La violenza sulla donne e gli abusi domestici nell’antica Roma. Venivano puniti?

Esisteva la violenza domestica e l’abuso sulle donne nel periodo della Roma antica? E come veniva eventualmente punito?

Sì, la violenza era una caratteristica tipica del mondo romano: si trattava di una società che, nonostante fosse all’avanguardia su parecchi aspetti della vita, si basava sul lavoro degli schiavi e su una società fortemente patriarcale, dove la violenza veniva spesso utilizzata per mantenere il controllo, anche all’interno delle famiglie.

Ad esempio, la seconda moglie di Nerone, Poppea Sabina, venne uccisa a calci dall’imperatore mentre aspettava suo figlio. E anche la prima moglie dell’imperatore, Ottavia, e sua madre Agrippina vennero assassinate dietro suo ordine.

Vi sono poi altri casi: Julia Maiana venne uccisa, come ci conferma il suo epitaffio, dopo 28 anni di matrimonio da suo marito. Appia Anna Regilla, una ricca donna aristocratica e moglie dello scrittore greco Erode Attico, venne assassinata, anch’essa mentre era incinta. Di violenza morirono anche Prima Florentia, annegata, e Apronia, lanciata da una finestra.

Ma nel corso del tempo vennero mai emanate alcune leggi per limitare la violenza sulle donne nella famiglia romana?

Tecnicamente, il capo della famiglia nell’antica Roma, il Pater Familias, aveva un grande potere sui suoi parenti, compreso quello di vita e di morte sui figli, anche se adulti. Lo stesso potere poteva essere esercitato sulla moglie, sui bambini e sugli schiavi, che potevano essere puniti quasi ad esclusiva discrezione del Pater Familias.

Eppure, una prima limitazione alla violenza domestica giunse dall’imperatore Augusto, che introdusse una legislazione contro l’adulterio, rendendo il tradimento e l’attività sessuale extra-coniugale un reato. Nell’ambito di questa norma, Augusto stabilì dei limiti alle circostanze in cui un padre poteva uccidere sua figlia.

E si trattò di una piccola rivoluzione: mai la legislazione romana era entrata così nel dettaglio nel regolamentare la vita familiare, di solito lasciata alla completa iniziativa degli individui.

Da annoverare, decenni più tardi, l’imperatore Adriano, che esiliò un padre per aver ucciso suo figlio per futili motivi, ma anche Traiano, che inflisse una punizione, sempre nei confronti di un Pater Familias, colpevole di maltrattare aspramente il figlio: nonostante il teorico potere che il padre poteva esercitare, Traiano giudicò il trattamento eccessivo e lo condannò per violazione della Pietas.

Altri due imperatori cercarono di intervenire, molto più tardi, per limitare gli abusi domestici: si tratta di Teodosio e di Valentiniano, secondo i quali l’abuso fisico diveniva una giusta causa di divorzio.

Anche se un imperatore successivo, Giustiniano, revocò la norma, lo stesso si interessò di singoli casi giuridici di omicidio domestico, anche se il suo giudizio dipendeva di volta in volta dallo stato sociale e dai suoi rapporti con gli imputati .

Così, anche se siamo lontanissimi dalle moderne norme per la protezione della vita della donna e della sua incolumità in famiglia, i romani, forse unico popolo nel mondo antico, iniziarono a mettere dei paletti alla violenza che poteva essere esercitata tra le mura domestiche, cercando di mantenere il caposaldo della libera iniziativa in famiglia all’interno di limiti accettabili.