L’imperatore Diocleziano. Le riforme, la tetrarchia, le persecuzioni

Diocleziano fu imperatore romano dal 284 al 305 d.C. La sua influenza e le sue riforme cambiarono in maniera importante il volto dell’impero, dando un significativo contributo da un lato, fallendo miseramente sotto altri aspetti.

Dopo la sconfitta e la morte dell’imperatore Filippo l’Arabo nel 249 d.C, l’impero romano conobbe per più di tre decenni una serie di governanti assolutamente inadeguati al loro compito.

L’epoca degli splendori di Augusto e di Traiano era ormai lontana, e l’impero, un tempo particolarmente potente, stava soffrendo sia finanziariamente che militarmente. Gli attacchi costanti lungo la frontiera del Danubio e contro le province orientali, stavano mettendo a dura prova la resistenza delle legioni sul confine. Ma nel 284 d.C. salì al trono imperiale un uomo che avrebbe cambiato completamente la situazione. Diocleziano.

Giovinezza e ascesa al potere

Diocle, che sarebbe diventato noto nella storia come Diocleziano, nacque da umili origini il 22 dicembre del 245 d.C nella provincia balcanica della Dalmazia. Arruolatosi giovanissimo nell’esercito, salì rapidamente di grado diventando un membro influente all’interno dell’esercito Illirico, odierna Croazia.

Le sue abilità furono presto riconosciute e premiate quando divenne comandante dell’esercito in Mesia, una provincia balcanica nella Dalmazia, situata appena ad ovest del Mar Nero.

Nel 288 d.C. Diocle accompagnò l’allora l’imperatore romano Caro in Persia, dove prestò servizio come guardia del corpo imperiale: una posizione di rilievo che avrebbe continuato ad occupare anche sotto il successore di caro, Numeriano.

Il regno del giovane Numeriano sarebbe stato di breve durata. Anche se alcune fonti sospettano che Diocleziano abbia avuto un ruolo nella morte di Numeriano nel 284 d.C, il principale oppositore di Numeriano fu il realtà Arrius, il capo della sua guardia pretoriana e suo suocero.

Numeriano appariva come un incompetente: Arrius sperava di assicurarsi il trono imperiale con un colpo di mano, e decise di uccidere l’imperatore a tradimento. Ma per Arrius la situazione ebbe uno sviluppo del tutto imprevisto: le sue proposte non incontrarono il favore dei legionari e fu lo stesso Diocleziano a vendicare la morte dell’imperatore precedente, uccidento Arrius davanti ai suoi commilitoni.

Folgorati della situazione e riconoscendo in Diocleziano un indiscutibile capo militare, i legionari lo proclamarono nuovo imperatore nel novembre del 284 d.C.

Il nuovo imperatore attraversò rapidamente lo stretto del Bosforo, dove riuscì ad intercettare e a sconfiggere Carino, co-imperatore e fratello di Numeriano, nella battaglia del fiume Margus. Il giovane avversario, dopo la sconfitta, fu assassinato delle sue stesse truppe.

Con questa vittoria, Diocleziano ottenne il controllo completo dell’impero, assumendo il nome di Gaio Aurelio Valerio Diocleziano e apprestandosi a scrivere le pagine di storia.

La divisione dell’impero

Diocleziano comprese che uno dei principali problemi nel governare l’impero romano era l’enorme estensione del suo territorio. Era decisamente troppo grande per essere governato da una sola persona: così una delle prime azioni del nuovo imperatore fu quella di dividere l’impero nella zona est e ovest.

Nel novembre del 285 d.C, poco dopo essersi assicurato ufficialmente il trono imperiale, Diocleziano nominò come comandante del settore Ovest un ufficiale Illirico, suo genero, di nome Massimiano.

Comprendendo che le principali emergenze erano ormai spostate sul fronte orientale, Diocleziano si concentrò sulle province ad est. L’imperatore, mantenne però una sorta di primato morale nei confronti di Massimiano, riservandosi la possibilità di porre il veto a qualsiasi decisione del collega.

