La battaglia di Arausio fu uno scontro che ebbe luogo il 6 ottobre del 105 a.C in una zona tra la città di Arausio, odierna Orange, Su- Est dell’attuale Francia, e il fiume Rodano.
Lo scontro si verificò tra i due eserciti romani guidati dal proconsole Quinto Servilio Cepione e dal console Gneo Mallio Massimo contro le tribù germaniche dei Cimbri, guidati dal Re Boiorix, e i Teutoni guidati dal Re Teutobod.
I romani avevano buone possibilità di vincere, ma le aspre divergenze politiche tra i comandanti impedirono ai soldati di cooperare con risultati devastanti. La battaglia di Arausio fu una totale sconfitta per l’esercito romano: le perdite sono stimate in 80.000 soldati, oltre ad altre 40 mila truppe ausiliarie, praticamente tutti i partecipanti alla battaglia.
In termini di perdite, la battaglia di Arausio è considerata una delle peggiori sconfitte nella storia dell’antica Roma.
La terribile disfatta di Arausio, diede la possibilità ad un nuovo generale, Gaio Mario, di apportare riforme radicali all’organizzazione e al reclutamento delle legioni Romane.
La battaglia di Arausio: Il preludio
Tra il 120 e il 115 a.C la popolazione dei germani Cimbri abbandonò le zone dove viveva tradizionalmente da secoli, corrispondenti all’odierna Scandinavia, per cercare nuovi terreni più fertili verso il sud dell’Europa. Assieme a loro anche il popolo dei Teutoni, che aumentò il numero complessivo dei migranti a circa 300.000.
Nel 113 a.C, queste popolazioni raggiunsero il fiume Danubio e si incontrarono con i Taurisci, alleati di Roma. Gli ambasciatori dei Taurisci, preoccupati per l’imminente invasione dei loro territori, inviarono degli ambasciatori al Senato richiedendo supporto militare. Il Console Gneo Papirio Carbone si recò così con un esercito regolare per allontanare la minaccia germanica.
In un primo momento, mentre le legioni romane si avvicinavano verso la regione del Norico per condurre il loro attacco, i Cimbri e i Teutoni inviarono dei messaggeri, sostenendo che la loro occupazione del territorio dei Taurisci era avvenuta senza la volontà di entrare in collisione con la repubblica romana, e alla completa insaputa dei rapporti precedenti tra i due popoli.
Carbone diede dunque l’ordine immediato di abbandonare i territori che erano stati occupati, per poi superare il fiume Danubio e ritornare nelle loro terre.
I Germani accettarono l’ordine dei romani, ma mentre questi venivano condotti da alcune guide per ritornare nell’ambito dei loro territori, il Console Carbone organizzò un’imboscata per sterminare l’avversario, certamente alla ricerca di gloria militare.
L’attacco però, venne condotto in maniera disorganizzata e su un territorio non adatto, il che provocò il completo disfacimento dell’esercito di Carbone. Lo stesso Console e generale si salvò a malapena, probabilmente per il sopraggiungere della notte sul campo di battaglia.
Nonostante una prima vittoria, i Cimbri e i Teutoni erano consapevoli della potenza dell’esercito romano e della sua capacità di riorganizzazione, e per questo inviarono dei messaggi al Senato richiedendo che gli fosse assegnata ufficialmente una terra in cui vivere.
Il Senato, all’indomani della sconfitta, rifiutò categoricamente: le tribù germaniche si spostarono così nella Gallia Narbonese, sconfiggendo anche il Console Marco Giunio Silano, che era arrivato per cercare di arginare la loro migrazione.
Dopo aver ottenuto l’ennesima vittoria, i Cimbri e i Teutoni decisero di allargare i loro alleati coinvolgendo anche la popolazione dei Tigurini e degli Elvezi infliggendo un’ulteriore sconfitta ai romani a Burdigala, odierna Bordeaux, nel 107 a.C.
La situazione per Roma era diventata estremamente critica: quella che era iniziata come una semplice migrazione rischiava di diventare un’invasione su larga scala del nord Italia.
La battaglia di Arausio: il contrattacco dei romani e le forze in campo
Un nuovo agguato ai danni delle truppe romane e la ribellione della città di Tolosa, indussero l’esercito ad intervenire con la massima urgenza. Il proconsole Quinto Servilio Cepione riconquistò rapidamente la città, ed adottò una strategia difensiva per verificare se i Cimbri si sarebbero mossi nuovamente verso i territori romani, cosa che avvenne il 6 ottobre del 105 a.C.
A Roma si scatenò il dibattito politico per decidere a quale generale assegnare la guerra. Il più anziano dei due Consoli di quell’anno, Publio Rutilio Rufo, era un generale esperto e pluridecorato, veterano della recente guerra di Numidia, ma decise di non farsi carico della campagna militare, rimanendo a Roma e lasciando la gestione del conflitto al suo collega più giovane e più inesperto Mallio Massimo.
Non sono note le cause per cui Rutilio Rufo decise di non intervenire personalmente: secondo alcuni storici, la motivazione potrebbe risiedere in alcuni oppositori politici che non volevano consegnargli un eccessivo potere militari. Secondo altri, Mallio Massimo desiderava lasciare al proprio collega una buona dose di gloria militare, o ancora, Massimo potrebbe essere stato ammalato in quel periodo, e potrebbe non essersi sentito in grado di guidare la guerra.
