Dopo la morte di Gesù nel 33 d.C, il cristianesimo era una religione nuova e fragile, tanto che gli autori del Nuovo Testamento, come l’evangelista Luca, raccontano dei terribili supplizi, come quello di Santo Stefano, e delle difficoltà che i credenti incontrarono per diffondere la religione cristiana.
E allora come è riuscita una fede inizialmente debolissima a diventare il credo per 2,2 miliardi di persone ad oggi?
L’uomo chiave sarebbe Paolo di Tarso, che ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione del Cristianesimo primitivo.
Eppure, la sua storia inizia da ebreo e da cittadino romano, tenace avversario e persecutore del cristianesimo. Dopo aver assistito alla scena del martirio di Santo Stefano, si convinse che la nuova religione andasse perseguitata ad ogni costo, collaborando con le autorità per far arrestare uomini e donne cristiane, costringendo i credenti a negare la loro fede per riottenere la libertà.
Paolo di Tarso ottenne addirittura il permesso dal sommo sacerdote di Gerusalemme di inseguire ed arrestare tutti i cristiani in fuga. Ma proprio durante il suo viaggio a Damasco, in Siria, venne fulminato da una luce celeste.
Dopo essere caduto a terra, avrebbe udito la voce di Gesù risorto che gli diceva: “Paolo, perché mi perseguiti ?”. Così, Paolo si trasformò radicalmente da persecutore in seguace del Cristianesimo, dedicando il resto della sua vita alla missione apostolica.
Capitale fondamentale, verso la quale i cristiani perseguitati stavano fuggendo, era l’antichissima città di Antiochia, centro nevralgico della Siria Romana. Paolo, assieme all’apostolo Barnaba, trascorse in quella città un anno, diffondendo i valori della chiesa. Proprio lì sarebbe stato coniato il termine “cristiani“, nel senso di “seguaci di Cristo”.
Facendo base ad Antiochia, Paolo intraprese tre viaggi, i cui dettagli ci sono raccontati dagli Atti degli Apostoli, per un totale di oltre 10mila miglia, tra il 46 d.C e il 57 d.C.
Durante le sue peregrinazioni, Paolo avrebbe toccato Israele, Siria, Turchia e Grecia, affrontando anche momenti difficili, compiendo miracoli straordinari e guarendo diversi malati. Arrivò addirittura, sull’isola di Cipro, a battezzare un console romano, Paolo Sergio, a dimostrazione di quanto la sua predicazione fosse straordinariamente efficace. Fu anche il fondatore di chiese in diversi territori dell’impero romano, aiutando le piccole comunità cristiane nella nomina di sacerdoti e di vescovi.
Il suo viaggio venne tormentato dagli ebrei, che lo consideravano un eretico e che gli inflissero arresti e percosse per la predicazione del Vangelo. Soprattutto ad Atene, Paolo sarebbe stato perseguitato e accerchiato dalla folla inferocita, in quanto predicatore di una religione basata su un Dio invisibile: i tradizionalisti criticavano aspramente l’esistenza di un Dio che non si poteva vedere, addirittura creatore del cielo e della terra.
Ma Paolo, dopo le provocazioni iniziali, sarebbe riuscito a convertire, uno per uno, i contestatori che lo avevano circondato.
Gli Atti ancora ricordano i molteplici arresti da parte dei Romani contro Paolo. Il primo episodio, avvenuto tra il 60 e il 62 d.C, si verificò con l’accusa di aver provocato una rivolta nel tempio ebraico a Gerusalemme. Rinchiuso in una casa privata e sorvegliato da guardie, gli Atti degli Apostoli dicono sia riuscito a convertire i suoi controllori.
Un nuovo arresto avvenne nel 67 d.C, quando venne rinchiuso nel carcere Mamertino. Di lì a poco, il suo martirio. Non sappiamo i dettagli della sua fine, ma le fonti più attendibili riferiscono di una condanna per ordine di Nerone, che lo annoverò tra i colpevoli del grande incendio di Roma del 64.
Paolo, il vero fondatore del Cristianesimo?
Anche se molti altri apostoli e missionari cercarono di diffondere il messaggio cristiano contemporaneamente a Paolo, diversi resoconti biblici mostrano Paolo di Tarso non come un semplice “ambasciatore del messaggio di Cristo” ma abile politico e quasi stratega, in grado di individuare degli elementi fondamentali per attirare nuovi seguaci. Uno stile di conversione unico, che gli avrebbe dato un notevole vantaggio rispetto ad altri predicatori.
Il primo, la disponibilità a battezzare chiunque: che fosse ebreo o non ebreo, i cosiddetti “Gentili”.
Il secondo, una maggiore libertà personale a seguito della conversione. Per abbracciare il messaggio di Cristo, molti altri predicatori pretendevano che si entrasse nella comunità degli ebrei. Per la maggior parte di loro, la fede cristiana non poteva essere separata dal ruolo di Gesù come rabbino ebreo.
Ma Paolo adottò una strategia differente: riuscì infatti a convertire al cristianesimo persone che, pur credendo nel messaggio del Cristo, non volevano adottare le rigide usanze ebraiche. Così, la sua predicazione, senza pretendere l’allontanamento dei convertiti dagli usi e costumi dei rispettivi popoli, otteneva un numero di adesioni drasticamente superiore.
La visione particolare, e a tratti rivoluzionaria, del Cristianesimo di Paolo, si può evincere dalle numerose lettere scritte nel corso della sua vita. Proprio in quei carteggi si trovano le idee fondamentali, che divennero poi le basi, della chiesa cattolica.
Ad esempio, nella “Lettera ai Romani”, Paolo affermò che la fede in Cristo era più forte delle leggi ebraiche, che ogni comunità doveva essere governata dall’amore e che la fede nel Dio Cristiano conteneva in sé la promessa di una vita eterna. Così le 13 epistole, sette delle quali sono sicuramente sue, non solo lo rendono lo scrittore più prolifico della Bibbia, ma costituiscono anche la fonte principale per la comprensione dei futuri ideali della chiesa.
In altre parole, Paolo può essere considerato il fondatore del messaggio del “Regno di Dio”: le sue innovative tecniche di convincimento e di predicazione facevano presa su gran parte della popolazione, che riusciva a comprendere e meglio accettare il messaggio cristiano, unendosi in gran numero ad un culto che diventava ogni giorno più forte, proprio per la sua semplicità nella vita quotidiana.
Probabilmente, senza le innovazioni di Paolo di Tarso, il mondo greco-romano sarebbe stato ben più restìo ad accettare gli insegnamenti cristiani, e forse il cristianesimo avrebbe corso il rischio di estinguersi come un altro culto a lui simile, quello di Mitra, che proprio per il suo carattere strettamente riservato e “settario”, non conobbe lo stesso successo.