A questo punto, gli storici parlano della scomparsa dell’antico sistema del “principato di Augusto” e iniziano a definire il governo dell’impero romano come “Dominato“, una forma di controllo in cui l’impero viene gestito quasi come una proprietà privata da parte dell’imperatore, il cui potere è completamente scollegato dalle istituzioni statali.

Le difficoltà che avevano oppresso l’impero negli ultimi decenni rimanevano gravi. Come tutti i suoi predecessori, Diocleziano dovette affrontare problemi di ordine militare lungo il fiume Danubio, in Mesia e in Pannonia. Per i successivi cinque anni, Diocleziano trascorse la maggior parte del tempo impegnato in violente campagne militari nella metà orientale dell’impero.

Una vittoria decisiva avvenne nel 286 d.C: un trionfo che gli consentì di riportare finalmente la pace in Oriente e fregiarsi del titolo di “Germanico Massimo”. Diocleziano dimostrò abilità simili anche in Persia, sconfiggendo i Sarmati nel 289 d.C e i Saraceni nel 292 d.C.

Il suo collega Massimiano affrontò problemi simili in occidente. Una generale di nome Carausio, al quale era stato conferito il comando per sconfiggere il ribelle Bagaudae in Gallia, si ribellò all’autorità imperiale, prendendo il controllo e sequestrando le province della Britannia e di parte della Gallia settentrionale e autoproclamandosi imperatore.

Massimiano emise una condanna a morte nei confronti del ribelle e Carausio incontrò la morte per mano di uno dei suoi ufficiali più stretti, il suo responsabile alle finanze, Alletto.

Il problema della successione: la Tetrarchia

L’idea di una impero diviso stava apparentemente funzionando. Rimaneva tuttavia un grave problema che affliggeva l’impero sin dai tempi di Augusto: quello della successione al trono. Diocleziano tentò di porre soluzione a questo problema secolare tramite l’invenzione della “Tetrarchia“.

Questa struttura era composta da due imperatori definiti “Augusti“, uno dell’est e uno dell’ovest, che avrebbero nominato nel corso della loro vita due rispettivi successori, definiti “Cesari“. In caso di morte o abdicazione di un Augusto il rispettivo Cesare gli sarebbe legalmente succeduto.

Si creava così un meccanismo di ricambio dove la scelta del successore era compiuta solo su base meritocratica. Nei piani di Diocleziano, la tetrarchia avrebbe finalmente restituito stabilità al potere imperiale.

Per ricoprire questo nuove posizioni Massimiliano adottò e poi nominò il suo comandante della Guardia pretoriana, Costanzo, come Cesare. Costanzo si era guadagnato un’ottima reputazione dopo aver condotto una serie di campagne di successo contro Carausio. Diocleziano scelse invece come suo Cesare, Galerio, che aveva servito, distinguendosi per merito, sotto gli imperatori Aureliano e Probo.

Il nuovo sistema fu presto messo alla prova dallo scoppio di problemi in Nord Africa e in Persia: una confederazione Berbera, i Quinquegentanei, invase la frontiera Imperiale. Contemporaneamente in Persia venne destituito il Re Teredate, gradito a Roma, e l’esercito invasore avanzò verso la capitale siriana di Antiochia.

Galerio si mosse immediatamente per soffocare la rivolta, ma la sua scarsa capacità di giudizio e di gestione degli uomini lo portò a subire un’imbarazzante sconfitta da parte dei Persiani.

Questa umiliazione gli costò un rimprovero pubblico da parte di Diocleziano, che gli aveva impartito ordini ben precisi. Fortunatamente, Diocleziano fu in grado di raccogliere rapidamente rinforzi e sconfiggere i Persiani e il loro Re Narsete nel cuore della Mesopotamia e al termine dei combattimenti, venne negoziato un trattato molto favorevole ai romani.

