La battaglia di Azio. Ottaviano sconfigge Antonio e Cleopatra

La battaglia di Azio (2 settembre 31 a.C.) combattuta nel mar Ionio al largo del promontorio di Azio, in Grecia, fu lo scontro decisivo della guerra civile combattuta tra Ottaviano (63-14 d.C.) in seguito noto come Augusto, e le forze di Marco Antonio (83-30 a.C) e Cleopatra VII d’Egitto (69- 30 a.C. ). La battaglia rappresenta il culmine di oltre dieci anni di rivalità tra Ottaviano e Antonio.

In seguito all’assassinio di Giulio Cesare del 44 a.C venne stipulata una alleanza fra Ottaviano, Antonio e Marco Emilio Lepido, nota come secondo triumvirato (43-36 a.C).

Nel corso di questo sodalizio, gli assassini di Cesare, prevalentemente Cassio e Bruto, vennero affrontati nella battaglia di Filippi del 42 a.C.. Dopo Filippi, il secondo triumvirato governò diverse regioni della repubblica romana, ma il reciproco sospetto e il risentimento fra i tre uomini provocarono la sua frattura.

Lepido fu esiliato da Ottaviano nel 36 a.C e Antonio ruppe formalmente l’accordo nel 33 a.C. La battaglia di Azio segna così l’epilogo finale di questa lunga dinamica.

Dopo aver perso la battaglia, Antonio e Cleopatra si uccisero l’anno successivo e Ottaviano divenne il primo imperatore romano nel 27 a.C.

La battaglia di Azio è tradizionalmente considerata come l’evento militare che pone fine alla Repubblica e segna l’inizio dell’impero romano.

Dal secondo triumvirato alla guerra civile

Per comprendere pienamente il contesto storico dobbiamo rifarci al periodo in cui Giulio Cesare, Marco Licinio Crasso e Pompeo Magno formarono il primo Triumvirato, un accordo del tutto privato che consentiva a questi tre uomini di governare indipendentemente la repubblica romana. Cesare aveva una straordinaria intelligenza politica, Pompeo era il principale leader militare e Crasso l’uomo più ricco di Roma.

Una importante destabilizzazione di questo accordo si verificò quando Crasso, per seguire il proprio progetto di conquista della Partia, condusse una disastrosa campagna militare che si concluse nella disfatta di Carre, durante la quale lo stesso Crasso e suo figlio trovarono la morte.

Senza la mediazione di Crasso, la rivalità fra Cesare, che nel frattempo era diventato un potentissimo generale con la conquista della Gallia, e Pompeo si acuì, fino allo scoppio della guerra civile dal 49 al 45 a.C.

Cesare inseguì l’avversario prima nei Balcani, dove lo sconfisse nella piana di Farsalo e poi in Egitto, dove Pompeo credeva di trovare degli alleati che invece lo tradirono e consegnarono la sua testa a Cesare.

In Egitto, Cesare ripristinò l’autorità della Regina Cleopatra VII a tutto discapito di suo fratello Tolomeo XIII e del suo consigliere Potino. Diventati amanti, Cleopatra diede alla luce il figlio di Cesare, Cesarione, nel 47 a.C.

Dopo aver vinto nuovamente a Tapso (Africa) e a Munda (Spagna), Cesare diede luogo ad una vasta serie di riforme, che furono stroncate dal suo assassino nel 44 a.C.

Quando Cesare venne ucciso, Cleopatra e suo figlio fuggirono in Egitto e Ottaviano costituì assieme ad Antonio e Lepido il secondo triumvirato, stavolta un accordo ufficiale, che aveva lo scopo di ricostituire il funzionamento della Repubblica e neutralizzare la minaccia degli assassini di Cesare, Cassio e Bruto, che si erano riorganizzati in Oriente.

L’accordo diede i suoi frutti, in quanto nella battaglia di Filippi, i due vennero sconfitti e la repubblica romana rimase saldamente nelle mani dei triumviri.

Ma una volta eliminati i nemici comuni, la rivalità tra Ottaviano e Marco Antonio si fece sempre più accesa. Ottaviano aveva l’incarico di riportare l’ordine in Italia e riassegnare le terre ai legionari veterani.

Ma il fratello minore di Antonio, Lucio Antonio, si ribellò ad Ottaviano e cercò di imbastire un esercito contro di lui. Il tentativo, tuttavia, andò a vuoto: nella battaglia di Perugia, Ottaviano sconfisse l’avversario e confermò il proprio dominio sull’Italia.

