dell’odierna Francia del sud, e attaccò la Spagna.
Maggioriano ebbe l’accortezza di dividere il suo esercito secondo due linee di attacco: la prima verso le coste Mediterranee della Spagna e la seconda verso l’attuale Portogallo del Nord.
In questo modo, con una sapiente gestione dell’esercito e delle rotte di attacco, riuscì a prendere di sorpresa i Visigoti e infliggergli una serie di sconfitte riportando la provincia sotto il controllo Romano.
Genserìco, il re dei Vandali che avevano costituito un regno nel nordafrica dopo il sacco di Roma, si accorse della straordinaria efficacia e velocità di Maggioriano.
In un primo momento gli offrì una pace. Ma Maggioriano la rifiutò nettamente, organizzando invece il suo esercito per attaccare il regno dei vandali e mettere definitivamente in sicurezza quello che nei suoi piani doveva essere il ricostituito Impero romano d’Occidente.
La fallita conquista del regno Vandalo
Maggioriano, nell’affrontare i Vandali di Genserìco, dimostrò un sapiente uso delle informazioni e di quella che potremmo definire l’intelligence del tempo.
Secondo Procopio di Cesarea tinse i suoi proverbiali capelli biondi per impersonare un ambasciatore, e si recò direttamente da Genserìco per raccogliere informazioni sul nemico.
Non sappiamo esattamente se questo episodio sia avvenuto, ma certamente è significativo di una grande raccolta di informazioni che Maggioriano operò per comprendere le capacità militari dei Vandali e le loro tattiche.
Quando si sentì pronto a sferrare un primo attacco, nonostante i Vandali avessero cominciato a distruggere le riserve di grano in Mauretania per rendere meno appetibile la terra, accadde l’imprevisto.
La testa di ponte del suo esercito era costituita da una possente flotta al largo delle isole spagnole, ma per via del tradimento di alcuni soldati, i Vandali riuscirono ad individuarla, ad incendiarla e a rendere inutilizzabili tutte le navi, privando Maggiorano della principale forza militare con cui avrebbe dovuto attaccare.
I rischi superavano di gran lunga le possibilità di vittoria, e Maggioriano dovette, suo malgrado, rinunciare all’attacco contro il regno dei vandali.
La tentata riforma della tassazione
L’attività di Maggioriano non si concentra solamente sulla riconquista dei territori dell’Impero Romano d’Occidente e sulla sconfitta dei tradizionali nemici del suo tempo, ma anche su un grandioso tentativo di ricostituzione della società romana.
Maggioriano si rese conto che uno dei principali errori dei suoi predecessori, come per esempio Avito, era stato quello di non creare dei buoni rapporti con il Senato.
Per questo una delle priorità di Maggioriano era portare il Senato, ormai composto da gallo-romani, dalla propria parte.
Il problema era che i senatori erano ormai dediti ad ogni tipo di furto e di mancato pagamento delle tasse, e le imposte venivano quindi scaricate direttamente sulla società civile.
In particolare erano i privati cittadini, i proprietari terrieri e anche gli esattori delle tasse a pagare. Secondo la legge romana, gli esattori delle tasse dovevano anticipare le imposte allo Stato e si potevano rivalere liberamente sui cittadini.
Nel caso in cui non fossero stati in grado di farlo, sarebbero finiti in rovina.
Maggioriano doveva quindi limitare i privilegi dei senatori senza metterseli contro e riavviare il processo di tassazione in maniera più equa.
Per farlo iniziò a stabilire delle relazioni diplomatiche concedendo dei favori ai principali senatori e capifazione gallo-romani e tessendo una lenta e paziente attività di costituzione di buoni rapporti con il Senato.
Per quanto riguarda la tassazione, Maggioriano si rese conto che la stragrande maggioranza dei cittadini aveva un debito con lo Stato talmente elevato che non sarebbe mai riuscito ad appianare la propria situazione fiscale.
Per questo motivo operò un grande condono nei confronti dei contribuenti indebitati permettendogli di ripartire con una certa serenità.
Allo stesso modo, dall’altra parte, elaborò una serie di controlli che dovevano permettere una riscossione delle tasse più giusta. Mise dei limiti a quello che gli esattori potevano chiedere, impedì per certi versi l’esproprio delle terre e ricostituì alcune figure a protezione dei soprusi nei confronti dei cittadini.
Secondo la visione di Maggioriano, queste norme avrebbero avuto l’effetto di far ripartire una regolare tassazione in modo da rimpinguare le casse dello Stato e riavviare la macchina dell’impero.
Il tradimento di Ricimero e la morte
Purtroppo il progetto di Maggioriano era destinato ad essere spezzato.
Le riforme che stava attuando non potevano, pur con tutta la prudenza possibile, che andare a infrangersi contro i privilegi della casta più ricca.
Sin dal suo allontanamento dalla penisola italica per attaccare le Gallie, Ricimero era rimasto in Italia e aveva coalizzato attorno a sè tutti coloro che non ritenevano Maggioriano il legittimo imperatore.
A questi si erano evidentemente aggiunti tutti coloro che non volevano vedere toccati i propri privilegi. Il che costituì un grosso fronte avverso a Maggioriano.
Approfittando del fallimento dell’offensiva in Nord Africa contro i Vandali, e del fatto che Maggioriano aveva dovuto congedare il grosso dell’esercito in quanto non poteva pagare i soldati, Ricimero portò a termine il suo tradimento.
Maggioriano si era fermato ad Arelate, nel sud della Francia, e si stava dirigendo verso Roma per una serie di riforme.
Intercettato a Tortona, nei pressi di Piacenza, con la sua sola guardia personale, Ricimero lo arrestò, lo spogliò della porpora imperiale, lo torturò e dopo qualche giorno lo fece decapitare.
Ricimero fu straordinariamente duro nei confronti del suo ex commilitone e compagno, in quanto non gli concesse, secondo alcune fonti, nemmeno l’onore di una degna sepoltura.
Scomparve dunque l’ultimo grande imperatore d’Occidente, un generale, un riformatore e uno statista. Uomo stritolato dalla corruzione e dal totale disfacimento della società dei suoi tempi.
Tutti gli storici, tributano a Maggioriano grande ammirazione, vedendolo come un ultimo disperato tentativo di un imperatore onesto, di recuperare la grande storia di Roma.
Tra questi Edward Gibbon
«[La figura di Maggioriano] presenta la gradita scoperta di un grande ed eroico personaggio, quali talvolta appaiono, nelle epoche degenerate, per vendicare l’onore della specie umana. […] Le leggi di Maggioriano rivelano il desiderio di fornire rimedi ponderati ed efficaci al disordine della vita pubblica; le sue imprese militari gettano l’ultima effusione di gloria sulle declinanti fortune dei Romani.»