Un gladiatore romano era un antico combattente professionista addestrato per la soddisfazione del pubblico.
I gladiatori combattevano davanti alla folla in giochi organizzati in grandi arene appositamente costruite per tutto l’impero romano dal 105 a.C. al 414 d.C.
Dal momento che i combattimenti erano generalmente mortali o provocavano gravissime ferite, i gladiatori avevano una bassa aspettativa di vita e quindi, sebbene per certi aspetti fosse una professione affascinante, la maggior parte dei gladiatori erano schiavi, ex schiavi, condannati o prigionieri.
Senza dubbio, gli spettacoli dei gladiatori erano una delle forme più popolari di intrattenimento nel mondo romano.
Le origini etrusche
I romani vennero profondamente influenzati dai loro predecessori italici, gli etruschi, in diversi modi: dalla pratica dei sacrifici di animali per la divinazione del futuro, all’uso dei fasci littori che precedevano i magistrati fino all’organizzazione dei giochi gladiatori.
Gli etruschi associarono questi combattimenti a riti funerari e dunque, nel loro mondo, avevano un certo significato religioso.
Anche i primi combattimenti dei gladiatori romani vennero preparati nell’ambito di commemorazioni di defunti o funerali, ma la tradizione successiva scartò abbastanza presto l’elemento spirituale per concentrarsi su quello puramente ludico.
L’unico residuo delle origini religiose dei combattimenti gladiatori rimase nell’atto di finire i gladiatori feriti. Un boia che impersonava il Dio Ermes si faceva carico di infliggere il colpo di grazia e scortava l’anima del defunto negli inferi.
Anche la presenza dell’imperatore stesso, accompagnata dai sacerdoti e dalle vergini vestali, conferiva una certa aria pseudo religiosa ai combattimenti.
L’addestramento e le scuole gladiatorie
Esistevano speciali scuole di gladiatori istituite in tutto l’impero. La stessa Roma aveva tre caserme dedicate a questa specialità, ma era soprattutto Capua ad essere particolarmente famosa per la qualità dei gladiatori che era capace di produrre.
Gli agenti delle scuole gladiatorie andavano continuamente in esplorazione alla ricerca di potenziali campioni per soddisfare la domanda sempre crescente e riempire le scuole di addestramento, che devono aver avuto un fenomenale passaggio di combattenti nel corso dei secoli.
Le condizioni nelle scuole gladiatorie erano simili ad una prigione, con piccole celle e catene per tutti, ma il cibo era migliore. Si serviva ad esempio l’orzo, che fortificava, e i tirocinanti ricevevano la migliore assistenza medica possibile, dal momento che si trattava per gli organizzatori di un costoso investimento.
I gladiatori venivano spesso scelti fra schiavi e criminali, ma vi erano molti prigionieri di guerra che erano costretti ad esibirsi nelle arene. Vi furono addirittura casi di aristocratici finiti in bancarotta che furono costretti a guadagnarsi da vivere con la spada, come avvenne con Sempronio, discendente del potente clan dei Gracchi.
Fino all’editto dell’imperatore Settimio Severo nel 212 d.C, persino alle donne fu permesso di combattere come gladiatrici.
I gladiatori erano così richiesti perchè erano una opportunità per imperatori e ricchi aristocratici di dimostrare la loro ricchezza alla popolazione, commemorare vittorie militari, celebrare visite di importanti funzionari, compleanni di persone di alto lignaggio o più semplicemente per distrarre la popolazione dai problemi politici ed economici della giornata.
Erano eventi estremamente popolari che si svolgevano in enormi arene diffuse su tutto l’impero romano, il Colosseo il più grande di tutti. Trenta, quaranta o addirittura cinquantamila spettatori provenienti da tutti gli strati della società romana, si affollavano per assistere a spettacoli cruenti, durante i quali venivano cacciati animali selvaggi ed esotici, venivano giustiziati alcuni prigionieri e si affrontavano vere e proprie stelle dello spettacolo gladiatorio.
Questi impiegavano tutte le loro abilità marziali in combattimento per uccidere… pena l’essere uccisi.
Bisogna sfatare il mito che i gladiatori salutassero il loro imperatore all’inizio di ogni spettacolo con la frase “Ave imperator, morituri te salutant!”: in realtà questo motto era pronunciato dai prigionieri che stavano per essere uccisi nel corso di battaglie navali simulate o altre occasioni speciali.
Tipologie di gladiatori
Il termine gladiatore deriva dal vocabolo latino “gladiatori” che fa a sua volta riferimento all’arma principale, il “Gladius“, una spada corta e robusta.