I rapporti tra Ottaviano e Marco Antonio ebbero un nuovo momento di distensione in occasione del contrasto a Sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno, che aveva continuato la sua personale battaglia dopo la morte del padre e teneva in scacco i rifornimenti e i commerci marittimi con la sua flotta di pirati.

Un accordo stipulato con Sesto Pompeo durò poco e Ottaviano dovette risolvere personalmente la situazione grazie all’aiuto militare del suo braccio destro, Marco Vipsanio Agrippa, che nella battaglia di Nauloco riuscì a neutralizzare Sesto Pompeo.

A questo punto, Lepido scelse di approfittare di alcune legioni stanziate in Sicilia per tentare di prendere il comando del Triumvirato: questa mossa fu fortemente contrastata da Ottaviano, che riuscì a far passare i soldati di Lepido dalla propria parte e ad esiliare il terzo incomodo.

Ottaviano e Antonio, così, erano ormai rispettivamente al potere in Occidente e in Oriente, ma la convivenza fra due personalità e autorità militari così importanti non poteva durare a lungo.

Marco Antonio, perseguendo personali progetti di gloria, aveva condotto una grande campagna per sottomettere la Partia, ma la sua gestione fu assolutamente disastrosa e nel 36 a.C subì la perdita di 30.000 uomini. La fallita campagna di Marco Antonio danneggiò gravemente la sua reputazione, mentre quella di Ottaviano al contrario aumentava come statista e amministratore.

Antonio fallì in un nuovo tentativo di conquistare l’Armenia e perse ulteriore sostegno a Roma quando ripudiò sua moglie Ottavia, sorella di Ottaviano, e decise di sposare Cleopatra, creando una successione dinastica in Oriente. La cosa più inaccettabile per i Romani era l’assegnazione da parte di Marco Antonio di alcune province a Cleopatra e i suoi figli come se si trattasse di proprietà private.

Ottaviano non aveva altra scelta che muovere guerra contro Marco Antonio, ma non poteva dichiarare apertamente la sua ostilità e aprire per primo il conflitto, in quanto Antonio aveva ancora un significativo sostegno militare a Roma.

La propaganda di Ottaviano contro Antonio

Ottaviano fu tuttavia informato che Antonio aveva affidato il suo testamento alle vergini vestali: nonostante formalmente le vestali si rifiutarono di consegnare il documento, Ottaviano, con la forza e la persuasione, ottenne di poter leggere il testamento in Senato e di fronte all’assemblea Popolare.

Secondo questo documento, le intenzioni di Antonio erano quelle di lasciare le sue vaste proprietà terriere ai figli avuti da Cleopatra. Ottaviano manipolò abilmente la situazione per convincere il popolo romano che Cleopatra stava utilizzando Marco Antonio per diventare la nuova regina di Roma.

Orrore fece l’idea che Marco Antonio e Cleopatra stessero progettando di spostare la sede del potere Romano ad Alessandria. Lo storico Charlesworth descrive efficacemente la propaganda che Ottaviano lanciò contro Marco Antonio:

“Contro Cleopatra fu lanciata una delle più terribili campagne d’odio della storia. Nessuna accusa era troppo vile per essere scagliata contro di lei e tutte quante vennero ingenuamente prese in considerazione dal popolo romano.

Ottaviano raccontava che Cleopatra aveva stregato Marco Antonio con le droghe, che quest’ultimo vendeva il proprio potere per i piaceri sessuali e che il presunto figlio di Cesare era nient’altro che un bastardo di un padre sconosciuto. Cleopatra venne additata come adoratrice di Dei animali, una regina sfrontata e viziosa, che aveva trasformato Marco Antonio in un ubriacone. Venne chiamata avvelenatrice, traditrice e codarda.

Ottaviano riuscì così ad aizzare l’opinione pubblica contro Antonio attraverso Cleopatra, senza accusarlo direttamente di crimini e misfatti. Il Senato privò Antonio dei suoi poteri di triumviro e di console e dichiarò guerra a Cleopatra, elevando Ottaviano a salvatore del Repubblica.

Il piano di Ottaviano stava funzionando molto meglio di quanto potesse immaginare, in quanto tutti i procedimenti di guerra furono indirizzati contro Cleopatra per salvare Antonio dalle sue grinfie.

Ottaviano sapeva perfettamente che Antonio non avrebbe mai lasciato Cleopatra al suo destino e certamente sapeva che non avrebbe mai accettato una posizione subordinata a Roma. Per cui, si sarebbe condannato a difendere Cleopatra rendendosi nemico dello Stato.