Poco prima del combattimento, due tra i maggiori contingenti romani disponibili nell’area erano accampati vicino al fiume Rodano, nei pressi della città di Arausio. Il primo contingente era guidato direttamente da Mallio Massimo, mentre l’altro dal proconsole Quinto Servilio Cepione. Come console in carica per quell’anno, Massimo aveva una autorità superiore rispetto a quella di Cepione, e per legge avrebbe dovuto prendere l’ultima decisione sulla tattica da impiegare.
Ma poiché massimo era un Homo Novus, un politico la cui famiglia non aveva ricoperto incarichi precedenti, era privo di quella tradizione militare richiesta dall’aristocrazia romana, e non aveva sufficiente esperienza militare: Cepione, si rifiutò così di prestare servizio sotto di lui e si accampò di propria iniziativa sulla sponda opposta al fiume.
La battaglia di Arausio: svolgimento
Il primo contatto tra romani e Germani avvenne quando un gruppo distaccato di esploratori guidati dal legato Marco Aurelio Scauro incontrò una avanguardia dei Cimbri. La forza romana fu completamente sopraffatta, il comandante venne catturato e portato al cospetto del Re Boiorix.
Inizialmente Scauro non venne umiliato e le sue parole ascoltate: il generale consigliò a Boiorix di ritornare immediatamente indietro, prima che il suo popolo venisse annientato dalle forze romane. Il Re dei Cimbri, profondamente indignato dalla sua arroganza, fece immediatamente giustiziare il prigioniero.
Cepione, nonostante la criticità della situazione, continuava ad ignorare sistematicamente le disposizioni di Massimo, aspettando che fosse direttamente il Senato ad ordinargli di attraversare il Rodano.
Secondo un’interpretazione dello storico Mommsen, Cepio avrebbe adottato questo comportamento sia per il mancato rispetto nei confronti di Massimo ma anche per evitare che egli, intessendo dei negoziati con il nemico, avrebbe risolto da solo il pericolo germanico, conquistando tutta la gloria.
Il 6 ottobre, Cepione lanciò un attacco all’accampamento dei Cimbri. Tuttavia, le forze di Cepione vennero completamente annientate, sia per l’assalto condotto in maniera disorganizzata e superficiale, sia per la tenacia della difesa dei Cimbri. I Cimbri riuscirono addirittura a saccheggiare l’accampamento di Cepione, che rimase praticamente indifeso in balìa del nemico.
Per fortuna, Cepione riuscì a fuggire dal campo di battaglia, illeso.
Incoraggiati dalla straordinaria vittoria sul primo esercito, i Cimbri attaccarono la forza comandata da Massimo. Oltre ad essere confusi da ordini contraddittori, le forze romane avevano assistito impotenti alla completa distruzione dei loro commilitoni.
Inoltre, il territorio naturale in cui combattevano divenne sfavorevole, dal momento che l’accampamento era stato posizionato con un fiume alle spalle, che impediva ogni tipo di fuga. All’attacco dei Cimbri, i romani tentarono di scappare in quella direzione, ma con le loro ingombranti armature, la loro fuga si trasformò in un suicidio.
Pochissimi romani riuscirono a sopravvivere, compresi i servitori e gli addetti all’accampamento, che di solito contavano almeno la metà delle truppe effettive. Tito Livio, citando l’analista Valerio Antias, afferma che le perdite romane si attestarono sugli 80.000 soldati e 40000 servitori uccisi.
La battaglia di Arausio: le conseguenze
Roma era una nazione in costante guerra ed abituata alle sfide militari. Tuttavia le straordinarie perdite di Arausio rappresentavano una vera e propria calamità, che allarmò tutto il popolo romano.
La sconfitta privò l’esercito di un grandissimo quantitativo di uomini e di manodopera. Il nemico, ormai incoraggiato dalle sue vittorie, era veramente ad un passo dalla invasione del nord Italia.
A Roma si diffuse l’opinione che la sconfitta fosse dovuta all’arroganza di Cepione piuttosto che ad una carenza strutturale dell’esercito romano e crebbe l’insoddisfazione popolare nei confronti delle classi dirigenti.
Successivamente i Cimbri si scontrarono con la tribù degli Arverni e, dopo una dura lotta, partirono verso i monti Pirenei per marciare solo successivamente in Italia. Il cambio di programma dei Cimbri e il loro scontro con gli Arverni fu di fondamentale importanza: questo diede ai romani il tempo di riorganizzarsi e di eleggere un nuovo generale che sarebbe diventato noto come il salvatore di Roma.
Il Senato romano, constatata la gravità della situazione, ignorò infatti i vincoli legali che impedivano ad un uomo politico di essere console per una seconda volta fino a quando non fossero trascorsi 10 anni dal suo primo incarico, e proposero l’elezione immediata dell’abilissimo generale Gaio Mario.
Mario avrebbe combattuto ed annientato quei popoli di lì a poco in due battaglie: la battaglia di Aquae Sextiae, 102 a.C, e la battaglia dei Campi Raudii, 101 a.C.