Nel frattempo, in Egitto scoppiò una nuova insurrezione, guidata stavolta da Lucio Domizio Domiziano, che si dichiarò imperatore. Lo stesso Diocleziano, che intervenne ancora personalmente nel 298 d.C. sconfisse e uccise l’aspirante imperatore vicino ad Alessandria.

Questi risultati, assieme al successo definitivo di Massimiano in Nord Africa e le vittorie di Costanzo in Occidente, che riuscì a riacquisire la Britannia, portarono di nuovo la pace dell’impero.

La riforma delle province e del sistema fiscale

Le vittorie militari permisero finalmente a Diocleziano di rivolgere la sua attenzione a delle riforme interne di cui l’impero necessitava. La più grande urgenza riguardava la risistemazione del sistema fiscale per migliorare la situazione delle province.

Per ridurre la possibilità di rivolte, specie nelle province più povere e lontane da Roma, l’imperatore raddoppiò il numero di queste da 50 a 100. Ogni provincia venne divisa in dodici “Diocesi” rette da altrettanti “Vicari” che avevano responsabilità amministrative. Per non concentrare troppo potere nelle mani di una sola persona, i vicari non avevano responsabilità militari, che venivano invece delegate ad altri comandanti.

A differenza dei precedenti imperatori, Diocleziano evitò di affidarsi ad un sistema clientelare nella scelta degli amministratori, promuovendo persone altamente qualificate e che godevano della sua personale fiducia.

Poiché l’importanza della capitale era ormai diminuita da decenni e il centro del potere si era spostato ad est, molti membri del senato di Roma persero la loro influenza sulle decisioni amministrative.

Secondo quanto riferito dalle fonti e nonostante dei progetti grandiosi come le nuove Terme Romane, Diocleziano visitò Roma solamente una volta nel corso della sua vita e appena prima della sua abdicazione.

Anche Massimiano preferiva utilizzare Mediolanum, Milano, come centro amministrativo. Per Diocleziano la capitale dell’impero era in realtà ovunque l’imperatore fosse, anche se tendenzialmente scelse la città di Nicomedia come base per le sue operazioni.

Le finanze dell’impero erano in crisi da decenni ed erano necessari molti più fondi per finanziare la riorganizzazione delle province e l’espansione militare. Per questo motivo, il sistema fiscale doveva essere profondamente riconsiderato e riformato.

Diocleziano ordinò un nuovo censimento per determinare quanti cittadini vivevano nell’impero, quanta terra possedevano e per stimare le capacità produttive di ogni territorio. Per raccogliere fondi e arginare il fenomeno dell’inflazione, Diocleziano aumentò le tasse e riformò il processo di raccolta dei tributi.

Questo costrinse le persone a svolgere il loro lavoro nei campi o nelle piccole attività, indipendentemente dal fatto che l’attività fosse redditizia o meno e senza considerare le loro aspirazioni personali.

La cosa importante era ottenere una stabilità nelle entrate anche a costo di “imbalsamare la società”: un artigiano avrebbe dovuto lavorare per tutta la vita alla sua bottega senza poter cambiare mansione, e anche i suoi figli dovevano raccogliere in eredità la stessa professione, senza possibilità di scelta.

Per fermare l’inflazione incontrollata, Diocleziano emanò “L’editto dei prezzi massimi”, una legislazione che fissava in maniera inequivocabile i prezzi di beni e servizi nelle varie parti dell’impero e i salari che dovevano essere pagati.

Questo editto, tuttavia, si rivelò completamente inattuabile, e fu rapidamente aggirato dallo sviluppo di un fiorente mercato nero, con prezzi ben più alti rispetto alla norma.

Diocleziano e i cristiani

Un altro aspetto fondamentale del regno di Diocleziano fu il suo rapporto con la crescita del Cristianesimo, una nuova religione che attraeva sempre più seguaci da tutti gli strati della popolazione. I cristiani, i cui primi gruppi erano stati individuati già dai tempi dell’imperatore Nerone, si stavano consolidando come nuova forza religiosa.