I preparativi alla battaglia

Antonio e Cleopatra mobilitarono il loro esercito preparando la flotta ad Efeso, nella moderna Turchia, e svernando in quella zona dal 33 al 32 a.C. Cleopatra alimentò l’esercito di Marco Antonio con ingenti rifornimenti dall’Egitto e contribuì in modo sostanziale alle casse della guerra con 20.000 talenti.

Gli ufficiali di Antonio capirono perfettamente la strategia di Ottaviano e lo esortarono a prendere le distanze dalla regina Cleopatra, consigliando ad Antonio di lasciarla in Egitto e avviare negoziati con Ottaviano, ma Antonio rifiutò seccamente.

Antonio spostò il suo centro di comando a Samo, in Grecia, e fece trasportare il suo esercito e la sua flotta ad Atene, dove si riunì con Cleopatra nella primavera del 32 a.C. Fu nuovamente invitato a separarsi in tempo da Cleopatra, ma oppose per l’ennesima volta un netto diniego.

Le forze di Antonio e Cleopatra si spostarono a nord fino ad Atticum, sul mar Ionio: l’esercito consisteva in 19 legioni, dai 60 ai 63 mila uomini, esclusi gli ausiliari che probabilmente ammontavano a 10.000 uomini e forse 12.000 cavalli, mentre la flotta si attestava su 8 squadroni di navi ognuna con 60 imbarcazioni, tra cui uno squadrone guidato direttamente da Cleopatra.

L’esercito svernò ad Azio nel 31 a.C, con rifornimenti puntualmente consegnati dall’Egitto attraverso una rotta di trasporto pesantemente sorvegliata che correva lungo la costa del Peloponneso attraverso le cittadine di Metone e Leuca.

Nel frattempo Ottaviano aveva mobilitato le sue forze, che consistevano in 80.000 soldati di fanteria, 12 mila di cavalleria, 3000 arcieri e oltre 400 navi. La sua flotta era composta da navi leggere e manovrabili chiamate liburne, di solito utilizzate per il pattugliamento e il commercio, equipaggiate da un nuovo dispositivo chiamato Arpax, un arpione di legno che racchiudeva un gancio di ferro che permetteva di abbordare rapidamente le navi avversarie.

Al suo comando l’ammiraglio Agrippa, mentre Ottaviano avrebbe sorvegliato le forze di terra.

Agrippa sorprese Antonio e Cleopatra nel 31 a.C: i loro eserciti erano ancora acquartierati negli accampamenti invernali e Agrippa riuscì con poco sforzo a conquistare la città di Metone, tagliando le forniture di grano al quartier generale dei due nemici. Ottaviano nel frattempo posizionò le sue forze a 5 miglia a nord di Azio e fortificò al suo accampamento.

Dopodiché, Agrippa si spostò lungo la costa e conquistò anche Leuca, sequestrando navi ed equipaggi e riducendo ulteriormente le scorte di cibo di Antonio e Cleopatra.

I due si trovarono di fronte ad una situazione senza scampo: dovevano agire per non morire di fame. Marco Antonio avrebbe voluto utilizzare le legioni acquartierate in Macedonia per una battaglia terrestre, ma Cleopatra lo convinse a sfondare la linea di navi di Agrippa e scappare insieme in Egitto.

La battaglia di Azio

Il 2 settembre del 31 a.c. Antonio e Cleopatra trasferirono la loro flotta nel mar Ionio, confidando che il vento li avrebbe aiutati ad attraversare le navi di Agrippa e le avrebbe spinti verso sud.

Ottaviano, attraverso notizie raccolte da alcuni disertori, scoprì la strategia degli avversari che intendeva sfondare la linea e fuggire in Egitto, rinunciando alla battaglia vera e propria. Agrippa dispiegò così la sua flotta e posizionò le imbarcazioni in tre formazioni.

Verso mezzogiorno, con entrambe le flotte disposte una contro l’altra, il vento cominciò a spirare con forza e Antonio lanciò le sue navi verso quelle di Agrippa, sperando di riuscire ad aggirare il fianco sinistro e spezzare la sua linea.

Ma le liburne, più piccole e più veloci, si rivelarono molto più manovrabili rispetto alle grosse e lente quinqueremi di Antonio.

Rapidamente gli arpax di Agrippa affondarono le 15 navi di Antonio. Anche la stessa nave ammiraglia di Antonio fu colpita e catturata tramite un arpax.

Le navi di Agrippa speronavano nel frattempo le restanti quinqueremi, affondandole e rendendole inutilizzabili, mentre quelle di Antonio si trasformarono in statiche fortezze galleggianti che lanciavano pietre e frecce, ma che furono incapaci di fermare gli speronamenti delle navi più piccole.