Tuttavia, i gladiatori avevano a disposizione una vasta gamma di armi che erano impiegate nelle gare. Anche le armature e gli elmetti erano oggetti di finissima fattura, riccamente decorati e incastonati con vari stemmi beneauguranti. Le armi e le armature dipendevano prevalentemente dalla classe a cui apparteneva un gladiatore. Le 4 classi principali erano:
- Il Sannita
- Il Trace
- Il Mirmillo
- Il Reziario
Il Sannita prendeva nome dei grandi guerrieri Sanniti che Roma aveva affrontato e combattuto duramente le omonime guerre e sconfitto nei primi anni della Repubblica.
E’ interessante notare che i romani, almeno nei primi tempi, utilizzavano la parola “gladiatori” e “Sanniti” come sinonimi, suggerendo così un’origine alternativa a quella etrusca. Il Sannita era quello più pesantemente armato, con una spada o lancia, un grande scudo quadrato e un armatura protettiva sul braccio destro e sulla gamba sinistra.
Il gladiatore Trace aveva invece una spada corta e curva chiamata “Sica” e uno scudo quadrato o tondo molto piccolo, tenuto saldamente nel pugno per deviare i colpi dell’avversario.
Il gladiatore mirmillone, talvolta noto con il soprannome di “Pescatore”, aveva una cresta a forma di pesce sul l’elmo e, come il sannita, portava una spada corta e uno scudo, ma aveva solo un’imbottitura sul braccio e sulla gamba.
Il reziario non aveva né elmo nè armatura, se non una spalla imbottita, ma utilizzava una grande rete che lanciava contro il suo avversario, con lo scopo di immobilizzarlo e trafiggerlo mortalmente con un tridente.
Esistevano anche molti altri tipi di gladiatori, con varie combinazioni di armi e armature, che cambiarono nel corso del tempo. Altri tipi di combattenti includevano gli arcieri, i pugili e i “bestiarii”, che combattevano contro animali selvaggi e feroci.
I gladiatori combattevano spesso in combinazioni particolari, di solito per fornire un contrasto tra le classi più lente e più corazzate come il sannita contro gladiatori più veloci e meno protetti come il reziario.
Divertente notare come il “Sannita” e il “Gallico” divennero “politicamente scorretti” da utilizzare quando queste province vennero conquistate e mano mano assimilate fra il pubblico.
Come avveniva il combattimento tra gladiatori
Il gladiatore doveva combattere. Coloro che non dimostravano abbastanza entusiasmo per la lotta venivano letteralmente torturati dai loro imprenditori, i lanisti, che brandivano fruste di cuoio o barre di metallo roventi.
Senza dubbio, comunque, i ruggiti di 40 mila spettatori e gli implacabili attacchi del proprio avversario costringevano chiunque a combattere fino all’ultimo respiro.
Nonostante questo, ci furono dei casi in cui dei gladiatori si rifiutarono di combattere: un episodio accade durante i giochi organizzati da Quinto Aurelio Simmaco nel 401 d.C, quando i prigionieri germanici che dovevano combattere fra loro decisero di strangolarsi a vicenda nelle loro celle, piuttosto che offrire uno spettacolo indecoroso la popolazione romana.
Durante il combattimento esistevano tre arbitri, di cui uno era “capo arbitro”, che controllava l’arena con un vestito orlato di viola per farsi immediatamente riconoscere.
Se durante il combattimento uno dei due gladiatori scivolava, gli era di norma concessa la possibilità di rialzarsi e riprendere il combattimento.
Il gladiatore perdente, qualora non fosse stato ancora ucciso, raramente faceva appello alla pietà dell’avversario. Dal momento che c’era un rischio significativo di incontrarsi di nuovo nell’arena, era considerata una buona pratica professionale quella di finire il proprio nemico.
Per questo lo sconfitto faceva cadere l’arma e alzava un dito verso l’alto facendo riferimento all’arbitro, che a sua volta chiedeva un responso all’organizzatore dei giochi, il quale trasferiva la decisione finale al pubblico.
La decisione veniva riassunta dall’organizzatore dei giochi o dall’imperatore con il celebre gesto della mano. Siamo abituati a pensare che il pollice in alto significhi “vita”, mentre il pollice in basso significhi “morte”.
Ma secondo i più recenti studi, era probabile l’esatto opposto. Il pollice in alto mimava una spada sguainata, e dunque segnale di morte, mentre il pollice verso il basso indicava di rinfoderare la spada e risparmiare la vita allo sconfitto.