Quello che del cristianesimo preoccupava l’amministrazione dell’impero, era il rifiuto da parte dei credenti di sacrificare agli Dei romani oltre che al “Numen” che proteggeva l’imperatore, violando e mettendo in discussione la cosiddetta “Pax Deorum“, ovvero il rapporto di serena e civile convivenza tra romani e Dei.

Diocleziano utilizzò tendenzialmente una mano pesante nei confronti dei Cristiani: lui stesso iniziò a considerarsi un Dio vivente, pretendendo che le persone si protrassero davanti a lui e gli baciassero l’orlo della veste quando lo incontravano.

Quando ne 297 d.C chiese che tutti i soldati e i membri dell’amministrazione Imperiale offrissero un sacrificio agli Dei romani, coloro che si rifiutarono furono immediatamente costretti a dimettersi.

Nel 303 d.C ordinò persino la distruzione di tutte le chiese e dei testi cristiani. Tutti questi editti furono caldamente incoraggiati da Galerio, il Cesare di Diocleziano, che aveva sviluppato nel corso del tempo una intolleranza ancora superiore rispetto a Diocleziano.

In questo periodo, i principali membri del clero cristiano furono arrestati e condannati , come il famoso vescovo di Nicomedia che dopo essersi rifiutato di prestare giuramento fu decapitato. Il livello di violenza e di intolleranza nei confronti dei Cristiani toccò con Diocleziano e con Galerio uno dei punti più elevati dell’intera storia romana.

Diocleziano, con il senno di poi, dimostrò di non aver compreso la natura e la funzione del Cristianesimo, tentando inutilmente di sopprimere con la forza un fenomeno che stava crescendo in maniera inarrestabile e che rappresentava invece un nuovo corso per l’impero romano.

L’abdicazione e la morte

Nel 303 d.C, dopo il suo unico viaggio a Roma, Diocleziano si ammalò gravemente. Le sue condizioni di salute lo costrinsero ad abdicare al trono nel 305 d.C  e a ritirarsi nel suo enorme Palazzo fortezza a Spalato, in Croazia.

L’enorme complesso fortificato era strutturato come un accampamento militare, ma comprendeva strade colonnate, sale di ricevimento, un tempio privato, un mausoleo, dei bagni e degli ampi giardini.

Facendo rispettare il meccanismo della tetrarchia, Diocleziano convinse il suo collega a Massimiliano a dimettersi dall’incarico. Questa doppia abdicazione permise a Costanzo e a Galerio di succedere come nuovi Augusti.

I nuovi Cesari furono stati rispettivamente Massimino e Severo.
Sebbene per alcune questioni urgenti, Diocleziano riprese brevemente il controllo dell’impero nel 308 d.C, il vecchio imperatore rimase nel suo palazzo, allevando cavoli fino alla sua morte nell’ ottobre del 311 d.C.

L’eredità di Diocleziano

Sfortunatamente la visione di Diocleziano e il meccanismo della tetrarchia fallirono miseramente. Già dopo pochi anni dalla sua morte si scatenò una guerra tra i successori: in particolare il figlio di Costanzo, Costantino, radunò le legioni della Britannia e affrontò nella battaglia di Ponte Milvio del 312 d.C il suo avversario Massenzio, ottenendo una sfolgorante vittoria.

In totale contraddizione con la politica di Diocleziano, Costantino avrebbe fondato la città di Costantinopoli come nuova capitale d’Oriente e avrebbe sdoganato la religione cristiana, capendo le potenzialità di questa nuova confessione ed utilizzandola abilmente per i suoi scopi politici.

Articolo originale: Diocletian di Donald L. Wasson (World History Encyclopedia, CC BY-NC-SA), tradotto da Federico Gueli