Ad un certo punto, tre squadroni di Antonio abbandonarono il combattimento e tornarono indietro verso Azio e altri due si arresero poco dopo.

Antonio fece segno a Cleopatra di accorrere con la propria nave e le casse di guerra: la Regina si staccò dal combattimento, issando le vele per fuggire in mare aperto. Lo storico Dione Cassio descrive la battaglia dopo la partenza di Cleopatra.

Gli uomini di Agrippa danneggiavano le parti inferiori delle navi tutto intorno, rompendo i remi, distruggendo i timoni, arrampicandosi sui ponti, afferrando i nemici e tirandoli giù. Gli uomini di Antonio cercavano di respingere gli avversari con pietre e frecce.

Un testimone oculare di quello che accadde paragonò la zona di battaglia a delle città murate o a delle isole assediate dal mare.

La nave ammiraglia di Antonio venne profondamente bersagliata e rimase invischiata da una serie di harpax. Così Antonio fuggì con altre 40 navi assieme Cleopatra il prima possibile. Antonio diede ordine al suo collaboratore Canidio Crasso di ritirare le forze di terra, attestandosi in Asia e attendendo ulteriori ordini.

La flotta di Agrippa mantenne invece le proprie posizioni in mare per tutta la notte del 2 settembre e accettò la resa delle navi rimaste a galla.

La maggior parte delle navi di Antonio, vedendo la fuga del proprio generale, incendiò le vele e accettò di essere assorbita dalle forze di Agrippa.

Nave da guerra antica Roma – Riproduzione su carta Amalfi

Morte di Antonio e Cleopatra

Di ritorno ad Alessandria, Cleopatra cercò di pianificare le sue ultime mosse. Rendendosi conto che non poteva tenere Alessandria contro Ottaviano suggerì di partire per la Spagna, dove potevano impossessarsi delle miniere d’argento e raccogliere un nuovo esercito.

Ma Antonio era stato così pesantemente demoralizzato dalla sconfitta che non rispose nemmeno alle richieste di Canidio Crasso, che gli domandava cosa fare con le legioni in Asia.

Secondo gli storici, Marco Antonio si abbandonò al sesso e al bere, senza più il controllo della situazione.

Ottaviano si presentò di fronte ad Alessandria il 30 luglio a.C. Entro la mattina del primo agosto 30 a.C la maggior parte delle truppe di Antonio avevano disertato, riconoscendo che stavano combattendo per un perdente. Marco Antonio invitò Ottaviano ad un duello personale: “Ci sono modi migliori per morire“, la risposta di Ottaviano.

Più tardi quello stesso giorno, sentendo che Cleopatra si era suicidata per non cadere nelle mani del nemico, Antonio si accoltellò, chiedendo di essere portato moribondo ovunque si trovasse il corpo dell’amata. La voce era del tutto falsa, e Antonio sopravvisse appena in tempo per morire tra le braccia di Cleopatra nella cittadella dove si era rifugiata.

Ottaviano assediò Cleopatra: la Regina non aveva altra scelta che accettare le condizioni di pace. Chiese e le fu concesso il tempo di mettere in ordine i suoi ultimi affari.

In un memorabile colloquio con Ottaviano, Cleopatra fece l’elenco di tutti i suoi beni e ricchezze con le quali cercava di barattare la sua salvezza. Ottaviano avrebbe anche concesso la vita a Cleopatra, ma questa, piuttosto che sfilare in catene a Roma, si uccise il 30 agosto del 30 a.C.

Ottaviano concesse che Antonio e Cleopatra venissero sepolti insieme e ordinò l’esecuzioni di Cesarione. I tre figli che Cleopatra ebbe con Antonio, Tolomeo, Cleopatra Selene II e Alessandro, furono portati a Roma, dove marciarono incatenati nel trionfo di Ottaviano, dietro un’effige della madre. In seguito furono allevati dalla prima moglie di Antonio, Ottavia.

Ottaviano fu salutato come salvatore di Roma e migliorò enormemente la sua reputazione prendendosi l’incarico di gestire la nuova provincia di Egitto e di rifornire di grano i romani.

Nel gennaio del 27 a.c. conscio di quanto fosse pericoloso apparire troppo ambizioso, com’era accaduto con suo zio Cesare, dichiarò che la crisi di Roma era passata e rassegnò formalmente le sue dimissioni, restituendo il controllo al Senato.

Ma lo stesso Senato incaricò Ottaviano di riformare la repubblica romana consegnandogli di fatto il potere, che si sarebbe formalizzato con la formula del principato.

Articolo originale: Battle of Actium di Joshua J. Mark (World History Encyclopedia, CC BY-NC-SA), tradotto da Federico Gueli.