I vincitori delle competizioni, in particolare quelli che avevano sconfitto molti avversari, diventavano facilmente beniamini della folla, come indicano diversi graffiti ritrovati sui edifici romani. Erano ovviamente molto popolari tra le donne e non erano rari i casi di matrone e aristocratiche che intrattenevano relazioni amorose con i campioni del loro tempo.
In questo senso i graffiti di Pompei sono perfetti per restituire un’idea precisa e affascinante di come i gladiatori erano visti dal grande pubblico. Oceanus era definito ad esempio la “gioia e il sospiro delle ragazze“, mentre altri ritrovamenti ci restituiscono le vittorie ottenute da alcuni fuoriclasse del tempo: Petronio Ottavio 35, Severus 55, Nascia 60.
Nonostante alcuni casi particolari, i gladiatori avevano una media di vittorie molto più bassa rispetto a queste, e c’erano persino alcune partite in cui i vincitori combattevano contro altri vincitori fino a quando non rimaneva in piedi un solo gladiatore.
Oltre alla vita e al denaro, altre ricompense materiali per aver superato un avversario in combattimento includevano la palma della vittoria, una corona, un piatto d’argento colmo di premi in denaro e forse, dopo anni di vittorie, persino la libertà.
Gladiatori famosi
Forse il gladiatore più famoso di tutti i tempi è stato Spartaco, colui che guidò una rivolta di gladiatori e schiavi da Capua, la principale scuola gladiatoria in Italia, nel 73 a.C.
Originario della Tracia, l’ex soldato romano era diventato un bandito fino alla sua cattura e all’addestramento forzato come gladiatore. Spartaco, assieme a 70 compagni, riuscì a fuggire dalla scuola di addestramento e allestì un campo difensivo sulle pendici del Vesuvio.
Assediati, abbandonarono la loro posizione e si scatenarono in razzie attraverso le campagne della Campania, raccogliendo mano mano seguaci che si trasformarono in una pericolosa forza di combattimento.
Spartaco mostrò una grande leadership militare, riuscendo a sconfiggere quattro diversi eserciti romani.
Anche se, inseguito da Crasso e finito da Pompeo, il destino di Spartaco si concluse con la sconfitta e la morte, la sua figura rimane intramontabile soprattutto in quanto costrinse la società romana a ripensare il rapporto con gli schiavi.
Dopo questo gravissimo episodio, comunque, le leggi imposero un tetto al numero di gladiatori che potevano essere gestiti da cittadini privati.
Un altro famoso gladiatore era un non professionista. Si tratta dell’ imperatore Commodo (180-192 d.C). Il personaggio era abbastanza eccentrico e spericolato da competere personalmente nell’arena.
Anzi, si diceva addirittura che fosse figlio illegittimo di un gladiatore, piuttosto che del predecessore Marco Aurelio. Anche se faceva particolarmente impressione vedere un imperatore competere dell’arena, è improbabile che Commodo abbia mai corso veri e propri pericoli durante le centinaia di gare che sostenne di fronte al pubblico.
Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, Commodo si limitava ad uccidere con il suo arco e a distanza di sicurezza degli animali selvatici.
La fine dei giochi gladiatori
I tempi cambiarono anche per i giochi gladiatori. Le gare di gladiatori divennero incompatibili con la nuova morale cristiana che si diffuse nel tardo impero.
L’imperatore Onorio aveva provveduto a chiudere le scuole dei gladiatori già nel 399 d.C. e le rappresentazioni calarono sensibilmente sotto il suo governo.
Ma l’episodio che portò alla totale abolizione dei giochi si verificò quando un monaco dell’Asia Minore, Telemaco, si intromise tra due gladiatori per fermare lo spargimento di sangue e la folla, indignata, lo lapidò a morte.
Onorio, dopo questo grave omicidio, proibì formalmente le gare di gladiatori.
Un’epoca e una lunga tradizione si apprestavano a finire per sempre. I criminali condannati continuarono ad esibirsi nelle arene solamente contro animali selvatici per qualche decennio successivo, ma già alla fine del V secolo, i giochi gladiatori appartenevano ormai al passato.
Fonti
- Federica Guidi, Morte nell’arena. Storia e leggenda dei gladiatori
- Luciana Jacobelli, Gladiatori a Pompei
- Konstantin Nossov, Gladiators: History, Types, Armament, Organisation of Spectacles
Articolo originale: Roman Gladiator di Mark Cartwright (World History Encyclopedia, CC BY-NC-SA), tradotto da Mauro Carrara